Il genio della Riforma Protestante
Riforma. Sembra che tutti parlino di riforma. Sembra che tutti, in un modo o nell’altro, desiderino riforme. Si sente parlare di riforma sanitaria e riforma dell’istruzione. Di riforma agricola e riforma sociale. Di riforma fiscale ed anche di riforma religiosa. La parola riforma richiama alla mente l’idea di progressione verso un risultato desiderato. È una parola che evoca un cambiamento positivo. Tuttavia, con un uso così diffuso di questa parola, essa tende a perdere potenza ed efficacia. Quando si parla della Riforma protestante, quindi, la riforma a cui si fa riferimento e che viene celebrata, può essere confusa con molti usi, significati e ambigui sinonimi, e la sua la ricchezza ne viene annacquata e confusa.
Anche il cattolicesimo romano parla di riforma e ne riconosce la sua necessità all’interno della Chiesa. Il suo bisogno di riforma precede la Riforma protestante. Dal grande scisma del Concilio di Costanza (1414-1418) infatti, cercò profonde riforme nella chiesa. Tutto ciò non è cambiato nei molti secoli da allora, e la Chiesa cattolica continua a chiedere una riforma. Quindi, quando celebriamo la Domenica della Riforma, cosa celebriamo esattamente? Cosa distingue la Riforma protestante da tutte le altre riforme? Cosa la distingue dalla riforma che la Chiesa cattolica intende e cerca? Perché la stiamo ancora celebrando più di cinquecento anni dopo? La risposta a questa domanda rivela il vero genio della Riforma protestante, e spiega perché ha resistito nei secoli, e, ancora oggi è celebrata e continuerà ad esserlo.
Il ritorno del primato di Dio
Cosa viene in mente quando si considera la Riforma protestante? Quali sono le sue caratteristiche distintive? Certamente i Cinque Sola sono in cima alla lista. Per sola fede, in solo Cristo per grazia soltanto, rivelato solo attraverso la Scrittura e per la gloria di Dio solo. Questi sono forse i segni più riconoscibili della Riforma. È qui allora, che risiede il genio della Riforma protestante? I Sola sono il motivo per cui la riforma protestante dura da oltre cinque secoli?
Senza dubbio il ritorno di queste verità fu straordinario. Esse devono essere celebrate per la loro chiarezza e per i confini inequivocabili che danno alla fede. Non c’è confusione riguardo all’autorità della Scrittura rispetto a quella della Tradizione. La salvezza viene dichiarata definitivamente un dono della grazia di Dio soltanto e non può essere attribuita alle opere. Non consentono ambiguità, indifferenza o neutralità. Sono un ritorno al cuore della fede e del vangelo biblico. E’ quindi corretto suggerire che i Cinque Sola spieghino il genio della Riforma Protestante?
O forse il suo genio risiede nei grandi riformatori, come Martin Lutero e Giovanni Calvino? Sicuramente la Riforma, in gran parte, deve il suo successo alla genialità di questi uomini. Un’attenta riflessione sulla Riforma, tuttavia, rivela che il suo genio non sta nell’articolazione dei Cinque Sola, o nella formulazione di qualsivoglia affermazione o dichiarazione dottrinale. E’ qualcosa che va oltre i riformatori e persino oltre il ritorno alla Scrittura come ultima fonte di autorità e verità. Va ancora più in profondità. Il genio della Riforma è radicato in Dio stesso. È un ritorno del primato di Dio su tutte le cose. È un ritorno del primato di Dio nella chiesa, nella storia e nel cuore dell’uomo. È una radicale opera di riforma dello stesso Dio sovrano dell’universo.
Questa, tuttavia, non è una nuova rivelazione. Non era un segreto per i riformatori. Sapevano che l’uomo non avrebbe potuto produrre una riforma così radicale. Doveva essere opera di Dio stesso. Lutero lo comprese bene. “La chiesa ha bisogno di riforme, ma non può essere opera di un uomo … né di molti … piuttosto deve essere opera di Dio solo. “Nessuna spada”- continua Lutero – “può invocare o perorare questa causa, solo Dio può farlo, senza bisogno di alcun intervento umano”.[1]
Lutero, nonostante sia stato un uomo con grandi doni e con una grande mente, non poteva assolutamente generare da solo un conflitto di questa grandezza e proporzioni. “Confesso liberamente”- ammise Lutero “che questo tentativo non è stato in alcun modo un’azione deliberata da parte mia … è un puro risultato della volontà di Dio soltanto”.[2] Non fu il solo riformatore a condividere questa consapevolezza. Anche Giovanni Calvino, riconobbe la portata prodigiosa della Riforma, e sapeva che nessun uomo avrebbe potuto realizzare tale impresa. Scrivendo a Carlo V, Calvino lo chiarì, dicendogli che la riforma della chiesa è opera di Dio, ed è indipendente dalla speranza e dalle opinioni dell’uomo, allo stesso modo in cui lo è la resurrezione dei morti.[3]
In effetti, nessun uomo, né nessun esercito di uomini, poteva confrontarsi con la Chiesa cattolica romana e con il potere e l’influenza che essa esercitava. Doveva essere opera di Dio stesso. Tutto ciò richiedeva la volontà e l’azione del Dio sovrano dell’universo. Era in gioco il Vangelo, e così Dio si adoperò in modo radicale per reclamare la sua Parola e la sua autorità. La stessa cosa successe ai tempi di Giosuè, Asa, Ezechia, Esdra, Neemia e dgli apostoli. È ciò che Dio fa nel corso della storia, ed è quello che è successo durante la Riforma. Dio è intervenuto a rivendicare ciò che era suo. Il teologo italiano Pietro Bolognesi cattura bene la posta in gioco: “La Riforma non era un semplice conflitto tra persone e idee, ma tra Dio e il diavolo stesso”.[4] In effetti, la Riforma protestante dipendeva interamente da Dio. La Riforma appartiene a Lui solo. Egli è il vero “riformatore”.
La loro consapevolezza di questa verità è ciò che distingue i riformatori. La loro grandezza non si trova nel loro splendore intellettuale o nel loro acume teologico. La loro grandezza si rivela nella loro umiltà in riconoscimento della grandezza di Dio e della sua mano al lavoro per cambiare la storia. I riformatori sono stati meri strumenti nelle mani di un Dio sovrano e onnipotente, e loro lo sapevano e lo confessavano liberamente. Non erano gli innovatori o gli architetti della Riforma. Erano semplici servi. “La Riforma deve essere intesa come un’azione che scendeva dall’alto; mentre la sua controparte, la Controriforma, era una tentativo di restauro proveniente dal basso. La prima è radicata nell’uomo che è sottomesso a Dio, e la seconda è radicata in un Dio sottomesso all’uomo”.[5] Ma Dio non si sottomette a nessun uomo, la Riforma Protestante è una sua opera e sua soltanto. Attraverso di essa ha agito per ristabilire il potere e l’autorità della sua Parola. Questo è il genio della Riforma.
La Riforma è conclusa?
Con la diffusione del dialogo ecumenico e con la recente celebrazione del 500° anniversario della Riforma, la domanda se la Riforma sia conclusa è spesso discussa e dibattuta. Ci sono sia protestanti che cattolici che affermano che le principali divergenze teologiche che portarono alla rottura nel cristianesimo occidentale siano state risolte.
Un eccellente esempio di ciò è la Dichiarazione congiunta sulla dottrina di Giustificazione (DCDG) del 1999, che è un documento sottoscritto dalla Federazione Luterana Mondiale e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (PCPCU) della Chiesa Cattolica. Il documento afferma che entrambe le chiese ora condividono una comprensione comune della giustificazione per grazia di Dio attraverso la fede in Cristo. Tutto ciò nonostante la Chiesa cattolica non abbia mai rinunciato agli anatemi del Concilio di Trento (1545-1563), uno dei quali affronta esplicitamente questa dottrina. “Se qualcuno dice che gli empi sono giustificati solo per fede, sia considerato anatema “(Canone IX sulla giustificazione).
La DCDG, insieme a gran parte del dialogo ecumenico di oggi, serve come promemoria del perché sia importante chiedersi costantemente “La Riforma è conclusa?”.[6] Quando esaminiamo la Riforma protestante e quando consideriamo cos’è una vera riforma biblica e di cosa necessita, diventa immediatamente chiaro che non è il prodotto di dichiarazioni dottrinali, del dialogo ecumenico o di discorsi teologici. Troppo spesso questi sforzi relegano Dio in un luogo di sottomissione all’uomo e alla sua agenda. Sono iniziative dal basso verso l’alto. Una vera riforma invece è opera e intervento di Dio stesso nella storia, nella chiesa e nel cuore dell’uomo. La riforma detronizza l’uomo e rimette Dio al suo giusto posto di supremazia su tutte le cose.
Il cuore della Riforma non è una questione di affermazione dei Cinque Sola, non riguarda l’affermare la teologia di Martin Lutero o di Giovanni Calvino, ma riguarda l’affermare la supremazia di Dio nella propria vita. Si tratta di perseguire una relazione con il Dio che ha l’ha resa possibile, attraverso l’opera espiatoria di Gesù Cristo sulla croce. Questo è ciò che è accaduto durante la Riforma protestante. Questo è il genio della riforma. La riforma continua fino a quando Dio regna sovrano e l’uomo si sottomette completamente alla sua gloria, alla sua Parola e alla sua autorità. Questo è il motivo per cui ancora oggi è celebrata e lo sarà fino alla fine dei tempi.
[1] WA 1.627.27-31; M. Lutero, Le Resolutiones. Commento alle 95 Tesi (1518), a cura di P. Ricca, Torino, Claudiana 2013, p. 433.
[2] WATr. 4.25.10 n.3944 [1538].
[3] Giovanni Calvino, Supplex exhortatio ad invictiss. Caesarem Carolum Quintum [1543] CR VI, 510-511.
[4] Pietro Bolognesi, “Riforma, cos’è stata veramente?”, Studi di teologia N. 57 (2017) p. 9.
[5] Idem, p. 12.
[6] “La Riforma è conclusa? Una dichiarazioni di convinzioni evangeliche”, Studi di teologia N. 57 (2017) pp. 50-53 è un documento sottoscritto da centinaia di teologi e leaders evangelici di tutto il mondo. Cfr. www.isthereformationover.com
Traduzione a cura di Chiara Lamberti
Tematiche: Riforma
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