I missionari non possono inviare se stessi
Chi dovrebbe
(e chi non dovrebbe)
andare
“Non dovremmo essere qui”.
Quando mia moglie entrò in casa dopo un’intera mattinata di studio della lingua, la salutai con queste quattro veloci parole. Mentre lei coniugava i verbi, io studiavo un po’ per conto mio. Dopo solo pochi mesi nel Paese, ero certo che non fossimo fatti per essere missionari.
Le spiegai che non eravamo stati adeguatamente formati per il compito né sostenuti da una chiesa locale. “Dovremmo andare a casa”, conclusi bruscamente. Mia moglie era d’accordo con le mie convinzioni, ma mi dissuase ragionevolmente dal prendere una decisione avventata. Dopotutto, ci eravamo impegnati a servire il nostro gruppo per due anni. Sicuramente Dio avrebbe potuto usare il resto del nostro tempo per farci maturare e perfino rendere proficue le nostre fatiche.
Il suo consiglio era saggio. Siamo rimasti fino alla fine del nostro mandato e, nella sua generosa provvidenza, Dio ci ha fatti crescere in modi significativi. Diventammo membri di una chiesa locale nella nostra città e il pastore mi discepolò finché non tornammo negli Stati Uniti per partecipare al seminario.
Anche se non cambierei quell’esperienza con niente al mondo, rimango convinto che non eravamo né sufficientemente dotati né adeguatamente sostenuti per essere dei missionari.
Perché la vedo così? Entrambi praticavamo regolarmente le discipline spirituali, non ci conformavamo ai soliti peccati, amavamo il Vangelo e in precedenza avevamo trascorso del tempo all’estero. Allora perché mi ero convinto che il titolo di “missionario” non spettasse a noi? La risposta si riduce a questo: non eravamo stati inviati da una chiesa locale per contribuire strategicamente al Grande Mandato.
Missionari come inviati
La nostra parola “missionario” deriva dal latino missio, traduzione del verbo greco apostellō. Apostellō si riferisce all’invio di qualcuno per raggiungere un obiettivo. I lettori della Bibbia hanno più familiarità con la forma sostantiva di questo verbo, apostolos , traslitterato in italiano come “apostolo”. Nel Nuovo Testamento, la parola apostolos non si riferisce solo agli apostoli ufficiali, i portavoce appositamente designati da Gesù, ma anche, in altri contesti, ai “messaggeri” inviati dalla Chiesa per adempiere a responsabilità specifiche nel portare avanti la missione di Cristo.
Tutti questi seguirono il modello di Gesù, “l’apostolo e sommo sacerdote della nostra confessione”, il quale, inviato dal Padre, venne fedelmente a fare la volontà di suo Padre sulla terra (Ebrei 3:1-2; Giovanni 6:38; 20:21). Come il Salvatore inviato, un missionario è un “inviato”; per essere inviato, ovviamente, è necessario un mandante. Non esiste un missionario che si auto-incarica.
Allora, chi manda i missionari? Lo Spirito di Cristo è il principale agente che invia gli operatori del Vangelo (Atti 8:29; 11:12; 13:4). Tuttavia, il Nuovo Testamento parla anche del modello dei missionari sostenuti e inviati dalle chiese locali (Atti 13:1-3; 15:40). Proprio come le comunità chiamano e confermano i propri anziani e diaconi, così anche i loro membri mettono alla prova e incaricano coloro che desiderano lavorare tra le nazioni.
Dal momento che ciascuna chiesa locale determina chi inviare, né io né nessun altro abbiamo l’autorità di creare dei criteri generalizzati di qualificazioni missionarie. Tuttavia, vorrei suggerire tre caratteristiche generali che una chiesa locale e i suoi anziani potrebbero cercare in coloro che incaricano.
1. Amore per la Chiesa
Uno dei miei professori di seminario una volta disse: “Penultima in preghiera, la chiesa locale è il carburante e l’obiettivo delle missioni”. In altre parole, le chiese locali sane sono lo strumento e il risultato voluto delle missioni. I candidati missionari ideali, quindi, sono membri significativi di una specifica chiesa locale che desidera vedere congregazioni sane e che si riproducono tra le nazioni.
Ho incontrato cristiani, anche missionari, che amano Cristo e affermano di amare la sua sposa, ma non riescono a mettere questo amore all’opera impegnandosi a costruire e a sottomettersi a una chiesa locale. Tuttavia, le istruzioni bibliche riguardanti la disciplina della chiesa (Matteo 18:15-20; 1 Corinzi 5:1-12) e le relazioni tra anziani e membri (Atti 20:28; 1 Timoteo 5:17-19; Ebrei 13:17; 1 Pietro 5 :1-5) presuppongono che la chiesa universale si organizzerà in assemblee locali con membri identificabili. Dio chiama i cristiani a riunirsi e a impegnarsi gli uni con gli altri nelle chiese locali come mezzo per proteggere e preservare il suo popolo e la sua Parola. Perciò, come punto di partenza, i futuri missionari dovrebbero essere membri fedeli della loro chiesa locale.
Inoltre, i missionari devono sapere cos’è una chiesa biblica, cosa fa e il ruolo centrale che svolge nel Grande Mandato. La convinzione che le chiese locali siano avamposti del Regno di Dio, destinati proprio a portare avanti il nome di Cristo tra le nazioni, è fondamentale per coloro che mirano a portare avanti quest’opera.
Una difesa scritturale completa delle caratteristiche essenziali di una chiesa locale va oltre lo scopo di questo articolo, ma i responsabili della chiesa locale possono aiutare gli aspiranti missionari fornendo una definizione. Per esempio, l’affermazione di fede dell’anziano della mia chiesa definisce una chiesa locale come un gruppo di credenti che “concordano insieme di ascoltare la parola di Dio proclamata, di impegnarsi nel culto collettivo, di praticare le ordinanze… di edificare la fede reciproca attraverso i vari ministeri dell’amore, di ritenersi reciprocamente responsabili nell’obbedienza della fede attraverso la disciplina biblica e di impegnarsi nell’evangelizzazione locale e mondiale”.
Se gli aspiranti missionari non riescono a spiegare e difendere gli elementi fondamentali di una chiesa secondo le Scritture, non sono ancora pronti a fondare o rafforzare chiese locali all’estero.
2. Conoscenza della Parola di Dio
La comunicazione esplicita della Parola di Dio è centrale nel Grande Mandato (Matteo 28:18-20). Pertanto, tutti gli operatori del Vangelo hanno bisogno di essere radicati profondamente nelle Scritture e di avere la capacità di spiegare la sana dottrina agli altri.
In primo luogo, i futuri missionari dovrebbero essere trasformati personalmente e sempre più santificati dalla Parola di Dio. L’amore sacrificale di Cristo costituirà il contenuto centrale del loro messaggio missionario. I missionari fedeli a questo messaggio vivranno in una maniera che dimostra profonda gratitudine e dipendenza dal Vangelo di Cristo. L’amore per il Vangelo e per Cristo alimenterà le loro ambizioni missionarie.
Nel preparare i candidati al servizio missionario, uno dei compiti della chiesa locale è osservare la crescita continua nella santità. Molte chiese hanno inviato giovani zelanti per le missioni, ma privi di maturità spirituale. Le chiese farebbero bene, quindi, a porre alcune domande diagnostiche:
- La Parola di Dio ordina i loro sentimenti e i loro comportamenti?
- Combattono il peccato con la potenza e le promesse della Parola?
- La loro mente è rivolta alle cose di lassù o sprecano il loro tempo con i social media e le ansie mondane?
Domande come queste forniscono informazioni importanti per le Chiese che mirano a inviare missionari devoti alla verità, sempre più conformi all’immagine di Cristo, e modelli esemplari per gli altri.
In secondo luogo, i futuri missionari devono conoscere la Parola di Dio abbastanza bene da poterla comunicare fedelmente ed efficacemente agli altri. Le missioni sono fondamentalmente un’opera teologica e richiede che i missionari proclamino la verità e insegnino agli altri a conoscere e seguire Cristo. La capacità di spiegare fedelmente la sana dottrina e il significato dei testi biblici non è secondaria a questo compito. Errori teologici, confusione e sincretismo sorgono facilmente nei luoghi in cui il Vangelo è stato presentato da poco. Questo pericolo dovrebbe incoraggiare le chiese a inviare membri teologicamente scaltri per gettare solide basi per la chiesa nelle regioni non raggiunte del mondo.
Le chiese mandanti possono cercare di discernere il talento dei candidati per il ministero della proclamazione ponendo domande come queste:
- Con quale frequenza, chiarezza e coraggio condividono il Vangelo con gli altri?
- Possono fornire esempi di persone che hanno discepolato e come si presentava quel discepolato?
- Sono capaci e disposti ad acquisire padronanza di un’altra lingua e cultura allo scopo di una comunicazione chiara e credibile della dottrina cristiana?
- Affideremmo loro l’insegnamento nel nostro culto domenicale o nelle classi della scuola domenicale?
3. Idoneità per il compito
Molte influenti voci evangeliche hanno fatto appello a ogni cristiano affinché consideri di diventare un missionario. Sfortunatamente, l’enfasi sull’urgenza a volte mette in ombra l’importanza di inviare coloro che sono maturi e competenti.
La Bibbia non chiama ogni cristiano a essere missionario. Invece, suggerisce che certi tipi di persone saranno buoni missionari in base alle capacità che Dio dà loro (Romani 12:6). L’apostolo Giovanni ci dice che dovremmo sostenere gli operatori del Vangelo “come questi” o, più letteralmente, “quelli di questo tipo” (3 Giovanni 8). È saggio preservare una categoria distinta per coloro che partono “per amore del nome” come evangelisti, a fare discepoli, a fondare chiese e a insegnare (3 Giovanni 7). Le chiese possono cercare di usare la ragione e il giudizio guidati dallo Spirito per determinare quali membri potrebbero inviare fedelmente e per quali ruoli potrebbero essere più adatti.
I responsabili di Chiesa farebbero bene a osservare con pazienza la fedeltà e la produttività dei membri che aspirano a svolgere un ministero in un contesto interculturale.
Il solo fatto che qualcuno desidera quel compito non significa che sia idoneo per farlo.
Il discernimento arriverà quando le chiese alimenteranno il fuoco di questi desideri e metteranno alla prova lo zelo dei candidati guidandoli verso una solida preparazione.
Se perseverano e dimostrano efficienza, le chiese possono dare loro maggiori responsabilità e opportunità di crescita. Porre domande mirate, richiamare l’attenzione sui difetti del carattere, stimolarli verso la crescita e osservare come rispondono, costituiscono aspetti importanti di questa preparazione.
In fin dei conti, le nazioni hanno bisogno di coloro che la tua chiesa preferirebbe non perdere: le persone che prenderesti a far parte dello staff, che consiglieresti per un incarico di chiesa o a cui affideresti un’importante area ministeriale. Non saremo amministratori saggi se mandassimo membri impreparati e immaturi alla tal chiesa inesistente o nascente all’estero mentre inseriamo nello staff della nostra chiesa quelli equipaggiati e dotati.
Sii disposto a inviare alle nazioni coloro a cui hai dedicato innumerevoli ore, coloro che hai visto crescere nell’efficacia del ministero, coloro che hanno una consolidata esperienza di santità e fedeltà alla Parola.
Il Re Gesù trasforma le nazioni attraverso credenti comuni, ciascuno con debolezze e lotte contro il peccato, ma non usiamo questo come una scusa per mandare in prima linea in quest’opera, persone immature e impreparate. Se il nostro obiettivo nelle missioni è proclamare il Vangelo, fare discepoli e riunirli in chiese locali sane, invieremo persone che amano la chiesa, conoscono la Parola e sono adatte al compito.
Traduzione a cura di Maddalena Bennardo
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