La sofferenza mi ha insegnato la sovranità di Dio

 

 

Gesù mi ha salvato trentasette anni fa. Un bidello del college che frequentavo predicava l’evangelo durante la ricreazione. Alla fine mi sono pentito ed ho creduto, e Gesù mi ha salvato dalla tragedia di non conoscere Dio.

Dio mi diede la brama di conoscerlo, così mi misi a leggere e rileggere la Bibbia, pregai e pregai, e mi gettai a capofitto nella chiesa. Crescendo, sono stato esposto agli insegnamenti riformati sulla sovranità di Dio ed ho imparato che lui fa cooperare i suoi scopi nella mia vita e tutte le cose per la sua gloria e per il bene di quelli che lo amano. Seguire Dio è diventata la passione della mia vita.

Ho trascorso la maggior parte del mio tempo all’università nella pastorale del campus, e poi ho proseguito la formazione in seminario. Terminati gli studi, Dio mi ha benedetto con una moglie meravigliosa. Poi mi ha chiamato a pasturare una chiesa in un isolato a nord dell’epicentro delle rivolte del 1992 a Los Angeles. Dio si stava muovendo. E mentre lui salvava i peccatori e li maturava come suoi seguaci, faceva anche crescere la mia famiglia con dei figli, uno ogni due anni, fino a quando non ne abbiamo avuti sei.

Ho potuto vedere Dio all’opera in maniera sovrana in me e attraverso me. La mia vita non poteva essere più felice di così. Ma Dio voleva approfondire la mia relazione con lui, così ha portato la sofferenza.

 

La nostra ragazza ha il cancro

Un giorno mia figlia di 8 anni tornò a casa dal pigiama party di un’amica con il torcicollo. Il problema peggiorò progressivamente nel corso di tre settimane, e ogni settimana la portammo dal medico, ma niente le fece passare il dolore. Poi una sera mia moglie tornò a casa senza di lei.

Mentre visitavano la nonna, nostra figlia aveva detto di non sentirsi bene, così mia moglie l’aveva lasciata lì a dormire. La mia preoccupazione cresceva. Avevo pregato quella mattina: “Dio, per favore mostraci cosa non va in nostra figlia”. Dio rispose alla mia preghiera. Il nostro telefono squillò alle due quella mattina. Era la nonna. Ci disse che nostra figlia aveva provato ad alzarsi per andare al bagno ma non era riuscita a stare in piedi. Perciò andammo di corsa al pronto soccorso, e la portai in braccio all’ospedale.

Io e mia moglie rimanemmo ore in una stanza fredda e poco illuminata. Poi arrivò il dottore e ci disse che nostra figlia aveva un cancro. Dopo aver fatto molti altri esami il giorno successivo, l’oncologo ci disse che aveva una forma di cancro potenzialmente terminale. Ci disse che le nostre vite non sarebbero state più le stesse. Per l’età di mia figlia, io e mia moglie ci alternammo notte e giorno vivendo nella terapia intensiva pediatrica e nelle stanze di isolamento mentre mia figlia si sottoponeva ai trattamenti.

 

Terapia intensiva pediatrica e preghiere senza risposta

Ogni giorno vedevo bambini soffrire dolori lancinanti, e la notte sentivo le loro grida di aiuto senza risposta. Io e mia moglie ci unimmo e ministrammo ad altre quattro famiglie che speravano contro ogni speranza nella guarigione dei loro cari. Pregammo per ciascuno di loro, e per quattro volte Dio ci disse no. La cruda realtà che la morte non risparmia bellissime ragazzine calve ci crollò addosso. Mi sentivo in un incubo, ed ero terrorizzato da come poteva andare a finire.

Piangevo tutti i giorni, ma non davanti a tutti, non davanti a mia moglie, non davanti a mia figlia. Non volevo si scoraggiassero dall’aggrapparsi alla speranza.

Quando i dottori ci dissero che avevano fatto il possibile ma le condizioni di nostra figlia continuavano a peggiorare, chiamai mia madre. I miei genitori vivevano in Virginia. Le dissi che lei e papà dovevano venire il prima possibile perché a quanto pare la nostra piccolina non aveva molto tempo. Mentre parlavo con mia madre, in piedi su un cavalcavia dell’ospedale, scoppiai a piangere in maniera incontrollabile.

Poi ebbi una conversazione con mia figlia che prego tu non possa mai avere con uno dei tuoi. Le dissi: “Tesoro, potresti morire presto e andare a vedere Gesù, perciò è importante che tu creda in lui”. 

 

Non la mia volontà

Il dolore lancinante che sentivo mi spinse più vicino a Dio. Pregavo con più fervore che mai. Un giorno mi convinsi che non pregavo come il Signore, che nella sua passione implorò tre volte nel giardino del Getsemani. Ed ogni volta si arrendeva al Padre: “Non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu” (Marco 14:32-42).

Mentre Dio mi convinceva, nel mio cuore iniziò una lotta feroce. Mi ritrovai a rifiutare di pregare per qualsiasi cosa che non fosse la mia volontà, cioè volevo che Dio guarisse mia figlia. Così, con il suo fare paterno, Dio mi aprì la mano perché lasciassi mia figlia nelle sue braccia, infinitamente più forti ed amorevole delle mie. Nel seminario mi era stato insegnato che quando si vedono due supporti per le flebo durante le visite in ospedale, di solito sta ad indicare che la persona è molto malata. Mia figlia ne aveva tre ed in più un accesso diretto nel braccio.

Per rimuoverle i liquidi in eccesso nel corpo, i medici dovettero eseguire una procedura che mi richiese di tenere mia figlia giù. Mentre lo facevo, lei mi guardava e gridava: “Papà, aiutami! Papà, aiutami!”. Tenni duro finché non terminarono. Poi barcollai in corridoio e arresi mia figlia a Dio. Avevo lottato con Dio e lui aveva vinto.

Con le lacrime che mi rigavano il viso, pregai: “Non la mia volontà, ma la tua sia fatta. Lei ti è sempre appartenuta, non è mai stata mia. Tu l’hai sempre amata più di me e sei stato il suo miglior custode”.

 

Dio fa tutto ciò che gli piace

Alla fine, Dio mi insegnò per esperienza ciò che avevo appreso teologicamente molto tempo prima. Dio fa sempre ciò che gli piace, e ciò che gli piace è il meglio.

Lo spazio non mi permette di raccontarvi come Dio guarì miracolosamente mia figlia. Ciò che Dio fece è stato così sorprendente che se ad Hollywood avessero trasformato la nostra storia in un film, gli spettatori l’avrebbero definita smielata e poco realistica. Persone pregarono per noi in tutto il mondo e si rallegrarono quando nostra figlia uscì dall’ospedale libera dal cancro (1 Corinzi 1:10-11). Mia moglie, timorata di Dio, dice che, potendo, sceglierebbe di affrontare di nuovo tutto daccapo, per quello che ha imparato su Dio. Ho conosciuto la pace e la gioia che vengono dal sapere che Dio è buono anche quando soffriamo e che è un bene che lui faccia sempre come gli piace.

Nell’aprile di quest’anno, Dio mi ha dato la gioia di accompagnare per la seconda volta il mio miracolo (ormai cresciuta) lungo la navata di una chiesa, questa volta in matrimonio.

 

Dio grida nel nostro dolore

C.S. Lewis una volta scrisse a proposito della sofferenza in Il problema del dolore, “Dio ci sussurra nei nostri piaceri, parla nella nostra coscienza, ma grida nel nostro dolore: è il suo megafono per svegliare un mondo che è sordo” (91). Dio ha diretto il suo megafono su me diciassette anni fa, e non ho sperimentato niente che abbia profondamente influenzato la mia vita e il mio ministero più di questo.

Attraverso la sofferenza, Dio ci insegna ad essere perseveranti nella preghiera. Ci rivela che le sue vie sono infinitamente più grandi di quelle che la nostra mente limitata può comprendere, e che la sua misericordia è così grande da ascoltare il nostro grido di aiuto. Lui ci invita a lottare con lui perché vuole che sappiamo che il risultato che ne consegue è il meglio. Possiamo quindi riposare, sapendo che lui ci ha ascoltato, che si prende cura di noi, e che userà la sua risposta per il nostro bene e la sua gloria, anche quando non allontanerà da noi la sofferenza ma risponderà: “La mia grazia ti basta” (2 Corinzi 12:9).

Questo articolo sarebbe fuorviante se non confessassi che come marito, padre e pastore, ancora vacillo di fronte alla sofferenza. Ma sono veramente grato che Dio, attraverso la sua parola, grazie a ciò che compie nella mia vita e nelle vite dei fratelli, mi insegni che ciò che lui stabilisce è il meglio.

Infatti posso sentire Mamma Simmons, una cara sorella della nostra chiesa che ha sofferto come Giobbe  più di chiunque io conosca, che dice: “Pastore, dove Dio mette un punto noi non possiamo cambiarlo con una virgola”, e poi citare: “Dio è buono sempre, e sempre, Dio è buono”. Sì, sempre, anche nelle prove più oscure.

 

 

Tradotto a cura di Susanna Giovannini

 

Tematiche: Sofferenza, Sovranità di Dio, Vita Cristiana

Bobby Scott

Bobby Scott

È pastore della Community of FaithBible Church nell’area di Los Angeles. Ha a cuore la sua preziosa moglie Naomi e i loro sei figli. Il suo desiderio consumante è essere usato da Dio per rafforzare la chiesa locale, e crede che questo obiettivo si possa concretizzare al meglio edificando le famiglie e sviluppando un ministero sull’insegnamento della parola di Dio.

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