Riconsideriamo il modo in cui incoraggiamo le persone a donare
Impariamo dall’approccio di Paolo in 2 Corinzi 8-9
Dio ama un donatore allegro (2 Cor 9:7). Leggendo questo versetto, l’occhio cade automaticamente sulla parola “allegro”.
Paolo, scrivendo ai Corinzi, insegna che Dio si diletta in coloro che donano con piacere, e non in quelli che danno con riluttanza. Le offerte dei cristiani non vanno viste come tasse che i cittadini del Regno dovrebbero pagare, bensì come una conseguenza naturale della nostra gratitudine nei confronti di Dio per la grazia che Egli ci ha mostrato mandando suo Figlio, il quale si è fatto povero affinché noi potessimo diventare ricchi (2 Cor 8:9).
Se però riflettiamo sul fatto che donare allegramente produce amore da parte di Dio nei confronti del donatore, probabilmente, avremo l’impressione che un tale ragionamento sia sbagliato. Dopotutto, sembra che la Bibbia, proprio in questo testo, insegni il contrario. Noi doniamo perché Dio ci ha amati per primo. I sacrifici che facciamo di nostra spontanea volontà non sono altro che una risposta gioiosa al sacrificio del nostro Salvatore. Questo concetto è il cuore del vivere e del donare incentrati sul vangelo.
Eppure, Paolo ci dà più di una ragione per donare. Egli incoraggia i Corinzi, e anche noi, a mostrare una generosità allegra per diversi motivi. Pertanto, recheremmo un danno a noi stessi se non considerassimo, con l’aiuto di Paolo, le molte ragioni che stanno alla base della donazione.
Le ragioni per cui donare sono molte
Nella Seconda lettera ai Corinzi, Paolo ha speso due capitoli interi nel persuadere le chiese dell’Acaia a partecipare alla sua colletta per i santi di Gerusalemme, i quali stavano attraversando un periodo di sofferenze. Lo ha fatto, almeno in parte, perché i Corinzi avevano dei ripensamenti riguardo alle loro donazioni.
Nella congregazione di Corinto si erano infiltrate delle persone intenzionate a recar danno al ministero di Paolo, criticandolo per aver cambiato idea riguardo al recarsi in visita da loro. Alcuni volevano metterlo alla prova in merito alle sue referenze e qualifiche. Avevano persino espresso delle perplessità riguardo al suo precedente rifiuto di ricevere un sostegno economico da loro e ora si chiedevano se egli stesse cercando di appropriarsi di una parte della sua cosiddetta sovvenzione.
In altre parole, Paolo aveva dei buoni motivi per essere preoccupato. Era tutt’altro che sicuro che i Corinzi avrebbero mantenuto la loro promessa, così, cercò di convincerli ricorrendo a una serie di ragioni.
“Le offerte dei cristiani non vanno viste come delle tasse che i cittadini del regno dovrebbero pagare, bensì come una conseguenza naturale della nostra gratitudine nei confronti di Dio per la grazia che egli ci ha mostrato mandando suo Figlio, il quale si è fatto povero affinché noi potessimo diventare ricchi.”
Innanzitutto, Paolo li incoraggia ricordando loro l’esempio di sacrificio sostenuto dalle chiese della Macedonia (2 Cor 8:1-5). Nonostante quei credenti fossero provati da una grave povertà, avevano donato abbondantemente e con gioia. Chiaramente Paolo desiderava che i Corinzi seguissero il loro esempio, dimostrando a loro stessi e agli altri la sincerità del loro amore per Cristo.
Inoltre, Paolo li esorta ricordando loro che i credenti di Gerusalemme si trovavano in condizioni di assoluta necessità, nonché di come le loro ricchezze potessero sopperire alle mancanze altrui. Paolo li rassicura anche riguardo alla sua onestà nell’amministrazione della colletta, che sarebbe stata consegnata da persone affidabili, quali Tito e un altro fratello che godeva di una buona reputazione. Provate a immaginare la fiducia che i Corinzi dovevano avere per consegnare un’ingente somma di denaro a un incaricato che avrebbe poi percorso lunghe distanze al fine di consegnare quel denaro di persona!
Fin qui, le ragioni addotte da Paolo sembrano scontate. Oggi, i pastori e i missionari potrebbero incoraggiarci a donare seguendo l’esempio di altri, come dimostrazione della nostra fede in Cristo e del nostro amore per la sua chiesa. Inoltre, potrebbero far leva sull’urgenza delle necessità altrui, che si tratti di aiutare i poveri o dell’espansione del vangelo, garantendo, allo stesso tempo, una gestione onesta del denaro.
Rasentando la manipolazione
Le ulteriori ragioni che Paolo adduce per incoraggiare i Corinzi a donare potrebbero sorprenderci. Le sue argomentazioni potrebbero sembrare egoistiche e apparentemente rasentare la manipolazione.
Ad esempio, dice ai Corinzi che partecipare alla colletta sarebbe stato utile anche a loro (2 Cor 8:10) e ricorda loro che chi semina scarsamente miete altrettanto scarsamente (2 Cor 9:6). Inoltre, li assicura riguardo alla provvidenza di Dio e promette che Dio avrebbe accresciuto i frutti della loro giustizia (2 Cor 9:8-10). Infatti, Paolo immaginava che la chiesa di Gerusalemme, qualora avesse ricevuto l’offerta dei Corinzi, avrebbe risposto glorificando Dio e pregando per loro (2 Cor 9:12-14). Se comprendiamo l’appello di Paolo alle coscienze dei Corinzi, capiremo meglio anche l’intenzione che egli aveva nell’affermare che il donare allegramente produce amore da parte di Dio (2 Cor 9:7).
Chiaramente, Paolo non esitava a incoraggiare i Corinzi con ragioni che andavano ben al di là del mero altruismo, tanto che alcuni di noi potrebbero sentirsi in imbarazzo per il suo metodo di persuasione, ad esempio, quando allude, senza peli sulla lingua, all’abbondanza dei Corinzi (2 Cor 8:14). Il riferimento di Paolo alla loro ricchezza serviva a far leva sul senso di vergogna, non perché la ricchezza sia di per sé sbagliata, ma perché i Macedoni, nonostante fossero poveri, avevano già donato abbondantemente.
Il riferimento di Paolo alla loro ricchezza serviva a far leva sul senso di vergogna, non perché la ricchezza sia di per sé sbagliata, ma perché i Macedoni, nonostante fossero poveri per sé stessi, avevano già donato abbondantemente.
La mossa persuasiva di Paolo rientra nelle dinamiche relazionali di onore e vergogna che permeano le sue istruzioni. Al capitolo 7, egli esprime la sua fiducia nei Corinzi. Il fatto che i Corinzi avessero ricevuto la sua prima lettera induce Paolo a vantarsi di loro ancora una volta, proprio come aveva fatto con i Macedoni alcuni mesi prima. Infatti, sappiamo che Paolo, inizialmente, aveva esortato i Macedoni a donare a motivo del forte desiderio dei Corinzi di partecipare alla colletta. Ora egli fa la stessa cosa con i Corinzi, esortandoli a non deluderlo. Qualora non avessero mantenuto la loro promessa, egli si sarebbe sentito umiliato. Perciò, Paolo afferma che una tale mancanza sarebbe stata assai sconveniente anche per loro (2 Cor 9:4).
Riconsideriamo i motivi per cui doniamo
Se la logica dell’apostolo Paolo ci sembra strana a tal punto da sorprenderci, sarebbe cosa saggia porsi delle domande sulle nostre presupposizioni e inclinazioni riguardo alla beneficenza cristiana.
Se basiamo i nostri insegnamenti riguardo al donare su 2 Corinzi 8-9, ma lo facciamo concentrandoci solo sulla grazia di Dio e trascurando la possibilità di danneggiare la nostra reputazione, oppure appellandoci maggiormente all’impegno individuale piuttosto che all’uguaglianza (2 Cor 8:13-14), o magari dando più importanza alla verità oggettiva e ignorando gli appelli individuali, significa che forse la nostra cultura ci ha accecato più di quanto siamo disposti ad ammettere. Forse non stiamo comunicando tutto il consiglio di Dio.
Tenendo presento tutto questo, voglio ora proporre alcuni modi in cui dovremmo riconsiderare il nostro approccio al donare.
1. Il donare non deve essere una grazia segreta
Quando Gesù disse che la mano sinistra non deve sapere ciò che fa la destra, non si stava esprimendo a favore di una giustizia praticata in segreto, bensì stava correggendo coloro che davano le loro offerte con lo scopo di essere visti dagli altri e ricevere la loro ammirazione. Alcuni leader di chiesa, a motivo dell’insegnamento di Gesù o forse per non dare l’impressione di volersi arricchire, preferiscono non avere un momento del culto dedicato all’offerta.
Inoltre, con l’avvento delle donazioni online, ci stiamo lasciando sfuggire l’opportunità di dimostrare pubblicamente la nostra fede in relazione ai modi in cui essa si manifesta durante l’adorazione collettiva (Luca 21:1-4). L’atto di donare è più potente quando avviene in pubblico, perché incoraggia a sacrificarsi e suscita gioia.
2. Persuadere non significa manipolare
Molti di noi sono stati in chiese in cui si parlava del donare in modo sbagliato. Alcuni fanno della gestione del denaro l’elemento centrale dell’adorazione oppure si aspettano che la prosperità sia la naturale conseguenza della generosità. Pertanto, facciamo bene a essere diffidenti in caso di appelli esagerati, ma ciò non significa che dovremmo smettere di convincere i cristiani a donare.
Se ci dichiariamo assolutamente contrari ad “indurre le persone a donare facendo leva sul senso di vergogna”, potremmo ostacolare l’insegnamento di Paolo. Se da un lato è necessario avere grande cautela e saggezza, dall’altro, alcuni dei nostri insegnanti dovrebbero riscoprire l’arte della persuasione senza sfociare nella manipolazione.
3. Il fatto che la donazione sia incentrata sul vangelo non significa che la grazia sia l’unico motivo per cui donare
È sicuramente vero che il motivo principale per cui doniamo è la nostra gratitudine nei confronti di Dio per aver dato suo Figlio. Tuttavia, se vediamo il nostro sacrificio solo come una risposta a quello di Cristo, stiamo prendendo in considerazione solo una parte delle Scritture.
Secondo Paolo infatti, dovremmo donare anche per fare del bene agli altri e a noi stessi. Doniamo per glorificare Dio. Doniamo per crescere in santità, per fermezza nella fede e per abbondare nella gioia. Doniamo per incoraggiare altri cristiani a fare altrettanto seguendo il nostro esempio. Doniamo per onorare i nostri leader e per non doverci vergognare di noi stessi. Doniamo allegramente persino perché sappiamo che Dio è contento quando lo facciamo.
(Traduzione a cura di Lorenzo Giusepponi)
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Tematiche: Chiesa, Decima, Denaro, Discepolato, Generosità
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