Il pentimento va oltre il senso di colpa?
Il pentimento è una dottrina chiave della fede cristiana. Dal grido di Giovanni Battista nel deserto nei Vangeli (Matteo 3:2, Marco 1:4, Luca 3:3) alla difesa di Paolo davanti al re Agrippa (Atti 26:20) e oltre, è un argomento ricorrente nell’insegnamento del Nuovo Testamento. Infatti, subito dopo la sua risurrezione, Gesù disse ai suoi discepoli: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme” (Luca 24:46-47). L’invito al pentimento, ha detto il Signore, è una parte fondamentale dell’annuncio del Vangelo.
Tuttavia, molti cristiani non sembrano capire cosa sia il pentimento, e anche quelli che credono che sia importante tendono ad abbracciare un’immagine incompleta. Alcune chiese cupe e tetre esortano costantemente alla confessione del peccato, ma non offrono mai una cura adeguata. Altre ci esortano a “lasciar andare e lasciar fare a Dio”, trattando giustamente Gesù come l’antidoto alla solitudine e alla mancanza di scopo, ma senza mai affrontare veramente il problema principale che Egli è venuto ad affrontare: il nostro peccato.
A differenza di queste due immagini incomplete, il pentimento biblico è un cambiamento di vita fondamentale che richiede sia un allontanamento dal peccato sia un avvicinamento a Dio e comporta sia un cambiamento di mente e di cuore sia un cambiamento di comportamento: “Mi sono veramente pentito?”.
Il pentimento biblico significa allontanarsi dal peccato
Gli esseri umani sono peccatori. Camminiamo tutti secondo i nostri interessi egocentrici, a meno che Dio non rinnovi i nostri cuori. Sebbene ci possa essere una componente religiosa nella nostra vita possiamo frequentare spesso la chiesa o fare buone opere in fondo: ognuno di noi va per la sua strada (Isaia 53:6). Se scopriamo però la santità di Dio rivelata nella sua legge e nei suoi comandamenti, riconosceremo che non stiamo rispettando lo standard di Dio per una vita corretta. Per questo motivo, siamo colpevoli davanti a Lui.
Oggi è comune pensare che qualsiasi senso di colpa sia controproducente e sbagliato. Se è vero che esiste un senso di colpa patologico da cui dobbiamo liberarci, è anche vero che abbiamo una vera colpa davanti a Dio. Quando avvertiamo questo senso di colpa, non dobbiamo ignorarlo, né pensare di aver fatto abbastanza, semplicemente sentendolo. Dobbiamo reagire. Comprendere la nostra colpa apre la porta alla possibilità di perdono e di liberazione quando ci allontaniamo dal peccato che ci ha reso colpevoli.
Una risposta biblica al senso di colpa implica prima un cambiamento interiore e poi un cambiamento esteriore. La Confessione di Westminster lo descrive bene quando dice:”Il peccatore, non solo per il pericolo, ma anche per l’immondizia e l’odiosità dei suoi peccati, in quanto contrari alla santa natura e alla giusta legge di Dio, ma anche per la sua misericordia in Cristo verso i penitenti, si addolora e odia i suoi peccati…”. Si tratta di una risposta interna al peccato, un cambiamento di prospettiva e di affetti, e si traduce in un cambiamento di comportamento: “Il pentimento, in altre parole, è qualcosa di più del semplice dolore per essere stati scoperti o del rimpianto per le scelte sbagliate fatte in passato. Il dolore divino per il nostro peccato ci porterà a odiare il peccato e a voltarci per cercare di fare il bene (2 Corinzi 7:10).
Il pentimento biblico significa rivolgersi a Dio
Naturalmente, possiamo comprendere la nostra situazione davanti a Dio, arrivare a un punto di rimorso e rifiutare il nostro precedente peccato, senza tuttavia essere pienamente pentiti. Non basta che ci allontaniamo dal peccato, dobbiamo anche rivolgerci a Dio. La Confessione di Westminster, continuando a definire il pentimento, dice proprio questo: “Il peccatore… si addolora e odia i suoi peccati, così da volgersi da essi a Dio, proponendosi e sforzandosi di camminare con Lui in tutte le vie dei suoi comandamenti”.
Il peccato non è un problema che gli esseri umani possono superare con le proprie forze. La Bibbia ci descrive come morti nei nostri peccati e per natura meritevoli dell’ira di Dio
(Efesini 2:1, 3)
A meno che Dio, nella sua grazia, non ci attiri a sé e ci renda vivi in Cristo (Efesini 2:5), rinnovando la nostra mente (Romani 12:2) e trasformandoci in nuove creature (2 Corinzi 5:17), il peccato manterrà la sua presa su di noi, per quanto ci impegniamo a sfuggirgli. In definitiva, allontanarsi dal peccato senza rivolgersi a Dio porta solo alla disillusione. È pericolosamente possibile impegnarsi in ogni tipo di ricerca religiosa senza sperimentare una vera trasformazione, mantenendo un senso di misera indipendenza da Dio anche quando si lotta per vincere il peccato. È una situazione terribile.
La svolta del pentimento richiede che ci affidiamo completamente all’unico che può salvarci. La rivelazione della santità di Dio dovrebbe produrre in noi non solo un senso di colpa, ma anche, cosa più sorprendente, la scoperta del Vangelo: che il Signore Gesù è morto per essere il Salvatore di coloro che si riconoscono colpevoli. Ecco perché il Vangelo è una buona notizia. Non siamo stati lasciati soli a cercare di vivere una vita santa che sarebbe impossibile per noi. Attraverso la morte, la risurrezione e l’esaltazione di Cristo, Dio ha fatto ciò che non avremmo potuto fare da soli.
Nella parabola del figliol prodigo (Luca 15), vediamo entrambi gli aspetti del pentimento. Il figlio minore si trovava in una grave situazione: era in un porcile in terra straniera, terribilmente affamato e senza nessuno che volesse aiutarlo. Si è trovato in quella situazione perché aveva voltato le spalle a suo padre. Quando riconobbe il disordine che aveva combinato nella sua vita, non si limitò a rinunciare alla sua imprudenza e a rimanere in una posizione di rimpianto. Il pentimento ha riportato il giovane sulla strada del suo vagabondaggio peccaminoso fino alla casa paterna. In una dimostrazione di grazia divina, il padre lo salvò dalla sua situazione, proprio come Dio, il nostro Padre celeste, fa per noi in Cristo.
Il pentimento biblico è grave, sincero e pratico
Se intendiamo il pentimento biblico come una questione di allontanamento dal peccato e di ritorno a Dio, ne derivano tre importanti implicazioni.
1 – In primo luogo, il pentimento è una questione di grave urgenza. Quando Giovanni Battista predicò il pentimento nel deserto:
“Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente? Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre. Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco” (Luca 3:7-9)
Era una parola dura, ma era ed è necessaria: dobbiamo pentirci o affrontare il giudizio di Dio. È stata la natura sconcertante del messaggio di Giovanni a indurlo a rivolgersi ai suoi ascoltatori in termini così impavidi e precisi. Gli esseri umani nel loro peccato si trovano in una grave circostanza. Si trovano di fronte alla prospettiva della condanna. Non è una realtà che possiamo aggirare in punta di piedi. Nessuno sussurra, davanti a un incendio, “C’è qualcuno lì dentro?”. Il giudizio imminente per i nostri peccati è terribile e il messaggio di pentimento è urgente. Dobbiamo ascoltarlo e proclamarlo.
2 – Il pentimento deve essere anche una questione di sincerità. È un’ipocrisia volere il perdono per i nostri peccati senza liberarci da essi. Per questo Giovanni ha invitato le persone a “portare frutti conformi al pentimento”, cioè a non dire semplicemente “mi pento!”, ma anche a sperimentare il pentimento e il cambiamento di affetti che si traduce in un cambiamento di comportamento. Non è pentimento il semplice dispiacere di essere stati scoperti, come un bambino sorpreso con le mani nella scatola dei biscotti. No, per grazia di Dio, dobbiamo pentirci del nostro peccato e metterci in marcia verso la santità. La Bibbia dice che senza santità non vedremo il Signore (Ebrei 12:14). Il pentimento sincero è necessario per conoscere Gesù ora e per vederlo nella vita futura.
3 – Il pentimento è quindi anche una questione di intensa praticità. Quando il popolo chiese a Giovanni: “Che cosa dobbiamo fare?”. Giovanni diede loro istruzioni chiare. A coloro che erano stati egocentrici, disse che dovevano invece essere caratterizzati dalla generosità. Richiamò gli esattori delle tasse all’onestà nella raccolta del denaro. Egli chiamò i soldati ad agire con grazia e gentilezza e a non usare il loro potere per i propri scopi. (Luca 3:10-15). Il pentimento biblico, in breve, porta a una profonda trasformazione della vita che tocca ogni aspetto di chi siamo e di come viviamo.
Vi siete pentiti?
Vi siete pentiti in questo modo? Siete stati così addolorati per il vostro peccato da allontanarvi da esso e rivolgervi a Cristo con piena fiducia? Non c’è inizio cristiano se non ci si allontana dal peccato e ci si rivolge a Dio. Comporta una trasformazione completa dei nostri cuori, delle nostre menti e dei nostri propositi, mentre ci appoggiamo a Cristo in totale dipendenza.
Se vi siete pentiti una volta, vi pentite ancora? Il pentimento è sia l’inizio della vita cristiana sia la sua continuazione. Sebbene il nostro posto in Cristo sia indubbiamente assicurato quando veniamo a Lui con fede, parte di ciò che significa essere in Cristo è rifiutare abitualmente e prontamente il peccato quando lo Spirito Santo ce lo fa notare. Man mano che leggiamo le nostre Bibbie e arriviamo a una maggiore conoscenza della santità di Dio, Egli ci rivela il peccato che prima ignoravamo e quello che nasce da nuove tentazioni. Un cammino cristiano sano comporta un’abitudine all’autoesame e al pentimento, mentre ci avviciniamo costantemente a Cristo.
Infine, dobbiamo considerare se il nostro pentimento è stato sincero e quindi si è concretizzato nella pratica della nostra esistenza quotidiana. È troppo facile conoscere o parlare del Vangelo senza mai viverlo. Così, mentre camminiamo oggi, dobbiamo chiederci: “Sto covando certi peccati e vivendo per me stesso, o mi sto allontanando dal peccato e sto vivendo per Dio?”.
Questo articolo è stato adattato dai sermoni “Pentimento – Parte prima” e “Parte seconda” di Alistair Begg.
Traduzione a cura di Lisa Artioli
Foto di Hannah Popowski su Unsplash
Tematiche: Peccato, Perdono, Ravvedimento
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