Il congregazionalismo non finisce al termine della riunione
I congregazionalisti sostengono che le chiese locali debbano essere personalmente responsabili delle questioni riguardanti l’appartenenza alla chiesa, la disciplina e la dottrina. Cosa significa tutto ciò?
La chiesa è responsabile delle decisioni e della gestione di parte della sua vita mentre gli anziani si occupano di tutto il resto? Finché durante le riunioni dei membri infiliamo nelle urne voti biblicamente ispirati, stiamo adempiendo ai nostri doveri congregazionali? O questioni come l’appartenenza alla chiesa, la disciplina e la dottrina richiedono più che un semplice “sì” o “no”?
Le riunioni di chiesa sono il luogo ideale in cui vedere all’opera il congregazionalismo. L’intera chiesa esercita la sua responsabilità accogliendo o escludendo i membri potenziali. Tuttavia, in tutta la vita della chiesa, questi incontri sporadici possono apparire alquanto insignificanti. Dopo tutto, cosa fa la chiesa quando si riunisce per pregare e adorare? E soprattutto, che ne è degli altri 300 e passa giorni dell’anno? In che modo è attiva in quei giorni la congregazione? Non sarà che in realtà le chiese congregazionaliste sono essenzialmente guidate dagli anziani, a eccezione di quelle 12 volte all’anno in cui si vota per accogliere nuovi membri e disciplinarne altri?
Il nostro scopo non è di esplorare la relazione tra l’autorità degli anziani e l’autorità finale della congregazione; Bobby Jamieson l’ha già fatto in un altro articolo. Gli anziani sono un dono prezioso per la chiesa e dovremmo sottometterci a loro tenendo in giusta considerazione la loro autorità. Tuttavia, il punto di questo articolo è dimostrare che quando diciamo che la congregazione ha autorità ultima in materia di appartenenza, disciplina e dottrina della chiesa, ciò non significa che la congregazione abbia autorità su una parte della vita della chiesa mentre gli anziani gestiscono tutto il resto. Piuttosto, la responsabilità della chiesa in materia di appartenenza, disciplina e dottrina della chiesa consiste di fatto in una responsabilità per tutta la vita della chiesa.
Il congregazionalismo non è un extra che si attiva in occasione delle riunioni di chiesa e si disattiva quando la riunione si aggiorna. Il controllo sulle questioni dell’appartenenza, della disciplina e della dottrina dovrebbe essere costante; dovrebbe modellare e caratterizzare in ogni momento il modo in cui gli anziani guidano la chiesa. Dovrebbe portare i membri a prendersi cura gli uni degli altri. Uno dei grandi benefici di una visione congregazionista è che la chiesa è forzata a ricordarsi che la cura gli uni degli altri non è solo qualcosa che fa bene, come mangiare le verdure, ma è ciò che rende una chiesa tale. Il congregazionalismo implica che l’intera congregazione controlli l’intera vita della chiesa, tutto il tempo.
Appartenenza e disciplina
Parte del problema è che corriamo il rischio di pensare che la cura dell’appartenenza, della disciplina e della dottrina della chiesa riguardi singoli eventi della vita della chiesa, piuttosto che tutto il suo sistema e la sua vita. In altre parole, se l’autorità finale “sull’appartenenza, sulla disciplina e sulla dottrina” implicano soltanto un mero “voto” espresso dalla congregazione per accogliere o escludere qualcuno, per stabilire quale sia la propria confessione di fede, allora è chiaro il motivo per cui ci sembra che questa visione congregazionalista apporti solo piccoli contributi al corpo della chiesa.
Tuttavia, se una congregazione accoglie un nuovo membro, allora da quel momento ha la responsabilità di guidarlo, incoraggiarlo e disciplinarlo anche dopo che la riunione è terminata. La congregazione è responsabile della fedeltà giornaliera di quella persona. L’autorità di sciogliere e legare non si esprime solo in quei momenti occasionali in cui si accolgono nuove persone nella chiesa.
In altre parole, votare per accogliere un nuovo membro assomiglia a un matrimonio, più che a un’elezione. Il matrimonio implica un evento particolare che però inaugura un impegno e una responsabilità giornaliera che le due parti hanno d’ora in poi l’una nei confronti dell’altra. Quando una congregazione riceve un nuovo membro si prende l’impegno giornaliero di incontrarsi con lui, pregare per lui e disciplinarlo nel corso della settimana oltre che durante le riunioni. Quando si esclude invece qualcuno dalla congregazione, si ha il dovere giornaliero di trattare quella persona come un pubblicano e di chiamarlo al ravvedimento. Dunque, l’autorità della congregazione in materia di appartenenza e disciplina non si esaurisce in quei pochi incontri occasionali, ma implica una responsabilità giornaliera.
Dottrina
Cosa dire della dottrina? L’autorità di una congregazione in materia di dottrina si esprime solamente in quel voto una tantum per lo stabilimento della confessione di fede della chiesa o per disciplinare i falsi insegnanti? Certamente ciò fa parte dell’equazione, ma non è tutto.
Per esempio, la congregazione ha la responsabilità di ricercare e di sostenere un insegnamento fedele, tributando un doppio onore a chi se ne occupa (1 Timoteo 5:17). Inoltre, le congregazioni dovrebbero perseverare, applicarsi, vivere e aiutare gli altri a vivere nella realtà quello che è il credo teologico della chiesa. Anche se spesso consideriamo i pastori predicanti gli unici che “fanno teologia” nei culti di chiesa, la realtà è che tutta la congregazione ha la responsabilità di sostenere la sana dottrina contenuta nella predicazione settimanale dicendosi gli uni gli altri: “Viviamola! Aiutiamoci l’un l’altro ad applicare queste verità e a camminare in esse!”. Come 2 Timoteo 4:3-4 rivela in senso negativo, l’ascolto di un sermone implica un’attività teologica mediante la quale si approva o disapprova il contenuto dell’insegnamento.
Tutto il resto
Rimane però irrisolta la questione: cosa dire di tutto il resto della vita di chiesa? Cosa c’entrano il budget, la scuola domenicale, i piccoli gruppi, le missioni e gli altri ministeri della chiesa con le questioni dell’appartenenza, della disciplina e della dottrina? Esulano quindi dalla responsabilità della congregazione?
Non proprio. Tutte le “cose” buone e necessarie che sono parte integrante della vita della chiesa sono infatti espressione del credo e della dottrina della chiesa. La connessione potrà risultare più o meno evidente, ma tutte queste cose richiedono un’applicazione pratica della dottrina della chiesa (o un suo rifiuto funzionale!).
La scuola domenicale è un’estensione del ministero d’insegnamento della chiesa, perciò la confessione di fede su cui si basa l’insegnamento dottrinale in chiesa deve applicarsi anche in questo caso. I budget non fanno che riflettere il credo teologico della chiesa; le strategie adottate per lo sviluppo dei piccoli gruppi esprimono priorità e obiettivi teologici, anche se in modi diversi all’interno di diverse chiese. Le strategie di missione rivelano una serie di convinzioni teologiche.
Ovviamente non stiamo incoraggiando un caos democratico; gli anziani devono esercitare la loro guida e la loro autorità, ma anche se sono loro a nominare gli insegnanti della scuola domenicale e a decidere i programmi, la chiesa è comunque responsabile di valutare, sostenere e incoraggiare ciascuno nell’applicazione di quell’insegnamento, oltre che di esercitare eventualmente un potere di “emergenza” in risposta a falsi insegnanti. Non è giusto che ogni singolo membro partecipi nella determinazione del budget, ma la congregazione dovrebbe far propria la responsabilità di rivedere, sostenere e contribuire con sacrificio al budget della chiesa o di esprimere il proprio veto e chiedere una verifica per allineare il budget con il credo dottrinale della chiesa. La congregazione è come il motore di una macchina: gli anziani schiacciano l’acceleratore e manovrano il volante, ma se il motore non funziona, la macchina non avanzerà.
In altre parole, il congregazionalismo non implica che ciascun membro abbia nelle proprie mani il controllo di tutto ciò che fa la chiesa, ma significa che l’intera congregazione dovrebbe prendersi la responsabilità di ciò che la chiesa fa (le vite dei membri), insegna (dottrina) e del modo in cui serve (dottrina attraverso i membri). L’appartenenza, la disciplina e la dottrina abbracciano tutta la vita di una chiesa.
Dalla teoria alla pratica
Perciò, in che modo si spinge una congregazione ad assumersi le sue responsabilità? Potrebbe essere utile organizzare un momento di domande e risposte con i membri o un incontro speciale per parlare delle politiche della chiesa, ma non è sufficiente fissare ulteriori eventi nell’agenda. Infatti più riunioni non aiuteranno una congregazione a realizzare le proprie responsabilità giorno per giorno.
Più che su un voto, il congregazionalismo si basa su un membro che di sua iniziativa comincia a leggere la Bibbia con un neoconvertito, su un membro che mosso dal dolore per gli effetti del peccato sulla chiesa esorta un suo fratello al ravvedimento. Si basa su qualcuno che chiede al corpo di pregare per i suoi colleghi non credenti. Qualsiasi guida di qualunque tipo di chiesa darà valore a questo genere di cose, ma solo la visione congregazionalista riconosce in queste attività l’essenza di ciò che fa di un gruppo di credenti una vera chiesa.
Questo tipo di congregazionalismo vivente e funzionante richiede molto lavoro. Non ci sono scorciatoie per insegnare a una congregazione a riconoscere e a vivere la responsabilità che Dio le ha dato sulla vita intera della chiesa. Ecco a cosa servono gli anziani: a preparare i santi per l’opera del ministero, per edificare il corpo di Cristo (Efesini 4:12). Questo tipo di preparazione ed equipaggiamento è lungo, lento e a volte frustrante; anche una volta consolidato, c’è sempre lavoro da fare per mantenerlo vitale.
Quando si riduce il congregazionalismo ai semplici incontri di chiesa, ci si priva di gran parte delle benedizioni che il Signore vuole donare alla sua chiesa.
(Traduzione a cura di Cristina Baccella)
Tematiche: Chiesa, Comunione, Crescita spirituale, Vita Cristiana
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