Noi mostriamo grazia perché ci è stata mostrata grazia
Ciò che segue è un estratto di una lettera di John Newton al signor John Thornton del novembre 1775. Anche se è stata scritta due secoli e mezzo fa, è notevolmente rilevante per la nostra esperienza moderna, specialmente per come cerchiamo di vivere la nostra chiamata ad amare il nostro prossimo in una cultura pluralistica.
Troppa dell’intolleranza di cui parli, verso coloro che sono diversi da noi in opinioni religiose, è visibile dappertutto. Non la considero come fallimento di pochi individui, o di questo o quel gruppo, ma come effetto della nostra innata imperfezione che è comune alla nostra intera razza. La rabbia ed il disprezzo sono egualmente inappropriati in coloro che si professano seguaci del Gesù mite ed umile e che dichiarano essere peccatori e fallibili, ma troppo spesso troviamo qualcosa di questo lievito che si infiltra nei migliori personaggi, mischiato con gli onesti tentativi di servire la causa migliore.
Ma fu così sin dall’inizio e abbiamo ragione di dichiarare che noi non siamo migliori di ciò che erano gli apostoli, i quali, anche se nel bene, manifestarono più di una volta uno spirito sbagliato nel loro zelo, Luca 9:54. Osservazione ed esperienza contribuiscono, per grazia di Dio, ad ammorbidire e addolcire i nostri spiriti gradualmente, ma poi ci sarà sempre terreno fertile per empatia reciproca e perdono reciproco. In ogni caso, per quanto possa giudicare me stesso, penso che questa intolleranza non sia il peccato che più facilmente mi assale.
Quelli diversi da noi
Infatti io non sono un difensore di quell’indifferenza e tiepidezza alle verità di Dio che sembrano costituire il candore con cui molti si schierano oggigiorno. Mentre desidero tenermi saldo alle sane dottrine del vangelo verso le persone che sono creature simili a me, vorrei esercitare ogni sorta di moderazione e benevolenza: protestanti o papisti, siciliani o deisti, ebrei, samaritani o maomettani, tutti sono il mio prossimo e ognuno ha diritto su di me per la causa comune dell’umanità.
Per quanto riguarda la religione, non possono avere tutti ragione e nemmeno potrei complimentarmi con loro permettendo che le nostre differenze siano solo banali quando so che sono importanti, ma non mi aspetto che loro vedano attraverso i miei occhi.
Sono profondamente convinto della verità dell’aforisma di Giovanni Battista, Giovanni 3:27: “L’uomo non può ricevere nulla se non gli è dato dal cielo”. Io sono ben consapevole che la piccola quantità di conoscenza che ho acquisito nelle cose di Dio non proviene dalla mia stessa saggezza e docilità, ma dalla Sua bontà. Nemmeno ci sono arrivato in una volta sola: Lui si è compiaciuto di usare molta pazienza e tolleranza verso di me, nei 27 anni passati, da quando mi diede il desiderio di imparare da Lui stesso. Egli si è adattato con grazia alla mia debolezza, ha portato i miei errori e mi ha aiutato attraverso innumerevoli pregiudizi che, se non fosse stato per la sua grazia, sarebbero stati ostacoli insuperabili: quindi non ho nessun diritto di sentirmi arrabbiato, senza pazienza o ipercritico, specialmente perché ho ancora molto da imparare e sono così miseramente influenzato da ciò che ritengo di conoscere.
Sono così stanco delle controversie e delle dispute e desidero scegliere per me stesso, di far notare agli altri la parte di Maria, sedersi ai piedi di Gesù e ascoltare le sue parole. E, benedetto sia il Suo nome, per tutto ciò che ho imparato da Lui, sono un privilegiato con una certezza rassicurante. Io so in chi ho creduto e non sono più tanto scosso dai vari venti e correnti di opinioni, per le quali vedo molti scagliarsi l’uno contro l’altro.
Ma io non posso, non devo, non mi permetto di contendere: solamente, come testimone di Dio, sono pronto a rendere la mia semplice testimonianza di ciò che ho conosciuto della Sua verità ogniqualvolta sono appropriatamente chiamato a farlo.
Tutto è a causa della grazia
Le Scrittura, e anche la ragione, mi assicura che c’è un solo Dio, il cui solo nome è Yahweh. Le scritture, allo stesso modo, mi assicurano che Cristo è Dio, che Gesù è Yahweh. Non posso dire che la ragione asserisce con egual facilità questa affermazione come quella precedente. Ma riconoscere ciò che le Scrittura ci insegnano riguardo alla malvagità del peccato, alla depravazione della natura umana, al metodo della salvezza e agli uffici del Salvatore; riconoscere il proposito di Dio nel glorificare, non solo la sua misericordia, ma anche la sua giustizia, nell’opera di redenzione; che il sangue versato sulla croce è un appropriato e adeguato pagamento per il peccato; che il Redentore è, al presente, il Pastore di coloro che credono in Lui, e sarà in seguito il Giudice del mondo; che, affinché sia possibile ricevere l’aiuto di cui abbiamo bisogno, è necessario che Egli sia intimamente con coloro che dipendono da Lui, in ogni tempo e in ogni luogo; deve conoscere i pensieri e le intenzioni di ogni cuore; deve avere il suo occhio sempre su di loro, il suo orecchio aperto per loro, il suo braccio sempre teso per il loro sollievo; che essi possono ricevere solo ciò che Egli concede, non possono fare nulla se Egli non glielo permette, non possono reggersi per un momento se Egli non li sostiene; riconoscendo queste e le promesse simili, delle quali la parola di Dio abbonda, la ragione deve ammettere, indipendentemente dalle difficoltà implicite in questo pensiero, che solo colui che è Dio sopra ogni cosa, benedetto per sempre, è capace o degno di eseguire questo piano complicato, in ogni parte, la quale richiede l’impiego di infinita saggezza e onnipotenza; nemmeno sono capace di formulare dei chiari, soddisfacenti, adeguati pensieri su Dio, adatti a risvegliare il mio amore e rafforzare la mia fiducia se non sapere che Egli si è compiaciuto nel rivelare se stesso nella persona di Gesù Cristo.
Io credo, come l’apostolo, che Dio si manifestò nella carne una volta sulla terra; e che ora è manifestato nella carne in cielo; e che l’adorazione, non solo dei peccatori redenti, ma anche dei santi angeli, è indirizzata all’Agnello che fu brutalmente ucciso, il quale, nella natura in cui soffrì, esercita ora un dominio universale e ha il governo del cielo, della terra e dell’inferno sulle sue spalle. Questa verità è il fondamento su cui la mia speranza è costruita, la sorgente da cui deriva tutta la mia forza e consolazione, il mio unico incoraggiamento ad avvicinarmi al trono della grazia, per la grazia che mi aiuta nel momento del bisogno.
Questo estratto è adattato da: John Newton, ed., Letters of John Newton (The Banner of Truth Trust, 2007. Edimburgo), p. 273.
Traduzione a cura di Debora Betti
Tematiche: Crescita spirituale, Grazia, L'amore di Dio, Teologia, Vita Cristiana
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