Essere un amministratore: l’ottavo comandamento

 

 

 

Questo articolo è parte di una serie sui Dieci Comandamenti. La Parola di Dio ci rivela le leggi che egli richiede per vivere nel mondo, così come sono state da lui stabilite. Solo vivendo secondo questa legge possiamo prosperare e godere del proposito per cui siamo stati creati: glorificare Dio e godere di una relazione con lui. Questa serie esplora come i cristiani, la cui identità è in Cristo e la cui eredità è riposta nell’eternità, dovrebbero vivere concretamente i Dieci Comandamenti.

 

“Non rubare”. Esodo 20:15

 

Ricordi la prima volta che hai preso in mano un cubo di Rubik? Forse i quadrati colorati hanno attirato la tua attenzione e stuzzicato la tua curiosità. Qualcuno ti ha spiegato come funziona il puzzle e tu hai pensato: “è semplice, tutto quello che devo fare è abbinare i colori!” Probabilmente non è passato molto tempo prima di renderti conto che risolvere il cubo di Rubik è più complicato di quanto avevi pensato inizialmente. Il puzzle è apparentemente semplice. Penso che anche l’Ottavo Comandamento sia apparentemente semplice. Leggiamo due brevi parole: “Non rubare” e pensiamo di comprendere tutto ciò che Dio si aspetta da noi. Dio non vuole che prendiamo nulla che non sia nostro: chiaro! Passiamo al Nono Comandamento! Anche se questa breve analisi non è sbagliata, è ben lontana da abbracciare la profondità dell’Ottavo Comandamento. Ci sono ragioni profonde per cui non dovremmo rubare e profonde applicazioni su come trattiamo le altre persone, le cose e noi stessi.

 

Perché no?

Per alcuni, l’idea che non dovremmo rubare può sembrare ovvia. Altri potrebbero pensare che le cose non siano così chiare. Alcuni sostengono che potrebbe essere giusto, almeno in alcune occasioni prendere cose che non ci appartengono. In entrambi i casi dobbiamo rispondere alla domanda: perché rubare è sbagliato? C’è una verità fondamentale dietro questo comando. In senso totale e assoluto non possediamo nulla. Dio è il Creatore di tutto e di tutti, e quindi, in sostanza, è lui che possiede tutto. Come dice anche Dio alcuni versi prima dei Dieci Comandamenti: “tutta la terra è mia” (Es. 19:5; vedi anche Sal. 24:1-2). Ciò significa che tutto ciò che abbiamo e consideriamo nostro è davvero un dono, messo a disposizione da Dio. Il teologo J. Douma spiega che “in senso stretto, in termini di rapporto con Dio, l’uomo non è proprietario, ma semplicemente ha delle cose in suo possesso”.

Come si collega questo all’Ottavo Comandamento? Quando prendiamo da qualcun altro, non stiamo semplicemente facendo un torto a un’altra persona, stiamo prendendo da Dio. Inoltre, quando rubiamo, diciamo anche a Dio che siamo insoddisfatti di ciò che ci ha provveduto e che pensiamo di sapere meglio di lui come vadano distribuiti i suoi doni. Rubare non solo ferisce un’altra persona, ma mette in dubbio la bontà e la saggezza di Dio. Rubare è una sfida diretta all’autorità di Dio. Ciò significa che l’Ottavo Comandamento proibisce molto di più del semplice rubare (sebbene ovviamente proibisca ogni furto e rapina).

 

Cos’è proibito?

Il Catechismo di Heidelberg spiega che il divieto di rubare non riguarda solo i reati, ma “tutti i trucchi e gli stratagemmi malvagi con cui progettiamo di appropriarci dei beni che appartengono al nostro prossimo”. In altre parole, ci sono molti modi per rubare senza infrangere alcuna legge, ma qualsiasi metodo usiamo per ottenere qualcosa per noi stessi che appartiene in realtà ad un altro, infrange l’Ottavo Comandamento. Ciò è sbagliato sia che venga fatto con la forza, con l’inganno o con la frode. Quando iniziamo a comprendere questo comandamento, vediamo che si applica alle nostre interazioni e ai nostri comportamenti in tutti gli ambiti della vita. Infrangiamo il comando, come evidenzia il Catechismo di Westminster, attraverso “l’ingiustizia e l’infedeltà nei contratti… in materia di fiducia, oppressione, estorsione, usura, corruzione, cause vessatorie, confini ingiusti, depredazioni, contraffazioni di merci… prendendo o negando al nostro prossimo ciò che gli appartiene… vendendo a un prezzo eccessivo… invidiando la prosperità degli altri”.

Senza analizzare questo elenco nel dettaglio perché richiederebbe troppo tempo, possiamo comunque notare che il comandamento si applica a tutte le relazioni personali, a tutti gli affari, accordi lavorativi e professionali, nonché a tutti i pensieri e i desideri del nostro cuore. Niente è veramente nostro e niente è veramente nostro da poter essere preso. Tutte le persone e le cose appartengono a Dio e questa consapevolezza dovrebbe governare ogni interazione e pensiero.

 

Cosa ci si aspetta da noi?

Oltre a proibire alcune cose, l’Ottavo Comandamento richiede da noi delle cose. Poiché nulla è veramente nostro, dobbiamo trattare tutte le cose come beni che Dio ci ha affidato. In una parola, dobbiamo essere amministratori. Un amministratore è qualcuno che gestisce i beni appartenenti ad un altro. Se non usiamo le cose che Dio ci ha dato per il suo regno e la sua gloria, allora lo stiamo derubando. Non dovremmo dare per scontato, abusare, trascurare o sprecare le cose, i doni, i talenti e il tempo che Dio ci ha affidato.

Gesù una volta raccontò la storia di un uomo che affidò i suoi soldi a tre dei suoi servi mentre era in viaggio. Due servi usarono i loro soldi per guadagnare più soldi per il padrone e furono lodati. Il terzo servo nascose il denaro e lo restituì al padrone al suo ritorno. Il padrone non ne fu contento e lo definì “malvagio e fannullone” (Mat. 25:26). Il servo era malvagio perché avrebbe dovuto conoscere le aspettative che si hanno verso un buon amministratore. Era fannullone perché, pur sapendo che il suo padrone si aspettava che facesse buon uso del denaro che gli era stato affidato, non fece nulla. Di conseguenza, il terzo servitore viene chiamato “inutile” e gettato nelle “tenebre di fuori” (Mat. 25:30). Questa storia ci ricorda che un giorno Dio ci riterrà tutti responsabili della gestione dei suoi doni. Non dobbiamo derubare Dio trascurando, abusando o accumulando i suoi doni.

 

L’Amministratore perfetto

Gesù Cristo è un esempio di amministratore perfetto e, ancor meglio, lui obbedì perfettamente all’ottavo comandamento per nostro conto. Gesù non ha mai preso nulla che non fosse suo. Inoltre, ha dato tutto ciò che aveva al servizio di Dio Padre. Gesù ha detto al Padre: «Ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l’opera che mi hai dato da compiere» (Giov. 17:4). Gesù ha obbedito al Padre e ha dato tutto ciò che il Padre aveva richiesto per la redenzione del suo popolo. Non era solo tempo, energia, obbedienza e adorazione, ma la sua stessa vita (Fil. 2:8).

Sulla croce Gesù ha dato la sua vita per la nostra. La giustizia di Dio richiedeva che il nostro peccato fosse punito. Il piano di salvezza di Dio richiedeva che il Figlio diventasse uomo e morisse al posto nostro, prendendo su di sé quel castigo. Anche la vita che Cristo ebbe nell’incarnazione fu un dono di Dio. È stato concepito dallo Spirito Santo. Sebbene Cristo guardasse alla croce con dolore e angoscia, pregò il Padre “non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu” (Mr. 14:36). Cristo ha dato gratuitamente la sua vita affinché noi che violiamo l’Ottavo Comandamento possiamo avere la vita eterna!

 

Tematiche: Antico Testamento, Decima, Denaro, Donare, Vita Cristiana

Andrew Menkis

Andrew Menkis

Ha conseguito una laurea in Filosofia e Studi Classici presso l’Università del Maryland e un master in Teologia Storica presso il Westminster Seminary in California. È professore biblico al liceo e la sua passione è insegnare le cose profonde di Dio in modi comprensibili e accessibili a tutti i seguaci di Cristo.

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