Le acque che uniscono: cinque verità sul battesimo in acqua
Troppo spesso il battesimo è visto come “acqua che divide”. Nel Nuovo Testamento, tuttavia, il battesimo identifica i cristiani con il loro Signore e un credente con altri. L’apostolo Paolo fa appello al battesimo come mezzo per l’unità della chiesa: coloro che sono morti e risuscitati con Cristo vengono conosciuti per il loro battesimo comune (Rom. 6:3-6) e, tutti coloro che sono “uno in Cristo Gesù sono stati battezzati in Cristo” (Gal. 3:25-29).
Il battesimo, quindi, è un mezzo d’identificazione per coloro che sono uno in Cristo. Questo scopo di unità del battesimo muove Paolo a insistere riguardo al battesimo in 1 Corinzi 1, perché intorno a questo la chiesa di Corinto si stava dividendo invece che unirsi. In risposta alla notizia che la chiesa era divisa dalle varie idolatrie relative persona che aveva impartito il battesimo (“ «Io sono di Paolo», «io di Apollo», «io di Cefa» ed «io di Cristo»”, v. 12), Paolo ricorda ai Corinzi della loro unità nel Vangelo (cfr 1:17–2:16), li rimprovera perché il battesimo li stava dividendo e poi presenta cinque verità a riguardo.
Cinque verità sul battesimo
1– Il battesimo ci identifica con Cristo.
I Corinzi fecero l’errore d’identificare il loro battesimo con la persona che li aveva battezzati. O per lo meno è quello che la domanda retorica di Paolo suggerisce: “Foste battezzati nel nome di Paolo”. Assolutamente no! Il battesimo non ci collega alla persona che ci immerge, ma ci identifica con il Re di quella persona. Persino se quella persona in seguito abbandona il ministero o la fede, il battesimo rimane valido. Il battesimo infatti simbolizza l’opera della grazia di Cristo; non conferisce la grazia di per sé. Come Gesù insegna in Matteo 28:19 (“Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”), il battesimo ci identifica con Cristo ed è amministrato dalla Sua chiesa. In questo modo, il battesimo è il mezzo che Gesù ha dato ai suoi discepoli per identificarli pubblicamente con Lui. Avrebbe potuto dire di costruire un’arca, o di andare in Israele o di non tagliarsi i capelli e nell’Antico Testamento comandò ad alcuni dei suoi di fare queste cose. Tuttavia, nel Nuovo Testamento, il battesimo è il rito d’iniziazione di tutti i seguaci di Cristo.
Il battesimo contraddistingue i cristiani e li separa dal mondo. Simbolizza la nostra unità spirituale in Cristo e comporta un’unità visibile alla chiesa di Cristo. Quindi, se vuoi identificarti pubblicamente con Gesù, il battesimo in acqua è il modo giusto.
2– Il battesimo non salva, ma annuncia la salvezza.
1 Corinzi 1:14 è un versetto affascinante per il modo in cui Paolo minimizza il battesimo. Paolo scrive: “Ringrazio Dio che non ho battezzato alcuno di voi…” e parafrasando “Va bene, eccetto alcuni come Crispo e Gaio. E sì, anche la famiglia di Stefana; non ricordo nessun altro” (vv. 14-16). Questi versi svelano l’umanità della lettera di Paolo e, inaspettatamente, la sua lode a Dio per il ridotto numero di battesimi ci rivela qualcosa sul battesimo. Infatti in un così breve passaggio capiamo che per Paolo, a Corinto, il battesimo era motivo di preoccupazione; perché mai allora l’enfasi sul battesimo appena dopo aver introdotto il problema delle divisioni? Sicuramente la gioia di Paolo per aver battezzato solo alcune persone era in relazione alle fazioni della chiesa (v.12). Teologicamente, le parole di Paolo rivelano che il battesimo non è salvifico, cioè il battesimo non dona o garantisce la salvezza: esso annuncia la salvezza. Se il battesimo rendesse effettiva la salvezza, (come nell’erronea dottrina della “Rigenerazione battesimale”) non avrebbe detto: “Sono felice di averne battezzati solo alcuni”. Poteva dire questo solo se il battesimo è il simbolo della realtà spirituale. Quindi concludiamo da questo verso (e dal resto del Nuovo Testamento) che il battesimo non conferisce o completa la salvezza: esso annuncia l’antecedente già presente dono della salvezza. Infatti attraverso il battesimo si proclamano due annunci: il primo proviene dalla persona e il secondo dalla chiesa.
3 – Il battesimo è un annuncio personale.
Per noi è chiaro che il battesimo dà all’individuo l’opportunità (pratica e visuale) di legarsi a Cristo. In Atti leggiamo che quando le persone si pentono e credono, esse “pubblicizzano” la loro nuova fede con il battesimo. Lo stesso è vero anche oggi.
Quando avevo diciassette anni e iniziavo a imparare come camminare con Dio, mi fu chiesto se volevo essere battezzato. Io dissi di sì. Durante quello stesso anno, Dio aprì i miei occhi per mostrarmi il mio bisogno di Gesù e riempì il mio cuore di fede.
Passai delle settimane preparandomi a dare la mia testimonianza in modo che prima di entrare in acqua potessi verbalizzare la mia fede in Gesù. Al mio battesimo condivisi la mia testimonianza e la mia fede nella morte e risurrezione di Cristo. L’atto visibile del battesimo si materializzò tramite l’annuncio verbale che feci appena prima.
In ogni battesimo, la persona fa una pubblica confessione del proprio peccato e del bisogno del Salvatore. Per questa ragione è vitale che lui o lei sappiano come il battesimo simbolizzi il Vangelo in cui credono, per esempio la morte e risurrezione con Gesù (Rom. 6:3-6). Allo stesso tempo, le chiese devono aiutare le persone a conoscere quello che stanno annunciando nel battesimo. Idealmente, questo include che la persona condivida la propria testimonianza di conversione (attraverso degli scritti, dei video o verbalmente).
In 1 Corinzi 1 Paolo identifica due nomi e una famiglia battezzati dall’apostolo. Queste persone testimoniano dell’opera della grazia di Dio a Corinto e ognuno di loro annuncia pubblicamente la rottura con Corinto e la lealtà a Cristo nel battesimo. Così, in questo modo, ribadiscono questo punto: il battesimo è un annuncio personale, ma non soltanto!
4– Il battesimo è anche un annuncio della chiesa.
In 1 Corinzi 1 troviamo due modi per cui il battesimo è un annuncio della chiesa. Per prima cosa, consideriamo il tempo che Paolo passò a Corinto rapportato al numero delle persone da lui battezzate. Com’è possibile che Paolo trascorse ben diciotto mesi a Corinto battezzando solo poche persone? La migliore risposta è che istruì altri a battezzare. In altre parole, affidò l’opera del battesimo alla chiesa che egli aveva fondato a Corinto.
Quando Paolo giunse a Corinto non esisteva nessuna chiesa. Così la chiesa, come ambasciatrice del regno, battezza i nuovi cittadini del regno. Siccome il battesimo e la disciplina di chiesa sono i mezzi con i quali la chiesa esercita le chiavi del regno (vedi Matteo 16:18-20; 18:15-20), essa è l’istituzione spirituale autorizzata a battezzare.
Tuttavia, quando una chiesa non esiste, come a Corinto, dev’essere l’Apostolo o il missionario a battezzare. Questo è ciò che Paolo fece a Corinto (vedi Atti 18): appena battezzati alcuni, diede l’incarico di battezzare ad altri.
Questo porta ad una seconda osservazione. Nel verso 17 Paolo dichiara: “Perché Cristo non mi ha mandato a battezzare”. Che verso insolito! Come può Paolo affermare che Cristo non l’ha chiamato a battezzare? Che cosa ne è infatti del grande mandato (Mat. 28:19)? Paolo era chiamato a convertire e non a discepolare? Paolo ne battezzò alcuni, quindi cosa sta affermando Paolo?
Non credo che l’apostolo fosse confuso o negligente nella sua chiamata, piuttosto egli comprende la sua chiamata come distinta dall’opera della chiesa locale (in cui il battesimo è “ospitato”). Egli non era un pastore locale. Egli era un Apostolo (1 Cor. 1:1), un evangelista, un missionario. Se seguiamo Paolo attraverso gli Atti, vediamo che si spostava predicando il Vangelo e fondava nuove chiese. Persino quando si fermava per lunghi periodi (diciotto mesi a Corinto, tre anni a Efeso), non era un anziano della chiesa locale.
È per questa ragione che Paolo definisce la propria missione come una chiamata a predicare il Vangelo e non a battezzare. Fondando chiese è lecito pensare che battezzasse alcuni, ma essendo un Apostolo itinerante la sua chiamata nella vita non era di battezzarne molti in una chiesa locale.
Applicando la personale convinzione di Paolo a un principio più universale, il suo annuncio riconferma il punto che Gesù fece riguardo alle chiavi del regno. Non sono date a un individuo, ma alla chiesa nella sua assemblea locale. È la chiesa locale che battezza i credenti, a meno che, naturalmente, non esista la chiesa. Nel qual caso, qualcuno come Paolo a Corinto, o Filippo con l’eunuco Etiope (Atti 8) battezza il nuovo convertito nella speranza che egli (o lei nel caso di Lidia) farà presto parte di una nuova chiesa.
Il solido principio è questo: la chiesa ha la responsabilità, nel battesimo, di testimoniare della fede di una persona. La chiesa non ha il potere di conferire o completare la salvezza. Tuttavia ha l’autorità delegata di battezzare i credenti in Cristo basandosi sulla loro fede visibile, la qual cosa ci porta ad una considerazione finale: la relazione tra la fede e il battesimo.
5 – Il battesimo segue la fede.
Il battesimo del credente – il battesimo che segue la fede – era la regola a Corinto. In Atti 18:8 troviamo: “Molti dei Corinzi, udendo Paolo, credevano ed erano battezzati”. Questa è la consuetudine registrata in Atti: il Vangelo è predicato, la gente crede e viene battezzata.
In tutto il Nuovo Testamento, il battesimo viene dopo la fede. Persino quando una famiglia viene battezzata, come con Stefana (1 Cor. 1:16), il battesimo è impartito ai credenti della famiglia.
Atti 16 lo rende evidente. Quando Paolo si trovava a Filippi, il carceriere chiede: “Cosa devo fare per essere salvato?”. Paolo risponde: “Credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai salvato tu e la casa tua”(v. 31). In breve, non è il battesimo che salva, ma la fede in Gesù Cristo. Tuttavia, siccome il battesimo è il mezzo attraverso il quale le persone professano pubblicamente la propria fede e il modo con cui le chiese confermano la loro testimonianza, Luca continua la storia del battesimo del carceriere: “Ed egli li prese in quella stessa ora della notte e lavò loro le piaghe. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati. Condottili quindi in casa sua, apparecchiò loro la tavola e si rallegrava con tutta la sua famiglia di aver creduto in Dio” (vv. 32-34).
Qui notiamo l’enfasi sulla predicazione della Parola (v. 32) e la gioia nel ricevere quella Parola nella fede (v. 34). Nello specifico, non era solo il carceriere a gioire nella fede, ma l’intera famiglia. Non c’è nessun riferimento a dei bambini, nessun riferimento allo spruzzare d’acqua. Spruzzare l’acqua non può essere considerato battesimo, perché la parola “baptizō” significa “immergere”. Così si ripete la regola: il battesimo segue la fede.
Le tradizioni storiche mostrano che l’origine del “battesimo” infantile non iniziò fino alla pratica del “battesimo d’emergenza” (ai bambini malati in pericolo di morte, per assicurare loro l’ingresso in paradiso) che iniziò nel terzo secolo. Nel Nuovo Testamento la regola usuale è che il battesimo segue la fede. A una chiesa divisa dalla pratica del battesimo, Paolo enfatizza la fede nel Vangelo. Infatti, le parole di Paolo sulle divisioni esacerbate dal battesimo (vv. 13-16), sono seguite dalla sua correzione, una visione rinnovata e la centralità della croce di Cristo (vv. 17-25).
In verità, il battesimo è impartito per affermare la fede di coloro che credono al Vangelo. A Corinto, avevano perso di vista la croce di Cristo (1:18-25), la chiamata del Padre (1:25-31) e l’illuminazione dello Spirito (2:6-16). Inoltre, il battesimo che avrebbe dovuto puntare al Vangelo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, era divenuto un oggetto di e per se stessi. Per questa ragione, Paolo richiama la chiesa a guardare alla sostanza attraverso il simbolo, all’unico Dio nel cui triplice Nome essi erano stati battezzati. Infatti, questo è lo scopo unificatore del battesimo cioè unire, attraverso lo stesso segno del patto, i credenti in Cristo,affinché godano della comunione con Dio attraverso lo stesso Spirito Santo.
Una parola conclusiva.
Al giorno d’oggi, il battesimo è nel contempo sottostimato e sopravvalutato. Alcuni rendono il battesimo necessario (e sufficiente) alla salvezza. Altri, in risposta a questa sopravvalutazione, pensano che il battesimo non abbia valore.
In questo modo, alcuni non mettono limiti al battesimo, permettendo che tutti coloro che lo vogliono si immergano. Altri invece, volendo battezzare solo veri credenti, creano tali ostacoli da rendere difficile battezzarsi. Per essere equilibrati, i pastori fedeli e le chiese dovrebbero avere lo scopo di battezzare, il prima possibile, coloro che possiedono una fede evidente.
Per alcuni, come per il carceriere di Filippi, non c’è voluto molto per riconoscere la fede e unirsi a quel fratello o sorella affermando la propria fede con il battesimo. Per altri, per i bambini o per coloro che sono ancora dubbiosi sul Vangelo, la decisione di battezzarsi potrebbe richiedere più tempo. Così per iniziare, le cinque verità tracciate sopra saranno utili per ricordarci l’importanza del battesimo. Sebbene esso non sia essenziale per la salvezza, è essenziale per la salute e la testimonianza della chiesa. In aggiunta, le chiese che considerano con serietà il battesimo, aiutano le persone mostrando loro la solennità del battesimo e la gioia di essere battezzati.
Molto altro può essere detto sul battesimo. Per ora ti lascio studiare 1 Corinzi 1:13-17 che ci fornisce un importante (e spesso trascurato) passo sul battesimo e ci ricorda come questo segno del nuovo patto debba portare unità e purezza nella chiesa.
Possa Dio darci la grande grazia di vedere e applicare queste verità nelle nostre chiese.
Nella foto: Un cappellano militare Statunitense che battezza un caporale nella fontana di Venere e Adone, presso la Reggia di Caserta (1943-1944).
(Traduzione a cura di Fabio Tengattini)
Tematiche: Battesimo, Chiesa, Teologia, Vita Cristiana
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