La vita è dura, e Gesù non la rende più facile

 

 

Sapevi che la vita sarebbe stata così difficile? Io devo essermi perso tutti i corsi dedicati alla delusione e al fallimento. Non ricordo nemmeno nessuna lezione su come diventare adulti. Almeno gli sport erano in qualche maniera realistici, ma né le squadre per cui tifavo, né quelle in cui giocavo hanno mai avuto tanto successo. Più che la gioia della vittoria, ho sperimentato l’agonia tremenda della sconfitta. Ma l’agonia solitamente mutava in estasi grazie ad una capatina al McDonald’s per patatine fritte e un McFlurry. Ah, le meraviglie del metabolismo a diciotto anni!

Un po’ più avanti feci le mie promesse. Nella buona e nella cattiva sorte. In ricchezza e in povertà. In salute e in malattia. Ma come potevo sapere cosa significasse tutto questo a 22 anni? Sei troppo giovane persino per capire di essere povero. Malattia? A quell’età? Quella capita solo d’estate quando i ragazzi sono obbligati a portare le fidanzate a fare shopping. 

 

Quando la vita sembra peggiore, ci dicono “migliorerà”. Ma che si fa se non migliora?

 

Hai bisogno di più di un cliché quando la vita vera fa capolino. Perché la vita è dura. Non sai sempre cosa ti accadrà. Sai solo che succederà. Dipendenza. Depressione. Disoccupazione. Mutui. Rifiuti. Per me la parte difficile arrivò in un gruppo di tre: non riuscivo a trovare un lavoro; io e mia moglie non riuscivamo ad avere un bambino; perdemmo gran parte dei nostri risparmi nella Grande Recessione in America.

Non sapevo se sarebbe andato tutto bene. Niente mi era stato promesso. Nemmeno il lavoro che cercavo dopo tre anni in più di studio all’università. Lasciai dei colleghi meravigliosi per seguire quella che credevo fosse la volontà di Dio. Ma cosa dovevo dimostrare? Non mi era stato promesso nemmeno un bambino. Mi chiedevo se io e mia moglie avessimo aspettato troppo a lungo. Sembrava così facile per i nostri amici e familiari avere tutto ciò che desideravano. Volevano un bambino, avevano un bambino…o due, o tre, o quattro. Non mi era stata promessa sicurezza finanziaria. Facemmo la giusta scelta di comprare una casa. Finché non divenne più la giusta scelta. Infatti, era il tipo di decisione che fai a 23 anni e ti perseguita ancora a 33. E insieme ai prestiti per poter proseguire gli studi, e nessuna garanzia di una carriera remunerativa, non sapevo come provvedere ai bambini che non potevamo avere. 

 

“Quando la vita sembra peggiore di quello che ci aspettavamo, ci dicono “migliorerà”.

Ma che si fa se non migliora?”

 

Non potevo cambiare le mie circostanze. E questa era la parte più dura per me. Sono uno che aggiusta le cose. Che le pianifica. Mi hanno insegnato da bambino che se lavori sodo puoi raggiungere i tuoi obiettivi. E nella gran parte dei casi quel consiglio si dimostrò vero. Quando lavoravo sodo, accadevano cose buone… finché non accaddero più. Ero stato responsabile. Scrupoloso. Diligente. Non importava. Gli effetti furono gli stessi che se avessi oziato al lavoro, guardato Netflix invece di studiare e scommesso tutti i miei averi su quelle brutte squadre sportive che ancora amo. 

Come procedi quando lo slogan della tua vita si rivela una bugia? Se sei come me, innanzitutto ti disperi. Non ho gestito bene le cose. Ero smarrito. E più guardavo dentro di me per trovare risposte e soluzioni, più diventavo frustrato. Non trovavo la via. Non trovavo pace. Dopo tutto, io sono quello che si è cacciato in questa situazione. Perché pensavo di poterne uscire dalla stessa via? Non avevo il controllo. E quella fu la parte più dura da gestire per me. 

Ho imparato che ci sono molti sentieri per smarrire la via. E uno solo per trovarla. 

 

Il mio pastore 

Durante questa dura prova, sapevo di essere un cristiano. Dio mi aveva stravolto all’età di 15 anni facendomi sperimentare la sua grazia. Vorrei avere le parole giuste per raccontarvela. Mi ricordo solo che un giorno ero un adolescente pensieroso che non si comprendeva e non trovava il suo posto nel mondo. Il giorno successivo avevo conosciuto la gioia e l’appartenenza. Non credo di aver compreso più di questo all’epoca. In un certo senso avevo finalmente provato la verità di cui prima mi avevano solo parlato: che Gesù mi amava e aveva perdonato i miei peccati, e che avrei vissuto con Lui per sempre.

Questa conversione mi sorprese, perché tutto ciò che avevo sperimentato della chiesa fino a quel momento era una partecipazione controvoglia.  Non vedevo l’ora di poter uscire dalla chiesa. Non capivo tutto quell’entusiasmo. Ci sono molti modi migliori per passare la domenica. Dormire. Guardare le partite di calcio e dormire ancora. A meno che questa cosa del cristianesimo fosse vera. Ma sicuramente non sembrava vera a molte delle persone della chiesa che conoscevo. Perché disturbarsi a vestirsi bene e trascinarsi fuori di casa per ascoltare vecchi canti e un breve messaggio di dubbia rilevanza? Gesù poteva essere risorto nel terzo giorno, ma noi non sapevamo come trovarlo. O non volevamo scomodarci a guardare più attentamente. 

Quindi, quando improvvisamente realizzai che Gesù viveva nel mio cuore per fede (Ef. 3:17), fui colto di sorpresa, e ,insieme a me, i miei amici e la mia famiglia. Ed ero improvvisamente felice. Questa era la cosa più strana. Sono sempre stato conosciuto per essere una persona abbastanza seria, anche da bambino. Non riesco a fare amicizia velocemente con brevi chiacchierate, eppure, Gesù mi rese felice. Mi sentivo come se mi fossi ritrovato e avessi scoperto il modo in cui dovevo essere. La verità è che ero perso dentro di me, ma Gesù era venuto a trovarmi.

Nella chiesa dove sono cresciuto, sul retro c’era una bellissima vetrata dipinta. Gesù teneva un bastone da pastore con una mano e nell’altra aveva un piccolo agnello. È il classico simbolismo che dai per scontato se cresci in chiesa. Ma è comprensibile che possa destabilizzare se leggi la Bibbia per la prima volta e ti fai delle domande su tutte quelle descrizioni apparentemente fuori moda di Dio come pastore. 

 

Probabilmente l’esempio più famoso viene dal Salmo 23:

L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà. 

 Egli mi fa giacere in pascoli di tenera erba, mi guida lungo acque riposanti. 

Egli mi ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome. 

Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga sono quelli che mi consolano. 

Tu apparecchi davanti a me la mensa in presenza dei miei nemici; tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca. 

Per certo beni e benignità mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita; e io abiterò nella casa dell’Eterno per lunghi giorni.

 

Vediamo qui l’immagine di un Dio che va avanti al suo popolo e cammina accanto a loro. Il salmista, Davide, percepisce Dio come un compagno intimo, un conforto sicuro. Quando Gesù si presenta in carne umana, in ciò che noi conosciamo come Nuovo Testamento, raccoglie questa immagine di Dio. E la applica a se stesso, come buon pastore (Giovanni 10:11). Ma Gesù confonde proprio quelle persone che avevano letto, recitato e cantato il Salmo 23 per tutta la loro vita. Vedi, a Gesù non piacciono i leader religiosi. E loro non approvano Lui, perché lui preferisce stare e mangiare con i peccatori, quelli esclusi dalla loro società educatamente religiosa. 

 

“Gesù capovolge le aspettative religiose. L’inizio della fila è in realtà la fine. Solo il perduto sarà ritrovato. Anche la persona più insignificante agli occhi del mondo, ha un’importanza infinita per Dio”. 

 

Gesù capovolge le aspettative religiose. L’inizio della fila è in realtà la fine. Solo il perduto sarà ritrovato. Anche la persona più insignificante agli occhi del mondo, ha un’importanza infinita per Dio. Gesù lo spiegò raccontando ai capi religiosi questa storia:

“Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: <Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta>. Vi dico che così ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento”   (Luca 15:4-7)

 

Solo il perduto sarà ritrovato. E le novantanove che non realizzano di essere smarrite non troveranno mai la loro via per ritornare a Dio. 

 

Stupenda Grazia

Non so se tu conosca Gesù o no. Non so se tu sia cresciuto in chiesa, o con un’altra religione, o senza alcuna religione. Qualsiasi sia il tuo passato, voglio chiederti: hai mai incontrato veramente Gesù? L’hai mai sentito parlare attraverso le pagine della Sua Parola? Conosci la sua buona notizia, o ne senti parlare soltanto attraverso i religiosi che compaiono in TV?

Il Gesù della storia, il Gesù che vive ieri, oggi e in eterno, potrebbe sorprenderti. Sorprese ogni persona che incontrò durante i suoi poco più di 30 anni che camminò tra noi. E senza dubbio, nessuno ha mai parlato come lui, allora o oggi. Parlava con autorità, ma anche con il tocco gentile di un amico intimo e fidato. Parlava con coerenza, attraverso gli anni e con spettatori diversi. La storia che conosciamo di Gesù proviene da testimoni che lo hanno seguito per anni. Questi testimoni gli credevano, anche se non sempre lo comprendevano. Fino alla sua morte sulla croce, alla sua resurrezione il terzo giorno, e le sue successive apparizioni tra di loro, non avevano veramente compreso il suo scopo, il suo messaggio, il suo vangelo. Ma una volta che lo afferrarono, non lo dimenticarono più. Una volta che realizzarono che erano smarriti, lui li trovò.

Gesù insegnò ai suoi discepoli molte cose durante i tre anni di ministero. Ma nessuna di esse aveva un senso reale finché non uscirono dall’ombra della delusione durante i giorni bui seguiti alla croce. Dopo la sua resurrezione, Gesù li aiutò a scoprire le loro vere identità. Era stato questo il suo piano, tutto il tempo. E quel piano comprendeva la sua stessa morte. Disse loro:

“In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita, la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà in vita eterna. Se uno mi serve, mi segua; e là dove sono io, sarà anche il mio servitore; se uno mi serve, il Padre l’onorerà”. (Giovanni 12:24-26)

 

Tutto faceva pensare che sulla croce Gesù avesse perso. La sua missione era fallita. I capi religiosi finalmente l’avevano catturato e sconfitto. Le autorità romane avevano aggiunto un’altra tacca alla loro cruenta e sanguinosa cintura. Ma Gesù ci dice che non è così che funziona il Regno di Dio. La morte porta vita. Se vivi solo per oggi, temerai il domani.

 

È difficile trovare un insegnamento più chiaro da parte di Gesù, sebbene possa sembrare strano alle orecchie moderne. Oggi ci viene detto di trovare le nostre identità guardandoci dentro. Ci dicono che amare significa accettare gli altri così come sono. Ma non funziona. A volte non facciamo ciò che vorremmo. Feriamo altre persone e loro feriscono noi. Noi programmiamo, e gli altri ci distruggono i piani. Ci arrabbiamo contro il male di questo mondo. E il male sembra crescere. Cosa può spezzare il circolo di odio?

 

Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”. (Matteo 10:39)

 

Cosa vuol dire? Tutti possono amare chi ci ama. Tutti possono ringraziare Dio quando le cose vanno bene. Ma cosa ti può dare la forza di amare e perdonare e riconciliarti con qualcuno che ti ha ferito? Cosa potrebbe farti provare riconoscenza anche se non hai ottenuto la promozione, o la borsa di studio, o la ragazza? La stessa forza che ha fatto gridare Gesù dalla croce: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34). Solo il Regno di Dio può aiutarci a trovare speranza in un mondo perso. Quando prendiamo quella croce e lo seguiamo, troviamo il senso di una vita degna di essere vissuta. 

 

“Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo, la salverà. E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima sua?” (Marco 8:34-36).

 

Per trovare la tua vita, la devi perdere per amore di Gesù. Per scoprire la tua vera identità devi dimenticare questo mondo. Questo libro, Lost and Found: How JesusHelpedUsDiscoverOur True Selves, (Perso e Ritrovato: Come Gesù ci ha aiutati a scoprire le nostre vere identità, N.d.T.) si propone di aiutarti a comprendere e credere a queste parole di Gesù. Vogliamo che tu sappia come affrontare qualsiasi asperità con fede e pace. Vogliamo che tu possa vedere come l’amore vince sul male con il bene. Vogliamo presentarti il Solo che porta guarigione e speranza e uno scopo alla vita. Vogliamo che tu perda la tua vita, così che Dio ti possa trovare. 

 

“Oggi ci viene detto di trovare le nostre identità guardandoci dentro.

Ci dicono che amare significa accettare gli altri così come sono. Ma non funziona in questo modo”.

 

Non ho mai visto la vita diventare più semplice. O meglio, ho visto che Dio è con me. Che Gesù cammina con me attraverso la valle dell’ombra della morte. Che lascia le 99 per trovare me quando grido a Lui. Che non mi promette nulla in questo mondo se non che il Dio dell’universo mi vede, mi conosce e mi ama, e che nel mondo venturo lo vedrò faccia a faccia, quando solleverà il peso del peccato e il male di questo mondo decaduto. 

Una volta ero cieco, ma ora posso vedere. Una volta ero perduto, ma Gesù è venuto a trovarmi. Stupenda grazia, che dolce suono! Ha salvato un disgraziato come me (parole tratte dall’originale inglese della canzone “Stupenda Grazia”).

 

NOTA DEL REDATTORE: Questo è un brano adattato dal libro Lost and Found: How JesusHelpedUsDiscoverOur True Selves(The Gospel Coalition, 2019), di Collin Hansen.

 

 

Traduzione a cura di Alessia Pescarmona

 

 

Tematiche: Prova, Sofferenza, Speranza, Vita Cristiana

Collin Hansen

Collin Hansen

(Master of Divinity presso la Trinity Evangelical Divinity School) è vice presidente ed editor per Gospel Coalition. Gestisce il podcast Gospelbound ed è co-autore di Gospelbound: vivere con speranza risoluta in un’età ansiosa. È anche anziano della Redeemer Community Church a Birmingham, Alabama e fa parte del comitato consultivo della Beeson Divinity School. Potete trovarlo su Twitter come @collinhansen.

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