Tre modi per condividere il vangelo questa settimana

 

 

“Predica il vangelo in ogni occasione, e se necessario, usa le parole”.

Questa citazione classica, attribuita erroneamente a San Francesco d’Assisi, è intelligente e accattivante. Purtroppo non è biblica.

L’evangelizzazione – la comunicazione della buona notizia del Re Gesù – richiede infatti sempre le parole! I cristiani sono chiamati ad adornare il vangelo con le azioni, assolutamente (Tito 2:10), ma le nostre azioni non sono il vangelo! Nessun tipo di vita santa può sostituire la proclamazione verbale della conquista della salvezza, da parte di Dio, in Cristo.

Anche se tutta l’evangelizzazione racchiude lo stesso messaggio, non sempre avviene nella stessa maniera. Nel Nuovo Testamento troviamo i seguenti modelli (nota che in questo articolo ci concentreremo soltanto sulla questione dell’evangelizzazione personale e non sulla predicazione evangelistica in larga scala fatta in chiesa o ad eventi speciali). 

 

1. L’evangelizzazione in famiglia 

Dio ordina che il vangelo venga annunciato all’interno delle famiglie cristiane quando i genitori crescono i loro figli “nella disciplina e nell’ammonizione del Signore” (Ef. 6:4). I figli dei credenti, poi, sono “messi da parte” appositamente come dei testimoni in prima linea e godono dell’influenza benefica del vangelo (1 Cor. 7:14).

La pratica dell’evangelizzazione in famiglia la vediamo nella vita di Timoteo, allievo di Paolo. “Mi ricordo della tua fede sincera”, scrive l’Apostolo, “che era prima in tua nonna Loide e in tua madre Eunice e, sono convinto, ora abita anche in te” (2 Tim. 1:5). La fede di Timoteo in Gesù sbocciò proprio in famiglia, grazie alla testimonianza di sua nonna e di sua mamma. (Suo padre, ci dice Luca, non era credente). Paolo continua esortando Timoteo:

“Tu persevera nelle cose che hai imparato e nelle quali sei stato confermato, sapendo da chi le hai imparate, e che sin da bambino hai conosciuto le sacre scritture, le quali ti possono rendere savio a salvezza, per mezzo della fede che è in Cristo Gesù”. (2 Tim. 3:14–15)

Grazie a Dio, Timoteo non ricordava nemmeno un momento nella sua vita in cui, non fosse stato a conoscenza delle Sacre Scritture e del loro potere salvifico.

 

2. L’evangelizzazione attraverso le amicizie

Gesù fu accusato di molte cose; una era quella di essere un “amico dei pubblicani e dei peccatori” (Luca 7:34). Non uno sconosciuto, o un passante, o un conoscente ma… un vero amico! Il Figlio dell’uomo venne a cercare e a salvare chi era perduto (Luca 19:10) e lo fece nel contesto di relazioni personali autentiche. Paolo così prese l’esempio da questo tipo di evangelizzazione “relazionale” o “amichevole”, e scrive:

“Come una madre premurosa ha cura dei suoi figli, così noi ci siamo presi cura di voi. Nel nostro grande affetto, eravamo disposti a darvi non solo il vangelo di Dio ma anche le nostre stesse vite, tanto ci eravate diventati cari”. (1 Tess. 2:7–8)

L’apostolo chiarì che il ministero del suo team a Tessalonica non era solo un’invasione “mordi e fuggi” del Vangelo, ma loro erano felici di restare, di formare delle amicizie e di investire nelle loro vite.

L’evangelizzazione tra amici può essere una cosa bellissima – e può durare finché l’amicizia non esclude l’evangelizzazione. È facile costruire delle relazioni con i non credenti nel nome della testimonianza evangelica e ci permette di testimoniare senza dover andare in giro a cercare contatti. Quindi, in questo caso l’essere intenzionali diventa vitale.

Come giustamente scherzò Matt Chandler: “Evangelizzazione relazionale? Fatela, finché si trasformerà in evangelizzazione reale”.

 

3. Evangelizzazione di contatto

L’ultimo (e meno popolare) tipo di evangelizzazione è quella che dà inizio a conversazioni sul vangelo con persone che non hai mai incontrato. Quando ero all’università, la mia evangelizzazione nel campus spesso si orientava secondo questo modello che in definitiva è sempre il modo migliore per suscitare una reazione d’insofferenza da parte di quelli che invece sono esclusivamente per l’evangelizzazione attraverso le amicizie. L’evangelizzazione di contatto, insistono, è fredda, impersonale e perfino ingannevole.

Di ogni cosa si può fare un uso cattivo, certamente, così l’evangelizzazione di contatto può senza dubbio diventare poco amorevole e anche inutile. Ma non necessariamente! Infatti questo metodo viene presentato anche nelle Scritture.

In Giovanni 4, vi ricordate, Gesù instaura una conversazione con una donna vicino ad un pozzo. Non si tratta soltanto di una sconosciuta, ma di qualcuno che Gesù “dovrebbe” evitare dato che era una donna ed era per giunta una samaritana (doppio motivo). Comunque, Egli fa una tappa in quel luogo proprio per incontrarla e trasforma la loro conversazione “spontanea” sull’acqua, in una conversazione “spirituale” su di Sé. Egli non perde tempo e nell’arco di soli tre versetti, passa dal “Mi daresti da bere?” (v. 7) a “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice «Dammi da bere»”, e “a tu stessa gliene avresti chiesto e lui ti avrebbe dato dell’acqua viva” (v. 10).

Qui la strategia utilizzata da Gesù per testimoniare non è un’anomalia del Nuovo Testamento. Anche i primi cristiani erano impegnati nell’evangelizzazione attraverso i contatti:

 

  • “Giorno dopo giorno, nella cortina del tempio e di casa in casa, non smettevano mai di insegnare e proclamare la buona notizia che Gesù è il Messia”. (Atti 5:42)
  • “Il sabato andammo fuori dalla porta lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera. Ci sedemmo e, iniziammo a parlare alle donne là riunite”. (Atti 16:13)
  • [Paolo] “ragionava nella sinagoga sia con i Giudei che con i Greci pii, così come nella piazza giorno dopo giorno con quelli che vi si trovavano”. (Atti 17:17)
  • I primi cristiani erano, evidentemente, desiderosi di iniziare conversazioni sul vangelo con persone “a caso”, con gli sconosciuti – con chiunque il loro Dio sovrano li conducesse ad incontrare. (Prov. 16:9; 20:24)

 

Se il pericolo dell’evangelizzazione attraverso le amicizie è di non arrivare mai all’evangelizzazione, il pericolo nell’evangelizzazione di contatto è di non interessarsi mai abbastanza delle persone al punto da non ricordarne nemmeno il nome. Non siamo dei manipolatori e non lavoriamo nel campo delle vendite di un prodotto (2 Cor. 2:17). L’evangelizzazione di contatto che onora Dio richiede sempre delle dosi salutari di consapevolezza sociale, cortesia comune e d’interesse autentico.

 

Schierato per essere intenzionale

Le persone hanno bisogno di sentire la buona notizia di Gesù Cristo, e non c’è una regola che vada bene per tutti su come debba avvenire. Il punto è che deve comunque avvenire!

Sia che cerchiamo di testimoniare ad un bambino, o ad un amico, o ad un totale estraneo per noi, possa lo Spirito Santo concederci il coraggio di vivere intenzionalmente una vita degna del vangelo questa settimana – in umiltà e in preghiera, cogliendo ogni opportunità di vantarci del nostro grande Salvatore.

 

(Traduzione a cura di Milena Pasquinelli)

Tematiche: Evangelizzazione, Vita Cristiana

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