Sto sprecando la mia vita in un lavoro secolare?

 

La domanda di oggi viene da un ascoltatore di nome Giosuè.

 

“Ciao Pastore John! Come cristiano, alla fine della mia vita, avrò fatto veramente tutto quello che potevo per Cristo se non divento un martire per Lui? Attualmente sto lavorando in un lavoro qualificato e a quanto pare sto progredendo nella mia professione. Però anni fa, ho cominciato a sentire che Dio mi stava chiamando verso un percorso che potrebbe essere più profondo e di più impatto per il regno. Ho cominciato a sentire come se una vita trascorsa tutta nel lavoro o nelle aziende fosse uno spreco di tempo e di energia. Ho trascorso molti anni cercando di capire la chiamata di Dio nella mia vita e finora senza alcun risultato.

 

“La mia domanda è questa: se trascorro tutta la mia vita a far carriera che non ha come obiettivo principale diffondere il vangelo, non è tempo sprecato? Perché Dio mi metterebbe a fare un lavoro che non ha a che vedere con l’espansione del suo regno, ma che utilizza la mia energia nella produzione materiale? E in maniera più diretta, ho veramente fatto tutto, ho usato ogni briciola della mia forza, ho dato ogni fibra del mio essere per il regno di Dio, se non divento un martire per Cristo?”. Pastore John, cosa direbbe a Giosuè?

 

 

Ho tre riflessioni per Giosuè e poi un paio di esortazioni.

 

Rimani con Dio

La prima riflessione è questa: penso che non sia valido convincersi di lasciare il lavoro ed entrare in un nuovo ministero se l’argomento che usi per convincere te stesso mette inevitabilmente altre persone ubbidienti nella categoria di disobbedienti.

 

Lasciami spiegare: Giosuè dice: “Ho cominciato a sentire come se un vita trascorsa nel lavoro o nelle aziende fosse uno spreco di tempo e di energia”. E dopo dice, se trascorro la mia vita in una carriera che non ha come obiettivo principale diffondere il vangelo, non è dispendioso?”. La contro-domanda è, Giosuè crede che tutti gli altri cristiani che trascorrono la loro vita nel lavoro o nelle aziende, oppure nei compiti delle loro carriere che non hanno come obiettivo principale diffondere il vangelo, vivono in disubbidienza? È questa l’implicazione dell’argomento che Giosuè sta usando per auto convincersi che non si trova nel posto giusto?

 

Ora, se così fosse, ci sono due possibilità:

  1. Nessun cristiano dovrebbe far parte del mercato del lavoro comune.
  2. L’argomento che Giosuè sta usando per cambiare strada non è valido.

 

Nel leggere il Nuovo Testamento, è chiaro che gli apostoli non intendono che tutti i cristiani debbano lasciare il loro lavoro abituale. Il principio che Paolo segue in 1 Corinzi 7:20 è questo: “Ciascuno rimanga nella condizione nella quale è stato chiamato”, cioè, chiamato ad essere un cristiano. Oppure versetto 24: “Fratelli, ognuno rimanga presso Dio nella condizione in cui è stato chiamato”.

 

Ora, “con Dio” cambia tutto. Oh santo cielo, non è che gli apostoli non vogliono che ci sia un cambio radicale nella tua vita e nel modo in cui ti relazioni con le persone nel tuo lavoro. Ma tu non devi lasciare il tuo lavoro per essere un cristiano fedele secondo quei principi.

 

Quindi, questo è il mio primo avvertimento se, tu, Giosuè, stai per lasciare il tuo lavoro: sii certo che la ragione per cui lo stai lasciando non mette le altre persone che non lasciano il lavoro nella categoria di disubbidienti, perché non sarebbe una motivazione valida, dato che Dio non intende che tutti lascino il proprio lavoro.

  

Che cosa determina la devozione

Seconda avvertimento: Giosuè è chiaramente preoccupato perché non vuole giungere al temine della sua vita e ammettere di “non ho veramente fatto tutto, usato ogni briciola della mia forza, dato ogni fibra del mio essere per il regno di Dio”. Bene, questa è un’aspirazione nobile.

 

Ecco l’avvertimento: è possibile essere un missionario e vivere in un luogo estremamente pericoloso ed essere uccisi da coloro che odiano i cristiani e, nonostante ciò, non stare facendo tutto il possibile, non stare usando tutta la forza a disposizione e non stare usando ogni parte del proprio essere in devozione a Gesù. In quella situazione è possibile sprecare molto tempo, vivendo in un modo mondano, con grande timidezza e preoccupandosi molto poco delle persone attorno. Questo è possibile; succede. I missionari possono essere così.

 

Al contrario, è possibile lavorare in una azienda ed usare più forza, più fibre del tuo essere, più briciole della tua forza per il bene del regno di quanto potresti usare se tu fossi un missionario. In altre parole, da una parte non c’è necessariamente una correlazione tra il posto di lavoro e i compiti assegnati e, dall’altra parte, la tua devozione incondizionata a Cristo o la fruttuosità del Suo regno.

 

Quindi, fai attenzione a non credere che un cambio di luogo o di mestiere significherà che sarai più devoto a Cristo o più efficace nel conquistare anime perse e più fruttifero nel glorificare il Re. Questa è l’avvertenza numero due.

 

Il martirio non è obbligatorio

Ecco il terzo avvertimento: tieni presente che aspirare ad essere un martire è trasformare un risultato deciso della fedeltà di Dio in una nostra definizione di fedeltà. Non dovresti fare questo. Può essere che il percorso di ubbidienza che Dio ha assegnato a te finirà con il martirio, ma quella non è la tua chiamata. La chiamata di Dio per la nostra vita è ubbidienza, fedeltà, amore e zelo. Come si concluderà la nostra vita è affare che riguarda Lui, non noi.

 

Inoltre ricorda: molti che sono stati martirizzati furono cristiani deboli e mondani che semplicemente si trovarono nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Tanti altri che morirono per cause naturali furono cristiani che portarono molto più frutto e furono molto più efficaci di alcuni martiri. Non necessariamente c’è correlazione tra il frutto della tua vita e se vieni ucciso oppure no. Ecco, questi sono i miei avvertimenti.

 

Inquietudine che porta alla preghiera

Ora ecco le mie due esortazioni: è certamente vero che Dio ha misteriosamente e meravigliosamente guidato migliaia di persone a lasciare il proprio lavoro nei loro paesi per portarli in prima linea dell’opera missionaria. Nella maggior parte dei casi, parte della strategia di Dio è quella di dare alla gente un senso d’inquietudine e desiderio per una zona a loro vicina o per persone non raggiunte, o per un ministero nella chiesa.

 

Quell’inquietudine non è l’unico mezzo che Dio usa per guidare le persone, ma spesso è parte di essa; era certamente parte di essa per me quando ho lasciato una chiamata per un’altra. Questa inquietudine non è un’accusa verso le altre persone che non la sentono come me. Quindi, non sto dicendo a Giosuè di tacere e restare dov’è. Forse no. Questo infatti può essere l’opera di Dio nella sua vita che porta all’ultima esortazione.

 

Chiamato in una comunità

Giosuè afferma: “Ho trascorso molti anni cercando di capire a quale cammino Dio mi sta chiamando, finora senza alcun risultato”. Ora, non conosco Giosuè. Non conosco la sua situazione, i suoi rapporti, a quale chiesa appartiene, la sua maturità e i suoi doni. Non sono nella posizione di dirgli cose deve fare di specifico nella sua vita.

 

Pero se comprendo bene quando dice: “Ho trascorso molti anni cercando di capire questo”, che ha cercato di capirlo da solo, lui stesso, tra lui e Dio, allora quello di cui ha bisogno probabilmente è di essere più coinvolto in una comunità di credenti, dove altre persone possono discernere i suoi doni, le sue passioni e la sua maturità, ed in quel modo confermare la chiamata di Dio nella sua vita.

 

Questo è il modo in cui dovrebbe accadere normalmente: non una persona isolata che cerca di capire lo stato emotivo della propria anima o la chiamata di Dio nella sua vita, bensì un membro del corpo di Cristo, che usa i suoi doni in relazione ad altre persone, e poi scopre, dal frutto delle sue opere, in che cosa è efficace e cosa ama fare e cosa gli altri gli confermano di fare.

 

La mia risposta alla domanda di Giosuè è questa: sia che tu diventi un martire o no questa non sarà l’evidenza che hai trascorso la tua vita in piena consacrazione a Gesù o che l’hai sprecata. Quella non è affatto la prova! E che tu dovresti lasciare il lavoro attuale ed entrare nel ministero evangelico vocazionale è qualcosa che discernerai più saggiamente in un corpo di credenti saturi della Bibbia.

 

 

 

Tematiche: Domande dei lettori al pastore John Piper

John Piper

John Piper

È il fondatore di Desiring God, per il quale ricopre anche il ministero di insegnante, inoltre, è il rettore del Bethlehem College & Seminary. Ha servito per trentatré anni come pastore presso la chiesa battista Bethlehem Baptist Church di Minneapolis, in Minnesota e ha scritto più di cinquanta libri, tra cui e Non sprecare la tua vita (Ed Coram Deo), Rischiare è giusto (Ed Coram Deo), Coronavirus e Cristo (Ed Coram Deo), Stupefatto da Dio (Ed Coram Deo) e Desiderare Dio.

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