Otto cose che il corona virus ci sta insegnando
Riflettendo sulla diffusione e gli effetti sull’uomo del virus, alcune considerazioni su cui possiamo riflettere.
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La nostra fragilità
Questa crisi ci sta insegnando quanto noi esseri umani siamo fragili. 93210 casi, 3203 morti da un semplice virus. Se fosse più letale e più aggressivo non saremmo lontani dalla nostra estinzione come specie. Non è qualcosa che vogliamo accettare o abbracciare, ma è comunque la verità. Veramente “i giorni dell’uomo sono come l’erba; egli fiorisce come il fiore dei campi; se lo raggiunge un colpo di vento [o di covid-19], esso non esiste più e non si riconosce più il luogo dov’era,” Salmo 103:15-16.
Ma perché è importante imparare questa lezione? Perché forse prendiamo per scontato le nostre vite, forse sprechiamo il nostro tempo su questo pianeta occupandoci di cose che alla fine non conteranno niente… “Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio,” Salmi 90:12.
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La nostra uguaglianza
Questo virus non rispetta distinzioni etniche o frontiere nazionali. Non è un virus dei cinesi, ormai è il nostro virus, dimora a casa nostra, in mezzo a noi. È in Afganistan, Belgio, Cambogia, Danimarca, Estonia, Francia – 77 nazioni colpite e contagiate dal coronavirus. Facciamo tutti parte della grande famiglia umana, siamo tutti creati a immagine di Dio (Gen 1:17). Il colore della nostra pelle, la nostra lingua, accento o cultura non contano niente agli occhi di una malattia contagiosa.
Forse questo virus può insegnarci proprio questo, che nella sofferenza, nel dolore per la perdita di un caro, siamo in definitiva uguali, deboli e senza risposte…
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La nostra mancanza di controllo
Tutti amiamo il senso di controllo. Pensiamo di essere i capitani del nostro destino nella vita, in casa e per strada. “Qui commando io,” è il grido del nostro cuore. E in realtà oggi più che mai godiamo di un controllo significativo sulle nostre vite. Possiamo controllare casa nostra anche da lontano con delle telecamere, possiamo controllare i nostri soldi in banca dal cellulare, possiamo controllare i nostri corpi con un migliaio di test medici.
Ma forse questa sensazione di avere il controllo è un’illusione, una bolla che il coronavirus ha fatto esplodere, rivelando la verità – che non siamo noi ad avere il controllo. In questi giorni le nostre autorità stanno cercando di controllare la diffusione di questo virus, chiudendo, aprendo e chiudendo di nuovo le scuole dei nostri figli. Hanno la situazione sotto controllo? Anche noi armati di bottigliette di gel disinfettante, limitando i contatti fisici, cerchiamo di abbassare i rischi di essere contagiati. Siamo in controllo della situazione? Quando mai?!
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Il dolore di essere escluso
Un membro della nostra chiesa è stato in viaggio nel Nord Italia pochi giorni fa. Tornata a Napoli non è stata invitata ad una cena di lavoro. Le è stato spiegato che sarebbe stato meglio per lei non partecipare a causa del suo viaggio, anche se lei non dimostrava nessun sintomo del virus. Ovviamente è rimasta male.
Il ristoratore 55enne di San Giorgio a Cremano (Na), contagiato dal virus e ora in quarantena, diceva di stare bene fisicamente ma che ciò che gli dava fastidio erano le reazioni degli altri residenti del suo palazzo. “A far male, più che la diagnosi positiva al Coronavirus, è l’atteggiamento della città nei suoi confronti, della sua famiglia” (Il Mattino, 2 marzo).
Sentirsi esclusi e isolati non è per niente facile quando in realtà siamo stati creati per rapporti interpersonali; ma in questi giorni è un’esperienza comune. Un’esperienza simile ai lebbrosi ai tempi di Gesù, forzati a vivere in isolamento e camminare per le via della città gridando, “Impuro! Impuro!” (Lev 13:45).
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La differenza tra la paura e la fede
Qual è la tua reazione a questa crisi? È facile essere preso del panico, vedere il coronavirus su ogni superficie, dietro ogni angolo, nell’aria che respiriamo e in ogni contatto fisico. Siamo paralizzati dalla paura?
Forse questa crisi ci sta sfidando a reagire in un altro modo – con la fede e non con la paura. Fede non nel destino o nel caso, non in una divinità qualunque, ma in Gesù Cristo come il buon pastore che dichiara di essere la risurrezione e la vita (Giov 11:25) prima di far risuscitare un uomo sepolto da quattro giorni. Solo lui ha il controllo su questa situazione e può guidarci in mezzo a questa tempesta.
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Il nostro bisogno di Dio e di pregare
Davanti ad una crisi globale, come possiamo reagire per fare la differenza? Spesso ci sentiamo troppo piccoli, inutili e incapaci di fare qualcosa che possa contribuire al miglioramento della situazione. Invece esiste qualcosa che possiamo e dobbiamo fare: dobbiamo implorare il nostro Padre celeste di dimostrare la sua misericordia verso di noi.
Questo virus ci spinge a pregare, pregare per le nostre autorità, per gli uomini e le donne contagiate, per la gente che vive paralizzata dalla paura, per le zone rosse, per chi è ad alto rischio, e per gli anziani intorno a noi. Preghiamo che il Signore possa proteggerci e prendersi cura di noi. Preghiamo per il ritorno di Gesù, che lui possa ritornare per portarci nella nuova creazione, un mondo senza lacrime, senza morte, senza cordoglio, senza grida, senza dolore, (Apocalisse 21:4)
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La vanità di molte cose nelle nostre vite
“Vanità delle vanità, dice l’Ecclesiaste, vanità delle vanità, tutto è vanità,” (Ecclesiaste 1:2) È facilissimo perdere la prospettiva in mezzo al caos delle nostre vite. I nostri giorni sono così pieni di impegni e persone, di servizi e stress che non riusciamo a distinguere l’importante dall’urgente. Ci perdiamo in mezzo al cammino di questa vita.
Forse questa crisi ci sta riportando sul sentiero giusto. Ci sta insegnando di nuovo quali sono le cose importanti nelle nostre vite e quali sono vanità, vapore senza sostanza e quindi senza importanza. Forse la Serie A, quella nuova cucina e quel compito, alla fine non sono così vitali per la mia sopravvivenza. Forse il coronavirus ci sta insegnando proprio questo.
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La nostra speranza
La domanda più importante non è “qual è la tua speranza di fronte al coronavirus?”, perché Gesù è venuto per avvertirci della presenza di un virus molto più diffuso e molto più letale. Un virus che ha colpito ogni uomo e donna, bambino e anziano. Un virus che risulterà nella morte eterna. Un virus chiamato peccato, e la nostra specie, secondo Gesù, vive una pandemia di questo virus. Qual è la tua speranza davanti a questo virus?
La storia della Bibbia è la storia di un Dio che è sceso in un mondo contaminato da questo virus. Lui è vissuto in mezzo a noi malati, non portando una maschera e indossando una tuta sterile, ma respirando la stessa aria nostra, mangiando lo stesso cibo nostro e contagiato dal virus, è morto. E’ morto isolato, lontano da suo Padre, su una croce, per dare a noi malati l’antidoto del virus, per guarire noi e per portarci alla vita eterna. “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà, e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?” (Giovanni 11:25-26).
Tematiche: Cultura e Società, La battaglia spirituale, Morte, Social media, Storia
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