L’ira di Dio fu soddisfatta

L’amore sorprendente sulla terribile croce

La Croce. Che terrore. Estremamente, inconcepibilmente terribile. La croce era stata progetta proprio per questo, per infondere profondo terrore nella mente di chiunque poteva essere potenzialmente torturato su di essa. Distanti più di duemila anni dalla realtà della crocifissione romana e avendo acquisito familiarità con la croce come termine teologico astratto, può essere difficile per noi connetterci emotivamente con ciò che la croce era realmente: il terribile mezzo che Roma utilizzava per scagliare la sua ira sui suoi peggiori trasgressori.

Gesù fu giustiziato su una croce; era incluso tra i peggiori trasgressori. La Sua morte è stata reale ed è stata davvero terribile. Gesù fu un oggetto d’ira, ma non solo dell’ira romana ed ebraica, anzi in realtà non principalmente di ira romana ed ebraica (Giovanni 19:11); Gesù fu principalmente l’oggetto dell’ira di Suo Padre, l’ira più giusta e terribile che ci sia. Egli divenne quell’oggetto volontariamente, anche quando ogni suo impulso umano desiderava la fuga (Marco 14:36). Questa è la vera ragione per cui venne tra noi.

Venne per questo motivo

Gesù conosceva la Sua missione molto prima che le circostanze prendessero quella terribile svolta verso la croce. Gesù disse a un membro del Sinedrio di essere venuto per essere “innalzato”, come Mosè alzò il serpente nel deserto (Giovanni 3:14). Avvisò anche esplicitamente i suoi discepoli dicendo:

«È necessario che il Figlio dell’uomo soffra molte cose, sia rigettato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, sia ucciso e risusciti il terzo giorno». (Luca 9:22)

Ad una folla che richiedeva più “cibo spirituale” da Gesù, disse:

«Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; or il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo». (Giovanni 6:51)

E mentre si avvicinava il tempo per quei terribili eventi, Gesù divenne più determinato ad affrontarli (Luca 9:51), anche se la sua angoscia aumentava intensamente:

«Ora l’anima mia è turbata; e che dirò: Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo io sono giunto a quest’ora».

Gesù venne “per questo”. Cosa voleva dire? Egli venne per glorificare il nome di Suo Padre (Giovanni 12:28); Egli venne “per distruggere le opere del diavolo” (1 Giovanni 3:8); Egli venne per manifestare il Suo amore e l’amore di Dio verso i peccatori come noi (Romani 5:8). Gesù venne per attirare le persone a sé (Giovanni 12:32); Egli venne per togliere il peccato dal mondo (Giovanni 1:29) diventando l’espiazione per i peccati (1 Giovanni 2:2).

Ira divina soddisfatta

L’arrivo di questo grande Propiziatore era stato profetizzato secoli prima:

«Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via, e l’Eterno ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.» (Isaia 53:5-6)

Per assicurarsi che noi comprendessimo la natura sostitutiva della sua natura, e l’ira he avrebbe propiziato, lo Spirito disse attraverso il profeta:

«Ma piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani. Egli vedrà il frutto del travaglio della sua anima e ne sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il giusto, il mio servo, renderà giusti molti, perché si caricherà delle loro iniquità.» (Isaia 53:10-11)

Gli uditori dell’antica alleanza avrebbero capito il significato di tutto questo, poiché le offerte di colpa venivano sacrificate a Dio al posto di coloro che avevano peccato contro di lui, così che i peccatori stessi non avrebbero dovuto sopportare la giusta rabbia di Dio. La vecchia alleanza prefigurava la nuova alleanza (Geremia 31:31; Luca 22:20; Ebrei 12:24), dove il grande Servo, il grande Propiziatore, si sarebbe offerto come sacrificio sostitutivo definitivo, una volta per tutte al posto dei peccatori (Ebrei 9:29).

Ecco il perché Gesù venne, e questo è il vero senso della croce. Sulla croce, il Padre ha fatto in modo che il Figlio senza peccato diventasse peccato per il nostro bene, affinché noi attraverso Gesù potessimo diventare giustizia di Dio (2 Corinzi 5:21). Gesù, il nostro Propiziatore, assorbì l’ira del Padre contro il nostro peccato e lo soddisfò pienamente, in modo che “chiunque creda in lui non perisca” ma goda invece del favore del Padre per sempre (Giovanni 3:16).

Come dice il famoso canto “In Christ alone” :

Fino alla croce andò e morì

l’ira di Dio su Lui finì

il mio peccato Egli portò

morendo vita mi donò.

In questo c’è amore

La croce, che terrore. La croce di Cristo, che terrore e che gloria. La peggiore brutalità incontra la più potente mansuetudine. L’orrore insondabile incontra la bellezza insuperabile. La condanna più giusta incontra il perdono più benevolo. La più grande giustizia incontra la più grande misericordia. L’ira più violenta incontra il favore più generoso e un tale amore.

«In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati.» (1 Giovanni 4:9-10)

Chi avrebbe mai sognato che una croce romana, una delle peggiori e più temibili torture mai concepite, sarebbe diventata il simbolo del più grande amore mai manifestato? Perché “Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” e ci ha salvati “dall’ira di Dio” (Romani 5:8-9).

Traduzione a cura di Jessica Sotera

Tematiche: Ira di Dio, Pasqua, Vangelo

Jon Bloom

Jon Bloom

 

È cofondatore, presidente del consiglio direttivo e scrittore per Desiring God. Ha scritto tre libri intitolati Non per visione, Realtà che non si vedono e Don’t follow your heart. Lui e sua moglie hanno cinque figli e vivono a Minneapolis.

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