Gesù prega per i suoi discepoli
(Giovanni 17:6–10)
I discepoli erano infinitamente preziosi per Gesù, non a causa di qualcosa d’intrinsecamente pregiato trovato in loro, ma perché gli erano stati promessi da suo Padre prima dell’inizio dei tempi. Come le ore successive della vita di Gesù avrebbero dimostrato, Gesù considerava il dono del Padre così prezioso che era disposto persino a morire per riceverlo. Oltre a riconoscere che erano un dono di Suo Padre, il Signore ha anche descritto i discepoli come coloro che obbedivano alla Sua parola. Quest’affermazione introduce uno degli elementi essenziali per la salvezza, l’obbedienza.
Quest’obbedienza, naturalmente, non è un’opera meritoria che contribuisce qualcosa alla salvezza dell’anima, ma è piuttosto il risultato inevitabile della fede salvifica, quella genuina. Quindi, dire che i discepoli avevano obbedito la Parola del Padre è semplicemente un altro modo d’esprimere il fatto che la loro fede era autentica.
Il Nuovo Testamento unisce in modo inseparabile i concetti di ‘fede salvifica’ ed ‘obbedienza,’ tanto che l’obbedienza è spesso usata come sinonimo della fede. È anche segno d’un amore sincero verso Gesù Cristo. I discepoli, dunque, erano coloro che avevano osservato la Parola che era stata loro rivelata ed avevano risposto dal cuore con una fede genuina alla verità che avevano ricevuto. Allo stesso tempo, la Scrittura riconosce che erano riusciti a farlo perché erano un dono del Padre al Figlio, essendo stati tra coloro che Egli aveva sovranamente scelto fin dall’eternità passata e chiamato efficacemente nel tempo dovuto per la salvezza.
Avendole riassunte nel versetto 6, Gesù continua a spiegare il perché sapeva che il Padre avrebbe esaudito le sue richieste nei confronti dei discepoli. Il resto di questa sezione (vv. 7–10) si basa su queste due inseparabili verità: (1) perché avevano creduto in lui come Figlio (vv. 7–8); (2) perché erano un dono per lui dal Padre (vv. 9–10).
Sebbene fossero stati con Gesù per diversi anni, solo ora i suoi discepoli stavano cominciando a comprendere veramente la missione che suo Padre gli aveva dato. Infatti, solamente alcuni giorni prima della risurrezione incominciarono a capire le ragioni per cui Gesù doveva morire. Eppure essi credevano chiaramente che Egli fosse chi affermava di essere: essi credevano che Egli veniva dal Padre e che solo lui aveva parole di vita eterna. Come Gesù aveva già dichiarato nel versetto 6, essi avevano obbedito alla sua parola e quindi avevano dimostrato d’essere veri discepoli. Il contenuto della fede dei discepoli offre un’ulteriore prova di genuinità. Anche se prima della croce c’era ancora molto che non comprendevano, essi credevano sinceramente a quelle verità che già conoscevano (in contrasto con la fede falsa di molti altri).
Prima di tutto, gli undici erano venuti a sapere, come Gesù disse al Padre in Giovanni 17:7, che “tutte le cose che mi hai date, vengono da te” (un’affermazione che evidenzia di nuovo la sua intimità e dipendenza con il Padre), i discepoli credevano che Gesù operasse per il potere di Dio e che facesse tutto secondo la Sua volontà. Questo era in chiaro contrasto con i capi religiosi Ebrei, che accusavano Gesù d’operare tramite il potere di Satana. Tali conclusioni, come Cristo stesso fece notare, non solo erano blasfeme ed imperdonabili, ma anche sciocche, poiché Satana non avrebbe mai dato potere a qualcuno per promuovere l’opera di Dio (vv. 25–29). I discepoli, naturalmente, sapevano la verità: avevano visto i miracoli di Gesù, caratterizzati da compassione divina; avevano ascoltato i suoi sermoni che trafiggevano il cuore con autorità divina; avevano visto Gesù pregare, sapevano che passava lunghe ore in comunione con il Padre, e lo avevano visto servire i peccatori, senza però mai commettere peccato; avevano persino assistito all’approvazione visibile ed udibile del Padre. In altre parole, sapevano che Egli era da Dio ed è per questo che lo seguivano con tutto il cuore.
Anche i discepoli credevano che le parole che il Padre aveva dato a Gesù fossero vere e Lui aveva dato loro quelle stesse parole. Infatti, essi le ricevettero sia affermandole che agendo di conseguenza. Compresero veramente l’origine divina di Cristo, come colui che veniva dal Padre e Credevano anche nella sua missione. Avevano capito ciò che il prologo di Giovanni, articola chiaramente, che Egli è il Figlio di Dio, uguale per essenza ed eternamente coesistente con il Padre (1:1–2), Egli è il Creatore di tutte le cose (1:1, 3), la fonte della vita eterna e della luce spirituale (1:1,4). Essi riconobbero la gloria della Parola diventata carne, e sapevano che era “gloria come d’unigenito dal Padre… piena di grazia e di verità” (1:14). Ben presto avrebbero anche compreso le meraviglie della Sua morte e risurrezione e queste realizzazioni sarebbero state rivoluzionarie.
Dopo la Pentecoste, la prova della loro fede sarebbe stata dimostrata in modi drammatici, quando si sarebbero trovati a proclamare coraggiosamente Gesù come Signore a tutti coloro che avrebbero ascoltato. Sebbene avrebbero sofferto gravi persecuzioni e (per quasi tutti loro) il martirio, i discepoli non avrebbero mai abbandonato ciò che sapevano esser la verità. Anche la minaccia della morte non poteva minare la convinzione imperitura che Dio aveva posto nel loro cuore. La fede salvifica che era stata loro impartita era duratura per natura. Attraverso la loro obbedienza, dimostrarono d’essere tra coloro che il Padre aveva eletto come dono d’amore per il Figlio. Le loro opere non li salvarono, ma dimostrarono che la vera fede, quella salvifica, era viva in loro.
La Bibbia insegna che Dio porterà alla glorificazione tutti coloro che ha predestinato dall’eternità passata. Insegna anche che coloro che Dio ha veramente scelto risponderanno con fede al vangelo e persevereranno nella verità fino alla fine. Da un lato, questa perseveranza richiede uno sforzo diligente da parte dei credenti, dall’altro, è un’opera che Dio compie. Infatti, si può dire che tutta la vita cristiana (compreso il desiderio di perseguire la pietà) è il risultato della grazia di Dio. I discepoli dimostrarono d’essere tra gli eletti e d’esser coloro che avevano ricevuto, creduto e perseverato nella verità. Dei dodici, solo Giuda Iscariota non fu scelto, infatti tradì il Signore “affinché si adempisse la Scrittura” (Giovanni 19:36). Poiché essi avevano risposto in fede e ne avevano dimosrato la genuinità attraverso continua obbedienza, i discepoli provarono ciò che Gesù aveva sempre saputo esser vero sul loro conto – che erano stati scelti dal Padre come dono amorevole.
Questo fornisce quindi la seconda e ultima ragione per cui Gesù era fiducioso che il Padre avrebbe risposto alla sua preghiera per i discepoli. Il Padre gli avrebbe certamente protetti e purificati perché erano di sua possessione. Infatti Egli ribadisce il fatto che stava intercedendo esclusivamente a nome di coloro che il Padre aveva selezionato, Gesù rese chiaro che non pregava per il mondo intero, ma solo per i suoi. È vero che Dio mostra un tipo d’amore a tutte le persone del mondo (ciò che i teologi chiamano ‘grazia comune’), anche a coloro che rifiutano il vangelo. Infatti, Egli supplica i peccatori di ravvedersi e vuole che l’invito del vangelo sia esteso a tutti, Egli ” fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Matteo 5:45); tuttavia, l’opera intercessoria di Cristo come Sommo Sacerdote è solo per coloro che Gli appartengono eternamente perché dati a Lui dal Padre. Infatti, l’unico caso registrato nel Nuovo Testamento, dove Cristo prega per coloro che non sono rigenerati è sulla croce: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).
Questa preghiera però, funge come modello per i credenti ad “amare i loro nemici e pregare per coloro che li perseguitano” (Matteo 5:44; 2 Tim 2:26). Il mondo non redento non era di suo interesse in questa preghiera. L’attenzione era su coloro che il Padre gli aveva dato e per i quali stava per morire e provveder espiazione, essi sarebbero stati salvaguardati da questo mondo, specialmente durante i prossimi eventi riguardanti il suo arresto, il processo del suo caso e la crocifissione stessa. La dichiarazione di Gesù in Giovanni 17:10, “Essi sono tuoi; e tutte le cose mie sono tue, e le cose tue sono mie” sottolinea la sua fiducia nel fatto che gli undici appartenevano a Dio. Come gli apostoli stessi, tutti i veri credenti appartengono al Padre, essendo stati adottati nella Sua famiglia attraverso il Figlio, ed essendo stati sigillati e purificati dallo Spirito Santo. Poiché il Padre ed il Figlio hanno tutto in comune, anche i credenti appartengono a Cristo, coloro che appartengono al Padre appartengono al Figlio e viceversa. Infatti, il Signore notò inoltre che Egli era stato glorificato in loro. Anche ora, la loro fede in Lui come Figlio di Dio gli dava gloria. Quindi Cristo testimonia che il dono della fede dato ai discepoli ha permesso loro di riconoscerlo e confessarlo anche nel suo stato d’auto-umiliazione.
Anche dopo la Sua ascensione, la gloria di Cristo continuerà ad esser presente sulla terra attraverso i Suoi seguaci. Questa richiesta era in perfetta armonia con lo scopo del Padre, che sarebbe quello di dare al Figlio un’umanità redenta che lo avrebbe glorificato per sempre. Ecco perchè l’obiettivo per eccellenza di tutto ciò che un cristiano compie è quello di portare gloria a Dio. I credenti sono chiamati a riflettere la gloria di Cristo in un mondo di tenebre. Il desiderio di glorificare Cristo continuerà per tutta l’eternità, quando i credenti s’uniranno agli angeli nel magnificare ed esaltare il Figlio per sempre. Il fatto che gli apostoli (come tutti gli altri credenti) possano essere trasformati da ribelli ed amanti di questo mondo ad adoratori santificati e glorificatori di Dio è il vero miracolo della grazia nella salvezza. Anche se la rigenerazione avviene in un momento nel tempo, è un miracolo che è stato pianificato fin dall’eternità passata e comporta implicazioni eterne future.
Tutti i credenti (compresi gli undici discepoli), furono scelti e reclamati dal Padre prima della fondazione del mondo e furono promessi al Figlio come come espressione tangibile del Suo amore infinito. Questo è il lato divino della salvezza. Il lato umano invece, è la fede perseverante e l’obbedienza con cui i discepoli hanno dimostrato d’appartenere veramente a Dio. Allo stesso modo, i credenti di tutti i tempi possono esser altrettanto sicuri d’essere veramente salvi.
Oggettivamente, questa certezza viene dalla promessa della Bibbia che chiunque abbracci sinceramente Gesù Cristo come Signore e Salvatore sarà salvato (Rom 10:9–10). Soggettivamente, questa sicurezza deriva dal frutto della fede e dall’obbedienza continua nella vita d’una persona, al di là di quali siano le tentazioni o le prove d’affrontare. Ascolta le potenti parole di Pietro:
Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesú Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesú Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi. Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben piú preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesú Cristo. Benché non l’abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime. (1 Pietro 1:3–9)
Come gli undici, tutti i veri discepoli di Cristo dimorano nella Sua Parola ed obbediscono amorevolmente ai Suoi comandi. Tale comportamento è possibile solo perché i loro cuori sono stati cambiati da Dio, che li ha attirati al Figlio e li ha rigenerati attraverso lo Spirito. Assicurare la conservazione della fede dei discepoli è un’opera divina che il Signore compie con potenza. Nulla può separare i Suoi dal Suo amore, ed Egli è disposto e “capace anche di salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro.” (Ebrei 7:25).
Di fronte alla Sua assenza nel sopportare il peccato, anche se solo per poche ore, Gesù chiese al Padre di proteggere coloro che gli aveva dato. Nel fare questa richiesta, Gesù espresse l’assoluta certezza che il Padre avrebbe fatto ciò che Egli richiedeva. La sua confidenza non era nella fede o nell’ingegnosità dei discepoli, ma nell’amore e nella potenza del Padre stesso. Egli sapeva che ciò che il Padre aveva promesso fin dall’eternità avrebbe certamente compiuto ed assicurato nel presente.
Traduzione a cura di Marco Bovino
Il presente articolo è tratto da Expositor Magazine, May-June 2016, n. 11.
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Tematiche: La predicazione espositiva, Preghiera
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