Per quale motivo i pastori commettono suicidio

 

 

Pochi anni prima che Craig Sanders perdesse il padre per suicidio, un pastore che aveva il ministero musicale nella sua stessa città del South Carolina si tolse la vita.

 

Sanders disse: “Ricordo la rabbia superficiale e di giudizio che avevo verso di lui … come hai potuto fare questo alle tue figlie? Che atto egoistico”.

 

Quando suo padre Larry, un pastore afflitto da depressione e insicurezza morì, Sanders si arrabbià anche con lui. Ma non era lo stesso: questa volta cercò di comprendere le complessità della salute mentale e altre questioni alla base della decisione di suo padre che lo hanno portato a togliersi la vita. Sanders si sentì ferito per essere stato abbandonato ed era molto frustrato in quanto essere pastore non rendeva facile ricevere aiuto.

 

“Ricordo l’ultima conversazione che ho avuto con lui al telefono. Disse: “Craig, sono un fallito”. Non potevo credere a ciò che stavo ascoltando. Dissi: “Papà, sei il mio eroe. Capisci che per tutta la mia vita ho cercato di misurarmi con te? Sto studiando al seminario teologico perché voglio essere come te”.

 

Sanders disse che la depressione di Larry, che era in parte biologica, era probabilmente peggiorata con i farmaci per il diabete, a causa dei conflitti all’interno della chiesa e per il paragone malsano con altri ministri. “È rimasto realmente bloccato da quel confronto. Stava anche studiando per conseguire ad un dottorato nel ministero e leggeva libri sulla crescita della chiesa, ricercando modelli per far crescere la propria comunità e quindi pensava: «Sto facendo queste cose e la mia chiesa non sta crescendo, cosa penserà la gente di me?»”.

 

Trend nazionale

Il numero di suicidi negli Stati Uniti è aumentato del 24 % dal 1999 al 2014, con uno slancio dopo il 2006 mentre, secondo i Centri per il Controllo delle Malattie, l’aumento ogni anno è salito tra l’1 e il 2%. Il salto più grande è stato tra le ragazze e tra gli uomini dai 45 ai 64 anni.

 

Secondo uno studio di LifeWay Research del 2015, non sorprende che oltre la metà degli americani creda che il suicidio sia un’epidemia (56%). La maggior parte afferma di non creder che coloro che si tolgono la vita siano egoisti (il 55% non è d’accordo sul fatto che siano egoisti, il 9% non è sicuro) o che necessariamente vadano all’inferno (il 62% non è d’accordo, il 16% non è sicuro).

 

Tra gli evangelici, tuttavia, il 44% ha dichiarato che il suicidio è da egoisti (rispetto al 36% a livello nazionale) e il 32% ha dichiarato che coloro che si suicidano stanno andando all’inferno (rispetto al 23% a livello nazionale).

 

Anche i pastori

Anche i pastori si sono dovuti confrontare con l’aumento dei tassi di suicidio e loro non sono immuni da questo problema. Più della metà dei pastori ha dato assistenza a persone a cui è stata successivamente diagnosticata una malattia mentale (59%) e circa un quarto afferma di aver sofferto di una malattia mentale (23%). Secondo LifeWay, al 12% sono stati diagnosticati problemi di salute mentale.

 

Chuck Hannaford, uno psicologo ospedaliero che dà assistenza alla Southern Baptist Convention (SBC), ha dichiarato di poter affermare che il tasso di suicidi tra i pastori sia aumentato durante i suoi 30 anni di pratica professionale. E si aspetta che il numero continui a salire.

 

Disse che “Essere un pastore è un lavoro pericoloso… Soprattutto in certi ambienti evangelici, dove teologicamente si ha un orientamento più fondamentalista, in cui si trovano pastori che riducono la loro depressione o i loro processi di pensiero negativo a problemi strettamente spirituali”.

 

In effetti, un sondaggio LifeWay del 2013 ha scoperto che il 48% dei cristiani che si identificano evangelici fondamentalisti o nati di nuovo ritiene che la preghiera e lo studio della Bibbia da soli possano sconfiggere le malattie mentali.

 

 

Hannaford disse che i pastori sono molto severi con loro stessi che spesso si giudicano per i peccati di omissione e commissione, ma non riescono a tenere conto degli effetti di questo errore: “Questo crollo ha sconvolto tutto, incluso il cervello”.

 

I pastori, che sono modelli di riferimento per il loro gregge, sono spesso troppo isolati dalla vita e posti su un piedistallo per parlare apertamente onestamente su questi argomenti con gli altri fratelli.

 

Sanders disse: “Mio padre non aveva nessuno con cui parlare”, invece “tutti parlavano con mio padre perché era l’unico pastore nella chiesa”. Inoltre, Larry aveva un ruolo di guida per altri pastori che ha reso assolutamente impraticabile la possibilità di aprirsi con loro intorno alle sue lotte e ciò lo ha ulteriormente isolato.

 

Nel 2015 e nel 2016, più della metà dei pastori evangelici e riformati ha dichiarato allo Schaeffer Institute che sebbene fossero felici (79%) non avevano veri e buoni amici (58%). Circa lo stesso numero ha riferito che non potevano soddisfare le aspettative non realistiche della loro chiesa (52%), alcuni erano vicini ad avere una battaglia da combattere per lo scoraggiamento (34%) o per la depressione ed altri convivevano con la regolare paura di essere inadeguati a quel ruolo nel ministero (35%).

 

Hannaford dice: “Qualcuno dirà che tutti i discepoli avevano tanti problemi, ma Gesù li ha usati”. “E guarda tutti gli eroi dell’Antico Testamento: erano un disastro. Eppure, in qualche modo, pensiamo subdolamente affermare che ciò si applicava solo a loro, ma non a noi”.

 

Hannaford continua e dice che parte del problema è che la chiesa ha separato la cura del corpo, dell’anima e dello spirito. Ai tempi della Riforma o ai tempi dei Puritani, un pastore sarebbe stato consultato per qualsiasi malattia e sarebbe stato in qualche modo ben informato su tutte le aree critiche del ministero. Oggi invece un medico cura il corpo, uno psicologo cura la mente e un pastore cura lo spirito. Ma questa separazione può portare a problemi dal momento che la parte spirituale, quella emotiva e quella fisica si influenzano a vicenda.

 

Imparare dai puritani

Quando aveva 31 anni, il pastore Tony Rose cadde in una “profonda depressione a causa di un pensiero ossessivo”: era così grave che non riusciva a sollevarsi fisicamente dal pavimento di casa.

 

Rose, che ora è pastore nel Kentucky, dice: “Iniziai a chiedere a Dio qualcuno che potesse avere un tale linguaggio da predicare alla mia anima, ma non riuscivo a trovare nessuno nel mondo cristiano contemporaneo”… “Poi mi imbattei nei Puritani noti per molte cose, ma i cui libri sulla cura pastorale sono in realtà letti da pochissime persone”.

 

Rose aggiunge che i pastori puritani, proprio per il fatto che vivevano con il loro gregge e in mezzo ai loro membri di chiesa, erano in grado di descrivere una varietà di emozioni. “La mia speranza iniziò a crescere mentre leggevo il racconto di John Bunyan Grazia abbondante al primo dei peccatori.

 

Rose dice: “Quel ragazzo era totalmente ossessivo che, se fosse vivo oggi, non ci sarebbe una chiesa evangelica che lo chiamerebbe a fare il pastore”.

 

Rose dice che Bunyan era profondamente spirituale e “a volte aveva un ingegno folle”, “tuttavia, i tormenti inimmaginabili della mente e dell’anima di Bunyan furono quelli che gli fornirono la capacità di parlare con una tale chiarezza creativa all’esperienza umana del cristiano”.

 

Rose aggiunge che la “vita terrena” di Bunyan – e quella dei suoi contemporanei – è l’opposto di quell’immagine perfetta che Facebook ci dà e che ora ci si aspetta di vedere dai pastori e dai membri di una chiesa. Ma “se la chiesa vuole andare avanti allora deve andare indietro. Una persona depressa è convinta che nessuno abbia provato ciò che sta passando, [quindi] trarrà beneficio quando qualcuno parla la sua stessa lingua”.

 

Più in generale, quella mancanza di consapevolezza deriva quasi certamente dal silenzio che le chiese mantengono sulle questioni relative al suicidio e alle malattie mentali. Secondo LifeWay, solo un quarto delle chiese ha un piano per aiutare le famiglie colpite da malattie mentali (27%) e ancora meno chiese hanno istruito i loro conduttori a riconoscere le malattie mentali (13%).

 

Nel frattempo quelli con una malattia mentale (59%) e le loro famiglie (65%) vogliono che i pastori parlino apertamente di questi argomenti, ma Rose dice che la maggior parte dei seminari teologici offre poca formazione sulle malattie mentali o sulla cura pastorale.

 

Aprire la conversazione

Rose ha recentemente presieduto il consiglio consultivo per la salute mentale dell’SBC; è stato nominato nello stesso periodo in cui il presidente e CEO della Commissione Esecutiva della SBC, Frank Page, pubblicò il suo libro “Melissa: A Father’s Lessons from a Daughter’s Suicide” (Lett “Melissa: lezioni da un padre di una figlia morta suicida”).

 

Rose e i suoi colleghi hanno consigliato che la Convenzione dei Battisti del Sud produca materiale per istruire le chiese sulle malattie mentali sotto un triplice approccio: sviluppando un sito Web con risorse specifiche, nominando qualcuno che potesse sostenere i problemi di salute mentale nella SBC e lavorando con i seminari per una educazione standard sulle malattie mentali.

Hanno anche consigliato ai pastori di rivolgersi agli psicologi cristiani locali: quella persona non solo sarà in grado di aiutarlo quando un membro di chiesa è in difficoltà, ma il pastore avrà anche molte più probabilità di chiedere aiuto a qualcuno che conosce e di cui si fida.

 

Uscire allo scoperto

Conoscere qualcuno a cui rivolgersi è vitale poiché la maggior parte dei pastori ritiene di non poter parlare alle loro comunità delle loro lotte inerenti la propria salute mentale: hanno paura di perdere il lavoro, di non essere un buon modello nella loro veste di pastore o di essere espliciti in modo inadeguato.

 

Rose ha detto: “Quando andavo a chiedere una consulenza, mi nascondevo quasi dietro i cespugli, guardandomi intorno per assicurarmi che nessuno mi vedesse. Se avessi potuto sarei andato in tuta mimetica”.

 

Invece, Rose consiglia di farsi dare dei suggerimenti proprio da coloro che in effetti indossano la mimetica: Doug Carver, un cappellano militare evangelico in pensione che ora ricopre il ruolo di direttore esecutivo dei cappellani del Consiglio di missione nordamericano (NAMB) della SBC, fece parte del comitato per la salute mentale di Rose.

 

Rose spiega: “Lui disse che l’esercito usa un asso di cuori come acronimo di Act Compassionate and Escort e se i soldati notano qualcuno che soffre di problemi mentali o emotivi, devono essere premurosi e condurlo da chi possa aiutarlo.

 

Rose ha detto: “Se potessi farlo per la chiesa ciò sarebbe la vittoria di una vita”.

 

 

 

Traduzione a cura di Maddalena Bennardo

 

 

Libro consigliato:

Il libro che il tuo pastore vorrebbe che tu leggessi

Tematiche: Anzianato, Pastorato, Sofferenza, Suicidio

Sarah Eekhoff Zylstra

Sarah Eekhoff Zylstra 

Sarah Eekhoff Zylstra 

Scrittrice senior ed editor per fede, lavora per The Gospel Coalition. È anche coautrice di Gospelbound: Living with Resolute Hope in an Anxious Age ed editrice di Social Sanity in an Insta World. Prima di tuto ciò, ha scritto per Christianity Today, ha insegnato ai suoi figli a casa, ha lavorato come freelance per un quotidiano locale e ha insegnato al Trinity Christian College. Ha conseguito una laurea in inglese e comunicazione presso la Dordt University e un MSJ presso la Medill School of Journalism presso la Northwestern University. Vive con suo marito e due figli nei sobborghi di Chicago, dove sono membri attivi della Orland Park Christian Reformed Church.

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