Non abbiate paura di predicare per le conversioni

 

Nelle chiese dove per la prima volta ho conosciuto Gesù Cristo, nessun culto si concludeva senza un invito, un momento in cui le persone tra i banchi rispondevano al messaggio facendosi strada lungo la navata.

 

Specialmente durante le riunioni di risveglio che duravano una settimana, “Just as I Am” finiva inevitabilmente le strofe prima che i predicatori vestiti di poliestere finissero le loro forze. E così, con “ogni testa china, ogni occhio chiuso e nessuno che si guardava intorno”, il predicatore chiedeva “un altro, solo un altro” mentre il pianista continuava a suonare.

 

Da bambino, ricordo che guardavo questi risvegli con gli occhi socchiusi, aspettando il cenno furtivo del predicatore al pianista, gesto che avrebbe messo fine all’invito alla conversione.

 

Non temere

Qualunque cosa si possa pensare degli appelli in generale o dei metodi specifici di questi predicatori, una cosa è certa: essi non temevano di predicare con la prospettiva di ottenere conversioni, non lo erano neppure i predicatori e i profeti le cui parole lo Spirito Santo ha conservato nelle pagine del Nuovo Testamento.

 

Giovanni il Battista infatti annunciò la venuta di Cristo con un appello a passare da uno stile di vita ad un altro (Marco 1:3-5). Quando Gesù tornò in Galilea dal deserto dove fu tentato, proclamò: “Il regno di Dio è vicino! Ravvedetevi e credete al Vangelo” (Marco 1:15).

 

Il pentimento era un obbligo nel messaggio di Pietro il giorno della Pentecoste (Atti 2:38). In una lettera ai Corinzi, Paolo lo ha reso in questo modo: “Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio” (2 Cor. 5:20).

 

La predicazione dai pulpiti dei Battisti del Sud ha storicamente rispecchiato questa apertura a predicare per ottenere conversioni. John A. Broadus – secondo presidente del Southern Baptist Theological Seminary e pastore che battezzò la missionaria Lottie Moon – non si è mai vergognato di rivolgere i suoi interventi con l’aspettativa di ottenere conversioni.

 

Un testimone oculare dichiarò che, quando Broadus predicava ai soldati durante la Guerra Civile, “più e più volte le vaste assemblee si scioglievano sotto il potere del grande predicatore, e gli uomini ‘non abituati allo stato d’animo di scioglimento’ singhiozzavano per l’incontrollabile emozione”.

 

Non ti renderà popolare

In una cultura intossicata dalla razionalizzazione e dalla giustificazione di ogni possibile stile di vita, gli appelli alla “decisione immediata e all’accettazione dei termini del Vangelo” non saranno mai sufficientemente popolari; dopotutto, sollecitare una tale decisione significa dichiarare implicitamente che il modo in cui gli ascoltatori del messaggio sono, non è come dovrebbero essere.

 

Le opportunità di ottenere consensi precipitano ulteriormente quando i predicatori della Parola introducono la scomoda verità che la fede esplicita in Gesù rappresenta l’unica via per diventare come si dovrebbe essere.

 

All’inizio del mio ministero, ci sono stati un paio di anni in cui ho flirtrato con il libero arbitrio teologico e sono diventato incerto sull’esclusività del Vangelo. In quei mesi ho guardato con imbarazzo e disprezzo ai predicatori in cerca di risposte durante la mia infanzia in quanto  convinto di essere cresciuto al di là della necessità di richiedere conversioni ed ho messo quanti più chilometri possibili tra il mio pulpito e il noto sentiero fatto di segatura.

 

Mi sono presto reso conto che senza un’appassionata certezza che il Vangelo sia indispensabile ed esclusivo, la predicazione degenera rapidamente in moralismo terapeutico, privo di potere e di autorità. Mi sono tranquillizzato facendo appello a un aforisma che si suppone sia stato pronunciato da un celebre santo medievale: “Predica sempre il Vangelo; se necessario, usa le parole”.

 

Quello che non ero disposto ad ammettere in quel momento era che, poiché il Vangelo include il consenso a specifiche verità su una persona specifica, la predicazione del Vangelo richiede parole, ed un Vangelo senza parole è qualcosa di meno del Vangelo vivificante di Gesù Cristo.

 

Lezione appresa a un funerale

Stranamente, un funerale smascherò la follia della mia falsa saggezza. Un’overdose di droga stroncò la vita di una giovane donna e l’impresario funebre mi chiese di officiare il suo servizio funebre. Quando arrivai alle pompe funebri, non ero certo di trovarmi a una cerimonia funebre o a un concerto rock. La famiglia aveva disseminato il prato anteriore di bottiglie di birra e alcuni si erano raggruppati agli angoli dell’edificio, fumando qualcosa di più forte del tabacco.

 

Qualche istante prima della funzione, la sorella della donna deceduta entrò nella cappella, aggirando le iniziative all’esterno, mi chiese se poteva scambiare qualche parola con i fedeli dopo il mio messaggio e io accettai. Dopo l’inno di apertura, presentai le banalità ben curate che avevo preparato per la funzione.

Quando mi feci da parte, la sorella si avvicinò al microfono.

In modo grezzo e senza la minima infarinatura retorica, raccontò come Gesù Cristo l’avesse salvata e come gli altri membri della loro famiglia avrebbero probabilmente subito la stessa sorte di sua sorella se non avessero abbandonato il loro attuale stile di vita.

 

Seduto accanto a quella bara, osservavo come Dio usò le parole di questa donna per trasformare il cuore di alcuni degli ascoltatori.

 

All’inizio guardai la scena con accondiscendente compiacimento, poi Dio iniziò a spezzarmi il cuore. Questa donna, schietta e da poco convertita, stava dicendo la verità che avrei dovuto proclamare con chiara e spudorata sicurezza. Io, che ero stato chiamato e formato a predicare il Vangelo avevo barattato quella vocazione per un fugace senso d’inclusività.

Predicare affinché i perduti possano essere salvati

Quel momento significò molto di più del riconoscere l’assoluta sconfitta del liberalismo teologico. La convinzione che provai in quel momento segnò anche l’inizio di un percorso di ritorno all’audacia nella mia predicazione.

 

Non posso affermare che da quel momento la mia predicazione sia stata perfetta, ma posso però affermare questo: da quel momento in poi, la mia predicazione è stata incentrata sulla croce di Cristo e non ho mai avuto esitazioni nel predicare con l’aspettativa di vedere conversioni.

 

Forse ci sono stati momenti in cui gli evangelisti di un tempo hanno puntato troppo sugli appelli emotivi mentre cantavamo un’altra strofa di “Così come sono”. Ma questo lo so: è altrettanto pericoloso errare all’estremo opposto. Finché ci sono peccatori che non hanno ancora abbracciato il Vangelo, c’è bisogno di una predicazione del Vangelo a tutto campo che esiga una scelta.

 

 

Nota dell’editore: 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Southern Equip.

 

Traduzione a cura di Yuni Akermi

 

 

Tematiche: Conversione, Predicazione, Vangelo

Timothy Paul Jones

Timothy Paul Jones (PhD, The Southern Baptist Theological Seminary) è vicepresidente associato e professore C. Edwin Gheens del ministero della famiglia cristiana al The Southern Baptist Theological Seminary. È autore o editore di più di una dozzina di libri e serve come pastore-predicatore alla Sojourn Church Midtown. Vive a St. Matthews, Kentucky, con la moglie Rayann e le figlie Hannah, Skylar, Kylinn e Katrisha. Timothy tiene un blog sul suo sito web.

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