L’avvento della TV prima e di internet poi, ha globalizzato il fenomeno della spettacolarizzazione in molti aspetti della vita; oggi più che mai tutto questo non riguarda più solo piccoli gruppi di persone, ma vere e proprie masse, che da un continente all’altro, con un semplice click sono in connessione in modo tempestivo e istantaneo, pronte per godersi lo spettacolo, in una sorta di mega piazza virtuale. “I nostri spettacoli sono diventati il nostro orizzonte, una cupola concentrica che limita il nostro sguardo in ogni direzione. Mai come prima, viviamo nel nostro mondo di spettacoli e decidiamo autonomamente gli spettacoli con cui scegliamo di circondarci”.
Nel presentare questo libro ai lettori, vorrei subito sgombrare il campo da ogni tipo di perplessità: qui viene fornita una teologia della cultura visiva; vi è una riflessione seria e documentata su come ai nostri tempi il pericolo di porre enfasi più sul contenitore che sul contenuto, sull’apparenza piuttosto che sulla sostanza, sia davvero dietro l’angolo.
L’autore lo spiega bene: sin dai tempi antichi si fa spettacolo, ma con una grande differenza rispetto a oggi che viviamo nell’illusione permanente. Realtà virtuali parallele e distanti prendono sempre più spazio, rispetto a ciò che siamo nella oggettiva e tangibile quotidianità; ogni giorno alimentano le nostre illusioni e il nostro ego, ma finiscono per atrofizzare la nostra anima.
Non amo demonizzare il presente e mitizzare il passato. Non è del resto lo scopo di questo libro. Come accennato, non possiamo però negare che oggi all’interno delle chiese si parla poco di questo argomento che è in definitiva la domanda cui questo libro desidera rispondere: “in questa età dello spettacolo (è stata definita così) — in questo ecosistema di immagini digitali, di visioni artificiali e istanti virali che competono tra loro per monopolizzare la nostra attenzione — come possiamo crescere spiritualmente?”. Non ci sono strumenti attraverso i quali i giovani possono formarsi e gli adulti capire, ovvero comprendere l’esigenza e la tendenza che hanno i più giovani alla spettacolarizzazione di alcuni momenti e passaggi della vita.
Oggi viviamo in una bolla di spettacolo, continuo e perenne. La vita politica, per esempio. Se si ripensa alle interminabili tribune politiche dei decenni passati in cui austeri leader italiani si alternavano in discorsi e approfondimenti su importanti tematiche, si vede che hanno lasciato il posto alle dirette Instagram in cui il politico del momento si mostra in costume o mentre mangia la pizza. Giusta o sbagliata, questa è la tendenza, quasi una parola d’ordine, perfino nella vita religiosa e spirituale: spettacolarizzare!
Sì, oggi accade anche questo, ma la spettacolarizzazione in ambito religioso non è certo una questione legata solo ai nostri giorni: negli ultimi decenni si è assistito a una amplificazione, ma il tema è continuamente stato oggetto di discussione in ogni età storica. Del resto l’enfatizzazione e l’esaltazione di alcune dinamiche e pratiche liturgiche e sacramentali, ha sempre occupato un posto di rilievo all’interno della prassi religiosa.
Ora, non mi schiero a favore di nessuna delle due più diffuse tendenze riguardo questo tema: pensare solo che sia sbagliato o necessario puntare esclusivamente allo spettacolo religioso. Però posso consigliarvi la lettura di questo libro.
Vi aiuterà a capirne di più sia sul nostro vivere quotidiano sia che, come cristiani, siamo chiamati a riconoscere ciò che è inutile, resistendo così all’impulso di riempire le giornate con spettacoli e spettacoli che soffocano il cuore, producono noia intorno alla vita spirituale e alla supremazia Cristo.
Faccio mie le parole dell’autore che, in un passaggio di questo libro, delinea quale sia lo Spettacolo più maestoso di tutti i tempi, cui dobbiamo volgere lo sguardo: “La croce di Cristo è stato il più grande spettacolo della storia del cosmo per i suoi effetti paradossali. Sul colle del Calvario, Cristo “avendo quindi spogliato le potestà e i principati, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro in lui” (Col. 2:15).
Leggere per credere.
Alessandro Iovino
Giornalista