Il Pastore può condurvi attraverso la valle delle tenebre perché ci è stato

 

 

Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte,

io non temerei alcun male,
perché tu sei con me;
il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.

(Salmi 23:4)

 

In che modo Egli conduce

Le pecore del Salmo 23 dall’inizio fino al versetto 4 sono passive perché si legge che vengono fatte riposare, condotte e ristorate; a partire da ora però possiamo assistere al movimento effettivo delle pecore che camminano e si dirigono in qualche luogo, ed è qui che la piccola frase all’inizio del versetto (“Anche se”) ci suggerisce un’immagine che presenterà la principale sorpresa teologica del versetto stesso e il suo conforto finale. Infatti, il viaggio che ci si potrebbe aspettare di fare camminando per i sentieri della giustizia (Sal. 23:3) non è il passo su cui si concentra il salmo al versetto 4; la nostra grande familiarità con questo salmo nel suo complesso potrebbe farci sfuggire il modo straordinario con cui il Pastore guida le pecore per amore del Suo nome.

 

È vero che nel Salmo 23 Dio accompagna il protagonista e si prende cura di lui o di lei in senso più generale, e in una cultura di sentimentalismi religiosi questo è attraente, tuttavia, andiamo a dare un’occhiata più da vicino; in realtà la grande sorpresa è il modo in cui Dio conduce la persona che parla: la pecora si muove sui sentieri giusti partendo dalla guida del Signore nel versetto 3, fino al comando del Signore al versetto 4 sul sentiero della valle. Lo sviluppo inaspettato della storia del Salmo 23 è che i sentieri di giustizia del buon Pastore a volte includono la valle dell’ombra della morte, e se mi trovo nella valle delle tenebre profonde è perché Lui mi ci ha condotto.

 

È chiaro che in questo passo non ci siamo allontanati dal rapporto pastore-pecora; il nostro compagno ha in mano una verga e un bastone, e nel versetto 5 i verbi attivi riprenderanno a descrivere come Dio agisce nei nostri confronti, mentre ci nutre e ci conduce al sicuro alla Sua dimora; è semplicemente poco saggio pensare, come sono soliti fare alcuni, che abbiamo un Pastore che ci conduce alla pace e alla tranquillità, ma che non ha alcuna voce in capitolo su come le pecore si ritrovino in una gola minacciosa. No, la valle dell’ombra della morte come i giorni di profonda oscurità, non significano che abbiamo abbandonato i sentieri di giustizia al contrario, a volte sono proprio lì che si trovano i percorsi di rettitudine del Signore: è così che ci guida.

 

Affermo che si tratta di una sorpresa perché dobbiamo fare i conti con la terribile intensità dell’immagine che domina il versetto: “la valle dell’ombra della morte” difatto i traduttori ci dicono che mentre la traduzione della parola “valle” è semplice, la parola “ombra della morte” è più controversa e complicata, in quanto si tratterebbe di un’unica parola ebraica che può significare “oscurità profonda” (come recita la nota dell’ESV). In molti altri punti dell’Antico Testamento la parola viene tradotta esattamente così, per esempio in Giobbe 24:17 dove compare due volte:

Perché le tenebre profonde sono il mattino per tutti loro;
perché sono amici dei timori delle tenebre profonde[i].

 

Luogo di non ritorno

Tuttavia, come molti commentatori si renderanno conto, non è poi così semplice relegare la traduzione “la valle dell’ombra della morte” a un’epoca, seppur mal sopportata, ormai passata di traduzioni il cui valore rimane solo nei confronti dei sentimenti legati alla potenza lirica della King James Version. Come osserva Peter Craigie, difatto “l’espressione potrebbe essere stata usata deliberatamente per trasmettere la minaccia della morte”, e perciò indica un altro testo come prova: il libro di Giobbe.

 E non son poca cosa i giorni della mia vita?

Lasciami, sì ch’io possa respirare un poco
prima che me ne vada, senza ritornare,
verso la terra delle tenebre e dell’ombra di morte,
terra di caligine e di disordine,
dove la luce è come le tenebre. (Giobbe 10:20-22)[ii]

 

Qui l’idea metaforica dell’oscurità profonda è legata molto chiaramente a un luogo di non ritorno: il mondo dell’aldilà. Questa è la morte, non semplicemente descritta ma poeticamente rappresentata, con una scelta di assenza di colori e una attenzione che parlano immediatamente al nostro senso emotivo di ciò che significhi morire; è un viaggio dalla luce del conosciuto all’oscurità dell’ignoto, dal calore del sole al freddo dell’ombra. La profonda oscurità della valle è una metafora perfetta per l’irruzione della morte nella vita.

 

Diversi scrittori hanno avuto esperienza diretta di valli oscure in Palestina, luoghi in cui “l’acqua spesso spumeggia e scroscia, lacerata da rocce frastagliate…”. . . Il sentiero precipita verso il basso… in una gola stretta e profonda fatta di precipizi a strapiombo, sovrastati da accigliate merlature di rocce simili a sfingi che quasi si toccano in testa. Le sue pareti laterali si innalzano come le mura di pietra di una grande cattedrale “[iii]. Kenneth Bailey racconta di essersi imbattuto in un luogo simile dove, nel 1957, un’alluvione improvvisa si è abbattuta su una gola profonda e stretta, uccidendo una cinquantina di turisti francesi e dando letteralmente il senso di “valle della morte” a un luogo fisico reale[iv].

 

 la valle dell’ombra della morte, i giorni di profonda oscurità, non significano che abbiamo abbandonato i sentieri di giustizia; anzi, a volte sono proprio lì che si trovano i percorsi di rettitudine del pastore.

È così che ci guida.

 

Non sappiamo esattamente quale luogo o qualunque altra cosa Davide avesse in mente mentre scriveva tuttavia, in un certo senso, è proprio la natura non definita e infinita della metafora a venirci in aiuto. Ai suoi tempi, i terrori degli animali selvaggi e dei nemici assetati di sangue erano presenti realmente nei suoi luoghi, così che la possibilità di morire era alle porte di qualsiasi viaggiatore mentre molto probabilmente, ai giorni nostri, incontriamo le tenebre profonde in modi diversi; allo stesso modo, la morte manda la sua ombra in anticipo sulle nostre vite. Richard Briggs si basa sul lavoro dello studioso dell’Antico Testamento Jon Levenson per sostenere che, nella poesia antica, la morte non è intesa nel nostro senso medico odierno di un preciso momento in cui il cuore smette di battere, piuttosto come un terrore maligno che getta “la sua influenza (anzi, la sua ‘ombra’) anche all’interno di quella che oggi chiameremmo la terra dei vivi[v]. Il credente accorto sa che, dal momento in cui nasciamo, siamo sempre in presenza della morte, solo che per la maggior parte di noi l’ombra non ci ha ancora raggiunto; il sole è così alto nel cielo che non ce ne rendiamo conto. Può essere necessaria una valle e la prima vista dell’ombra della morte per farci capire che questa verità si applica a noi come a tutti gli altri. Siamo mortali.

 

Questa idea è espressa anche nel modo inaspettato in cui il castigo della morte si realizza nel libro della Genesi. La proibizione di Dio di non mangiare dall’albero della conoscenza del bene e del male rivolta ad Adamo ed Eva conteneva l’avvertimento “perché nel giorno in cui ne mangerete morirete” (2:17), la sorpresa, ovviamente, è che il giorno in cui ne mangiarono non morirono. O forse sì?

 

La storia delle Scritture rivela che la morte di Adamo ed Eva è iniziata quel giorno, anche se non è avvenuta quel giorno. Dal momento in cui hanno contaminato il giardino con la loro ribellione nei confronti dell’amorevole Padre celeste, introducendo il peccato nel mondo, hanno intrapreso un viaggio di sola andata verso un incontro con la morte che ha iniziato a gettare la sua lunga ombra sulla creazione un tempo perfetta; come dice Giovanni Calvino commentando Genesi 2:17, “le miserie e i mali sia dell’anima che del corpo, da cui l’uomo è assalito finché è sulla terra, sono una specie di ingresso nella morte, finché la morte stessa non lo assorbirà completamente”[vi]. Dal momento della caduta di Adamo “la morte iniziò il suo regno in lui”[vii] eppure, che la morte sia un’entità che non si può ignorare è un’altra cosa e il fatto che la morte sia così esplicitamente introdotta nel mondo da Dio stesso significa che possiamo affermare, credo, che la maledizione della morte nel mondo è la maledizione di Dio, nello stesso modo in cui Martin Lutero avrebbe detto che il diavolo è il diavolo di Dio. In altre parole, è Dio che comanda su di loro e non loro che comandano su di Lui; Egli non fa parte della maledizione e non è coinvolto nelle opere malvagie del diavolo eppure, è Dio a governare il mondo in modo assoluto e perfetto.

 

Il Dio della Valle

La mia preghiera per voi è che possiate capire che la valle in cui vi trovate è la valle di Dio e che il vostro Buon Pastore è Colui che vi ha condotto lì. In questo momento potreste sentirvi più smarriti che mai, nel buio più profondo come coperti da un sudario ma il vostro Signore Gesù non è lì accanto a voi smarrito o intento a grattarsi la testa chiedendosi cosa fare. Forse non fa ancora parte del vostro modello teologico il fatto che tutte le cose, compresa ogni valle, provengano dalla mano paterna di Dio tuttavia, è necessario che lo sia. Infatti, se Dio non è responsabile della valle, come potete sapere che può farvi uscire da essa?

 

Molti anni fa ricordo di aver sentito John Piper consigliare a chi insegnava nei ministeri giovanili che la cosa migliore che potessero mai dare ai loro giovani era la “Teologia del Grande Dio”. Le parole del catechismo raffigurano proprio questo grande Dio ed è proprio il Dio che incontriamo in ogni parte della storia della Bibbia, dall’inizio alla fine. La caduta nel peccato di Adamo ed Eva, nel libro della Genesi, non ha colto il Signore alla sprovvista, né lo ha lasciato inaspettatamente a riflettere sulle sue opzioni, non ha mandato Gesù nel mondo come piano B, perché è venuto come Agnello immolato prima della fondazione del mondo (Ap. 13:8). Questo è il Dio di Amos 3:6, dove il profeta chiede,

 

            Una città viene forse colpita da una catastrofe
                         senza che il Signore l’abbia ordinato?

 

Dio sta dietro a tutto ciò che accade nel mondo, ogni cosa, assolutamente ogni cosa, eppure non sta dietro al bene e al male alla stessa maniera in quanto la catastrofe che colpisce una città è sempre opera del Signore, anche se Egli non è mai l’autore del male; Egli rimane in controllo di tutto, mentre non viene macchiato nella Sua gloria dal male che compiamo.

 

Tutto ciò lo vediamo nel cammino a valle che il nostro Pastore per prima ha percorso durante la propria esistenza, un cammino che ha attraversato fino al punto di oscurità più profondo nella Sua morte sacrificale sulla Croce; eppure, la morte del Signore Gesù mostra una verità sbalorditiva: la Sua esperienza nella valle è stata opera di “uomini senza legge” (At. 2:23), un’azione spregevole che lo ha consegnato alla morte, attraverso il rinnegamento al cospetto di Pilato che aveva il potere di liberarlo (At. 3:13), ma allo stesso tempo, questa liberazione è avvenuta “secondo il piano preciso e la preconoscenza di Dio” (At. 2:23). L’esecuzione del nostro Pastore, come culmine della sua esperienza di tutta la vita nella valle dell’ombra della morte, è l’esempio supremo nelle Scritture di come spesso Dio conduce i propri figli: “Tu hai voluto il male contro di me, ma Dio ha voluto il bene” (Gen. 50:20). Il Pastore che guida è stato condotto a morire da uomini peccatori; questo cammino verso la morte è stato la strada di Dio verso un mondo di bene inimmaginabile.

 

Questa profonda fiducia nella sovranità di Dio e nella sua cura provvidenziale ad ogni passo del cammino è il motivo per cui Davide canta il camminare “attraverso” la valle, attraversandola. La vostra valle in questo momento, comunque siano formate le sue pareti opprimenti, dalla depressione alla morte o a mille altri tipi di oscurità, non è la destinazione, ma il cammino. Per il Signore Gesù il suo cammino è stato l’umiliazione della propria incarnazione e la via crucis della sua morte espiatoria, e infine la corona; anche per noi la strada del cammino con il nostro Pastore può essere la nostra sofferenza adesso, ma sarà poi la gloria in un secondo momento e qualunque sia la valle voi la state attraversando. Gesù non è davanti a noi a chiedere indicazioni, non si è perso. Sa esattamente dove vi sta conducendo; sa che c’è un modo per attraversarla e uscirne, perché è stata la sua stessa esperienza nella valle; è passato di lì prima di voi e per voi.

 

 

Questo articolo è tratto da Il Signore del Salmo 23: Gesù nostro pastore, compagno e ospite, di David Gibson.

 

Traduzione a cura di Yuni Akermi

 

 

 

[i]Richard S. Briggs, The Lord Is My Shepherd (Il Signore è il mio pastore): Salmo 23 for the Life of the Church (per la vita della Chiesa) (Grand Rapids, MI: Baker Academic, 2021), 90.

[ii]Peter C. Craigie, Salmo 1–50, Word Biblical Commentary (Grand Rapids, MI: Zondervan, 2004), 207. Briggs, The Lord Is My Shepherd, (Il Signore è il mio pastore), fornisce la trattazione più recente e, seguendo un percorso diverso, difende anche il noto riferimento all’ombra della morte nella traduzione (88–93).

[iii]Kenneth E. Bailey, The Good Shepherd: A Thousand-Year Journey from Psalm 23 to the New Testament (Il buon pastore: Un viaggio di mille anni  dal Salmo 23 al Nuovo Testamento (Londra: SPCK, 2015), 47. Qui Bailey cita il pastore M. P. Krikorian nel suo libro The Spirit of the Shepherd: An Interpretation of the Psalm Immortal, 2nd ed.(Lo Spirito del Pastore: Un’interpretazione del Salmo Immortale)(Grand Rapids, MI: Zondervan, 1939), 68-69.

[iv]Bailey, The Good Shepherd, 47.( Il buon Pastore)

[v]Briggs, The Lord Is My Shepherd, 94. ( Il signore è il mio Pastore)

[vi]John Calvin, Commentaries on the First Book of Moses Called Genesis, trans. John King, vol. 1 (1847; repr., Grand Rapids, MI: Baker, 1996), 127.(Commentari sul primo libro di Mosè chiamato Genesi, trans. John King, vol. 1 (1847; ristampa, Grand Rapids, MI: Baker, 1996), 127.)

[vii]-Calvin, Commentari sul primo libro di Mosè, 1:128.

 

 

Tematiche: Bibbia, Esegesi biblica, Gesù Cristo

David Gibson 

David Gibson 

 

 

E’ pastore della Trinity Church, Aberdeen, Scozia. È autore di Reading the Decree (T&T Clark, 2009) e Living Life Backward (Crossway, 2017), e co-redattore di From Heaven He Came and Sought Her (Crossway, 2013).

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