La maestà di Dio lo ha sopraffatto

 

GIOVANNI CALVINO (1509-1564)

 

Nel 1538, il cardinale italiano Sadoleto scrisse ai governanti di Ginevra cercando di riportarli alla Chiesa cattolica romana dopo che essi si erano rivolti agli insegnamenti della Riforma. La risposta di Giovanni Calvino a Sadoleto rivela la radice del contrasto di Calvino con Roma che avrebbe determinato tutta la sua vita.

 

Ecco cosa Calvino scrisse al cardinale: “Il vostro zelo per la vita celeste è uno zelo che mantiene l’uomo interamente devoto a se stesso e non lo stimola, minimamente, a santificare il nome di Dio” (John Calvin: Selections from His Writings, 89). La questione per Calvino non era, prima di tutto, il noto punto fermo della Riforma, cioè la giustificazione, gli abusi sacerdotali, la transustanziazione, le preghiere ai santi e l’autorità papale. Tutti questi argomenti venivano affrontati, ma dietro a questi, la questione fondamentale per Calvino, dall’inizio alla fine della sua vita, era la questione della centralità, della supremazia e della maestà della gloria di Dio.

 

Calvino continua e dice a Sadoleto che quello che avrebbe dovuto fare — e che Calvino si propone di fare per tutta la sua vita — è “porre davanti [all’uomo], cioè al primo sciopo o della sua esistenza, lo zelo di illustrare la gloria di Dio” (Selections, p. 89). Questo è uno stemma della vita e dell’opera di Giovanni Calvino: lo zelo per illustrare la gloria di Dio. Il significato essenziale della vita e della predicazione di Calvino è che egli ha recuperato e incarnato la passione per la realtà e la maestà assoluta di Dio.

 

Fatto prigioniero per la gloria

Che cosa è successo a Giovanni Calvino per farne un uomo così sopraffatto dalla maestà di Dio? E che tipo di ministero ha prodotto nella sua vita?

 

Calvino nacque il 10 luglio del 1509 a Noyon, in Francia, quando Martin Lutero aveva 25 anni e aveva appena iniziato a insegnare la Bibbia a Wittenberg. All’età di 14 anni, suo padre lo mandò a studiare teologia all’Università di Parigi, che a quel tempo non era stata toccata dalla Riforma ed era immersa nella teologia medievale. Ma cinque anni dopo (quando Calvino aveva 19 anni), suo padre si scontrò con la chiesa e disse al figlio di abbandonare la teologia e di studiare Legge, cosa che fece per i tre anni successivi ad Orleans e Bourges.

 

Il padre morì nel maggio del 1531, quando Calvino aveva 21 anni. Calvino si sentì allora libero di passare da Legge al suo primo amore, che erano diventati gli studi classici. Pubblicò il suo primo libro, un commento a Seneca, nel 1532, all’età di 23 anni. Ma a un certo punto di questi anni entrò in contatto con il messaggio e lo spirito della Riforma, e nel 1533 qualcosa di drammatico accadde nella sua vita.

 

Calvino racconta, sette anni dopo, come avvenne la sua conversione. Descrive come aveva lottato per vivere la fede cattolica con zelo quando

 

Finalmente ho percepito, come se la luce fosse penetrata dentro di me, in che porcile avevo sguazzato, e quanto inquinamento e impurità avessi contratto. Essendo estremamente allarmato dalla miseria in cui ero caduto… come in dovere di fare il mio dovere, [ho] fatto in modo che fosse il mio primo compito di convertirmi alla tua via [O Dio], condannando la mia vita passata, non senza lamenti e lacrime.

Dio, con un’improvvisa conversione, ha sottomesso e ha portato la mia mente in una cornice adatta all’insegnamento… Avendo così ricevuto un po’ di gusto e di conoscenza della vera pietà, sono stato subito infliammato con [un] intenso desiderio di fare progressi. (Selections, p26)

 

Qual è stato il fondamento della fede di Calvino che ha dato vita a una esistenza totalmente dedicata a mostrare la gloria e la maestà di Dio? La risposta sembra essere che Calvino improvvisamente, come lui dice, vide e assaporò nella Scrittura la maestà di Dio. E in quel momento, sia Dio sia la parola di Dio furono così fortemente e indiscutibilmente autenticati alla sua anima che egli divenne il servo amorevole di Dio e della Sua parola per il resto della sua vita. D’ora in poi egli diventerà un uomo completamente devoto a mostrare la maestà di Dio attraverso l’esposizione della Parola di Dio.

 

Impegnato a Ginevra

Che forma avrebbe assunto questo ministero? Calvino sapeva quello che voleva. Voleva il godimento della libertà letteraria per poter promuovere la fede riformata come studioso di letteratura. Questo è ciò per cui pensava di essere tagliato per natura. Tuttavia Dio aveva piani radicalmente diversi.

 

Nel 1536, Calvino lasciò la Francia, portando con sé il fratello Antoine e la sorella Marie. Intendeva andare a Strasburgo e dedicarsi a una vita di pacifica produzione letteraria. Ma una notte, mentre Calvino soggiornava a Ginevra, William Farel, il leader della Riforma in quella città, scoprì che era lì e lo cercò. Fu un incontro che cambiò il corso della storia, non solo per Ginevra, ma per il mondo. Calvino ci racconta cosa è successo nella sua prefazione al suo commento ai Salmi:

 

Farel, che bruciava con uno straordinario zelo per far progredire il Vangelo, apprese subito che il mio cuore si dedicava agli studi privati per i quali volevo mantenermi libero da altre occupazioni, e, trovando che non guadagnava nulla con le suppliche, continuò a dire che Dio avrebbe maledetto il mio ritiro e la tranquillità degli studi che cercavo, se mi fossi ritirato e avessi rifiutato la richiesta d’aiuto, poichè la necessità era così urgente. Da questo atteggiamento sono stato così terrorizzato che ho desistito dal viaggio che avevo intrapreso. (Selections, 28)

 

 

Mi sono sforzato, sia nelle mie prediche che nei miei scritti e commenti, di predicare la Parola in modo puro e casto, e di interpretare fedelmente le Sue Sacre Scritture”

 

Il corso della sua vita fu irrevocabilmente cambiato. Non solo geograficamente, ma vocazionalmente. Mai più Calvino avrebbe lavorato in quella che chiamava la “tranquillità degli studi”. D’ora in poi, ogni pagina dei 48 volumi dei libri e dei trattati e delle prediche e dei commenti e lettere che scrisse sarebbe stata martellata sull’incudine della responsabilità pastorale.

 

Un’ implacabile esposizione

Una volta arrivato a Ginevra, che tipo di ministero produsse il suo impegno per la maestà di Dio? Parte della risposta è che produsse un ministero di una stabilità eccezionale—un ministero, per usare la stessa descrizione di Calvino dei ministri fedeli della Parola, di “invincibile costanza” (Sermons from Job, p.245). Ma questa è solo la metà della risposta. La costanza aveva un punto focale: un’ implacabile esposizione della Parola di Dio.

 

Calvino aveva visto la maestà di Dio nelle Scritture. Questo lo convinse che le Scritture erano la parola stessa di Dio. Egli disse: “Noi dobbiamo alla Scrittura la stessa riverenza che dobbiamo a Dio, perché essa procede solo da Lui, e non ha nulla dell’uomo mescolato con essa” (John Calvin: A Collection of Distinguished Essays, p. 162). La sua stessa esperienza gli aveva insegnato che “la prova più alta della Scrittura deriva in generale dal fatto che Dio in persona parla in essa” (Institutes of the Christian Religion, 1.7.4). Queste verità portarono a una conclusione inevitabile per Calvino. Poiché le Scritture sono la voce stessa di Dio, e quindi si autenticano da sè nel rivelare la maestà di Dio, e poiché la maestà e la gloria di Dio sono la ragione di tutta l’esistenza, ne consegue che la vita di Calvino sarebbe stata segnata da una “invincibile costanza” nell’esposizione della Scrittura.

 

Scrisse trattati, scrisse l’Istituzione, scrisse commenti (su tutti i libri del Nuovo Testamento tranne l’Apocalisse, più il Pentateuco, i Salmi, Isaia, Geremia e Giosuè), tenne delle lezioni bibliche (molte delle quali furono pubblicate come commentari), predicò dieci sermoni ogni due settimane. Ma tutto questo era solo esposizione della Scrittura. Nelle sue ultime volontà e nel testamento scrisse: “Mi sono sforzato, sia nelle mie prediche che nei miei scritti e commenti, di predicare la Parola in modo puro e casto, e di interpretare fedelmente le Sue Sacre Scritture” (Selections, 35).

 

Questo è stato il ministero scaturito dalla visione della maestà di Dio nella Scrittura. Le Scritture erano assolutamente centrali perché erano assolutamente la parola di Dio e avevano come tema autoreferenziale la maestà e la gloria di Dio. Ma di tutte queste fatiche di esposizione, la predicazione era la più alta.

 

La voce di Dio in ogni verso

La predicazione di Calvino è stata di un solo tipo dall’inizio alla fine: predicava costantemente la Bibbia, libro dopo libro. Non si è mai allontanato da questo approccio alla predicazione per quasi 25 anni di ministero nella chiesa di San Pietro a Ginevra—ad l’eccezione delle grandi feste e le occasioni speciali. “La domenica prendeva sempre il Nuovo Testamento, tranne qualche salmo la domenica pomeriggio. Durante la settimana… si trattava sempre l’Antico Testamento”.

 

Per darvi un’idea della funzione del pulpito di Calvino, egli iniziò la sua serie sul libro degli Atti il 25 agosto del 1549, e la terminò nel marzo 1554. Dopo gli Atti passò alle Lettere ai Tessalonicesi (46 prediche), ai Corinzi (186 prediche), alle Lettere pastorali (86 prediche), ai Galati (43 prediche), agli Efesini (48 prediche)—fino al maggio del 1558. Poi ci fu uno stacco a causa della malattia. Nella primavera del 1559, iniziò con la sinossi dei Vangeli e non fu terminata fin quando morì nel maggio del 1564. Nei giorni feriali di quella stagione predicò 159 sermoni su Giobbe, 200 sul Deuteronomio, 353 su Isaia, 123 sulla Genesi, e così via.

 

Una delle illustrazioni più chiare che questa fu una scelta consapevole da parte di Calvino fu il fatto che il giorno di Pasqua del 1538, dopo aver predicato, lasciò il pulpito di San Pietro, bandito dal Consiglio Comunale. Ritornò a Ginevra nel settembre del 1541, più di tre anni dopo, e riprese l’esposizione del verso successivo.

 

La maestà divina della Parola

Perché questo notevole impegno per la centralità della predicazione espositiva consecutiva? Tre ragioni sono valide oggi come nel XVI secolo.

 

In primo luogo, Calvino credeva che la Parola di Dio fosse una lampada che era stata tolta alle chiese. Egli disse nella sua testimonianza personale: “La tua parola, che avrebbe dovuto brillare su tutto il tuo popolo come una lampada, è stata portata via, o almeno soppressa per quanto riguarda noi”. Calvino riteneva che l’esposizione progressiva dei libri della Bibbia fosse il modo migliore per superare “il terribile abbandono della Parola di Dio” (Selections, p. 115).

 

In secondo luogo, il biografo T.H.L. Parker dice che Calvino aveva un forte orrore di coloro che predicavano le proprie idee sul pulpito. Egli disse: “Quando saliamo sul pulpito, non dobbiamo portare con noi i nostri sogni e le nostre fantasie” (Portrait of Calvin, 83). Credeva che esponendo le Scritture nel loro insieme, sarebbe stato costretto ad affrontare tutto ciò che Dio voleva dire, non solo ciò che avrebbe voluto dire.

 

In terzo luogo, egli credeva con tutto il cuore che la parola di Dio fosse davvero la parola di Dio, e che tutto ciò fosse ispirato e fecondo e radioso per la luce della gloria di Dio. Nel discorso numero 61 sul Deuteronomio, sfidò i pastori del suo e del nostro tempo:

 

I pastori facciano in modo che sfidino tutte le cose con coraggio per mezzo della parola di Dio… Costringano tutta la potenza, la gloria e l’eccellenza del mondo per dare spazio all’obbedienza della maestà divina di questa parola. Ordinino a tutti per mezzo di essa, dal più grande al più piccolo. Edifichino il corpo di Cristo. Devastino il regno di Satana. Pascino le pecore, uccidano i lupi, istruiscano ed esortino i ribelli. Leghino e sciolgano tuoni e   fulmini, se necessario, ma facciano tutto secondo la parola di Dio“. (Sermons on the Epistle to the Ephesians, xii)

 

La frase chiave qui è “la maestà divina di questa parola”. Questo è sempre stato il punto radicale di Calvino. Come potrebbe mostrare al meglio per tutta Ginevra e per tutta l’Europa e per tutta la storia la maestà di Dio? Egli rispose con una vita di continua predicazione espositiva.

 

Per questo la predicazione rimane un evento centrale nella vita della chiesa cinquecento anni dopo Calvino. Se Dio è il grande, assoluto, sovrano, misterioso, glorioso Dio della maestà che Calvino vide nella Scrittura, ci sarà sempre una predicazione, perché più questo Dio è conosciuto e più questo Dio sarà centrale, più sentiremo che non deve essere solo analizzato e spiegato—deve essere acclamato, annunciato e magnificato con esultanza espositiva.

 

 

Traduzione a cura di Andrea Lavagna

 

 

Tematiche: Biografie

John Piper

John Piper

È il fondatore di Desiring God, per il quale ricopre anche il ministero di insegnante, inoltre, è il rettore del Bethlehem College & Seminary. Ha servito per trentatré anni come pastore presso la chiesa battista Bethlehem Baptist Church di Minneapolis, in Minnesota e ha scritto più di cinquanta libri, tra cui e Non sprecare la tua vita (Ed Coram Deo), Rischiare è giusto (Ed Coram Deo), Coronavirus e Cristo (Ed Coram Deo), Stupefatto da Dio (Ed Coram Deo) e Desiderare Dio.

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