Dovresti invitare Gesù nel tuo cuore?

Comprendere Giovanni 1:12 nel modo corretto

 

 

È utile criticare il metodo di evangelizzazione di una persona o di un ministero? Per prima cosa, non ci sono abbastanza persone che invitano gli altri a seguire Cristo.

Dovrei tentare di rendere inefficienti gli sforzi di qualcuno in modo lievissimo, anche per i pochi che potrebbero ascoltarmi? Spero di no. Preferirei piuttosto pensare che sto migliorando la nostra proclamazione del Vangelo.* E sicuramente essa ha bisogno di miglioramenti.

 

Gli apparenti risultati del metodo di appello evangelistico costruito sul versetto in questione (Giovanni 1:12, insieme ad Apocalisse 3:20) non possono sicuramente essere discussi. Penso di poter dire con facilità che quasi tutti i risultati evangelistici provenienti dall’America, e anche dal resto del mondo, sono radicati in un metodo che emerge da una visione problematica di Giovanni 1:12 che in seguito svelerò. Un’organizzazione universitaria i cui collaboratori usano quasi sempre questo versetto, con quella che credo sia una comprensione errata di esso, afferma che ogni anno decine di migliaia di persone vengono vinte a Cristo attraverso i suoi molteplici ministeri in tutto il mondo. Ho conosciuto molti dei coinvolti in questo ministero e posso attestare la sincerità di questi collaboratori e la loro volontà di essere audaci per Cristo.

Tuttavia la maggior parte degli operatori evangelistici non può sbagliare e sicuramente i pastori che hanno insegnato questa particolare visione non possono essere in errore. Almeno dal lato ad hominem dell’argomento, sembrerei piuttosto sciocco se mi stessi opponendo a persone così fedeli e mi stessi sbagliando io stesso. Quindi, procederò con delicatezza. Sto parlando ad amici che si preoccupano tanto quanto me della buona proclamazione del Vangelo.

 

Dato che in passato ho fatto grande uso di Giovanni 1:12 con quella che considero un’interpretazione sbagliata, penso di avere il diritto di parlare apertamente di come la vedo oggi. Ho osservato decine di persone che hanno risposto positivamente al mio uso sbagliato di questo versetto nel corso di diversi anni del mio primiero ministero. C’è qualcosa che mi perseguita a riguardo. Ho chiesto loro di fare quello che pensavo richiedesse questo versetto, e l’hanno fatto.

Inizialmente, una delle motivazioni per abbandonare questo concetto aveva a che fare con l’osservare che molti dei miei convertiti provenienti dall’uso sbagliato di Giovanni 1:12 sembravano essere falsi convertiti. Diversi cambiamenti sono avvenuti quando decisi che non potevo convivere comodamente con tutto ciò.

 

Spero che tu mi capisca quando dico che anche a me “manca” questo versetto come strumento evangelistico fondamentale. Il vecchio metodo era più semplice, produceva risultati che sembravano più immediati, riceveva l’approvazione di quasi tutti i miei amici e richiamava molte illustrazioni colorate per sostenerlo. Non appena ho capito il versetto sotto un’altra luce, ho perso la mia principale arma concettuale. C’è voluto del tempo per capire come avrei presentato una risposta al Vangelo da quel momento in poi.

 

Uno sguardo al versetto nel suo contesto

Non ti ho detto il concetto che molti traggono erroneamente da questo verso. Lo farò dopo aver citato il versetto nel suo contesto (1:10-13).

 

Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, ma il mondo non L’ha conosciuto. È venuto in casa Sua e i Suoi non L’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che L’hanno ricevuto Egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel Suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio.

 

Qual è l’uso sbagliato di Giovanni 1:12 a cui stavo alludendo? Ha a che fare con l’uso della parola “ricevere” che è intesa nel senso che una persona non convertita deve “chiedere a Gesù di entrare nel suo cuore”, quale invito del Vangelo. L’uso sbagliato di questa parola, in tandem con Apocalisse 3:20 («Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno apre la porta…», un appello agli erranti credenti professanti che devono aprire i loro cuori a una più genuina comunione con Cristo) ha plasmato la moderna proclamazione del Vangelo in occidente (e non solo), rendendo la nostra proclamazione del Vangelo molto diversa da quella degli apostoli.

 

Allora che cosa sta effettivamente dicendo questo versetto nel contesto in cui si trova?

  1. Primo, esso dichiara che gli esseri umani di tutto il mondo, e gli Ebrei in particolare, furono ciechi di fronte a Gesù. Non capirono chi fosse. Non Lo hanno conosciuto sebbene Egli avesse creato tutti loro. Da soli, furono incapaci di percepire chi fosse Cristo. Essi non Lo hanno “ricevuto” o “accolto” o “accettato” o “riconosciuto adeguatamente”. Benché qui non sia insegnata la dottrina in piena regola della depravazione totale dell’uomo quale caratteristica di ogni persona, essa è implicita a causa dell’universalità del loro rifiuto di Cristo, a parte il caso speciale che Giovanni menzionerà.

 

  1. Secondo, esso ci insegna che alcune persone, indipendentemente dalla loro cecità generale, hanno il potere (o il diritto effettivo) di diventare figli di Dio. Sono coloro che Lo ricevono. Cioè, sono coloro che Lo accolgono, Lo accettano o Lo riconoscono favorevolmente. Così, in mezzo al rifiuto generale, ci sono alcuni che Lo accolgono. Questa parola “ricevere” non fa riferimento a “coloro che invitano Cristo nei loro cuori”, ma piuttosto a coloro che Lo accolgono per chi Egli è: veramente Dio. 

Un semplice confronto con la parola “ricevere” nei versetti 11 e 12 renderà chiaro che questa parola non può avere il significato di invitare Cristo a entrare**, come è comunemente usato nella proclamazione del Vangelo in Occidente. Ecco l’errore che ha generato molta confusione nella proclamazione del Vangelo.

 

  1. Terzo, esso insegna che la ricezione di Gesù deve essere ulteriormente qualificata. In altre parole, la semplice accoglienza di Cristo non è abbastanza, ma chi riceve deve credere, «a quelli, cioè, che credono nel Suo nome». Ci sono due modi per intendere questo. Giovanni potrebbe significare che questo “ricevere” equivale a “credere”. In altre parole, le due parole potrebbero essere usate in modo intercambiabile. Oppure, Giovanni potrebbe star dicendo che la ricezione di Cristo deve includere la fede. Sarebbe come se Giovanni stesse dicendo: “Coloro che lo ricevono hanno il diritto di diventare suoi figli, ma intendo “ricevere” più il vero credere o la vera fede”. Entrambe le sfumature alla fine ci portano alla fede. Sappiamo che la fede è più della semplice ricezione di Cristo in verità, o come Egli è effettivamente. Questo è il suo principio. Ma la fede è di più. Essa è fare affidamento sul Cristo che è venuto nel mondo per la Sua missione destinata, morire per noi. Coloro che credono (e che iniziano con l’accoglienza di Lui) hanno diritto di diventare figli.

 

  1. Quarto, il figlio di Dio sperimenta qualcosa al di là (e io sostengo, prima) della sua fede. Dio, in altre parole, sta facendo qualcosa per renderlo un Suo figlio che non potrebbe essere fatto semplicemente su iniziativa dell’uomo. Infatti, la figliolanza di queste persone non ha nulla a che fare con la linea di sangue, la decisione umana o la volontà degli altri per suo conto. Quando Giovanni dice che una persona deve ricevere e credere, tuttavia la sua nascita in famiglia non ha nulla a che fare con il sangue, la decisione umana o la volontà di un altro, allora sta riconoscendo qualcosa di misterioso e profondo. La salvezza, per quanto vorremmo dire diversamente, non può essere in definitiva attribuita in alcun modo all’uomo neanche nel suo credere, ma è prima di tutto un atto di Dio.

 

Il versetto 13 può trasmettere l’idea che l’ordine per raggiungere la figliolanza inizi con la nascita («i quali sono nati», enfasi mia) che si traduce nella fede che si dice sia necessaria per la figliolanza («quelli, cioè, che credono nel Suo nome; i quali… sono nati da Dio»). Se quest’ordine fosse corretto, potremmo dire che la rigenerazione, almeno in una sorta di ordine filosofico, precede la fede. Se non dicessimo questo, dovremmo dire che Giovanni sta insegnando che essa sia almeno concorrente alla fede di un uomo. Mentre l’uomo crede, nasce; mentre nasce, crede. Ma, poiché Giovanni asserisce che la “decisione umana” non potrebbe dare inizio a questa nascita necessaria per essere un figlio, sembra che metterla [quest’ultima] prima dell’esercizio della volontà di credere sia il modo giusto per vedere la cronologia.

 

Dove ci lascia questo?

La moderna proclamazione del Vangelo non ravvisa quasi mai i versetti 11 e 13 del passo, e quindi usa il versetto 12 in modo persistente e sbagliato. Non ravvisando il versetto 11, fallisce nel capire correttamente “ricevere”, portando a tutti i tipi di problemi. Poiché la moderna proclamazione del Vangelo fallisce nel pensare al versetto 13, vediamo una dipendenza non adeguata da Dio e un non pieno riconoscimento di Dio quale autore della salvezza. Questo spiega, in parte, perché si può trovare tanto orgoglio nella proclamazione del Vangelo.

 

L’idea che “ricevere” significhi “invitare Cristo nel cuore” ci crea enormi problemi. È un concetto facile da trasmettere, d’accordo. Solevo dire che non avrei mai parlato alle persone riguardo del credere in Cristo, che è difficile da spiegare a causa dei vari livelli di significato, ma avrei usato solo l’idea di “invitare Cristo a entrare”. Anche un bambino può capirlo. Ma, quando le Scritture nel loro insieme non supportano questa idea, sono libero di fare del mio concetto sbagliato il fulcro della risposta al Vangelo? Oltre ad Apocalisse 3:20, anch’esso frainteso, nessun posto nella Bibbia sembra promuovere questa idea di “invitare Cristo a entrare nel cuore”. L’idea di credere in Cristo è espressa nel Nuovo Testamento oltre cinquecento volte, ma non si fa menzione di “invitare Cristo a entrare”. Novantotto volte “credere” e le sue varie forme sono usate nell’evangelistico libro di Giovanni. Siamo d’accordo che molte volte si parla dell’idea della fede alla luce del cammino del cristiano, ma molte altre volte si parla della fede in termini di ingresso nella famiglia di Dio.

 

Quando usiamo il concetto di “invitare Cristo a entrare nel cuore” stiamo derubando la fede della sua ricchezza. La salvezza si riduce a un atto più che a una vita. Non esiste una preghiera [pre]formulata (“Io adesso t’invito nel mio cuore”) che salvi automaticamente. Un uomo può essere salvato solo attraverso la fede. Sebbene si parli di un qualcosa chiamato “la preghiera del peccatore”, esso non si trova nella Bibbia. Dovrai cercare negli opuscoli che promuovono l’idea di “invitare Cristo a entrare” per trovare una tale preghiera. Pensa a quanto la proclamazione del Vangelo a cui sei stato esposto si basa sull’idea che una tale preghiera sia recitata prima che una persona possa essere salvata.

 

Quando la Bibbia parla di invocare il nome del Signore, potrebbe intendere qualcosa come evocare il nome di Cristo per essere ricevuti da Dio, un concetto sano. Ma indipendentemente da ciò che potresti pensare sulla saggezza di usare una preghiera per diventare un figlio di Dio, alla fine potrebbe non essere necessario. È certamente solo accessorio, al massimo. È il “credere in Cristo” a essere considerato il legame tra l’uomo perduto e Cristo, come si vede in tanti comandamenti ed esperienze nella Bibbia. Paolo e Pietro non dissero “ripeti questa preghiera dopo di me” alla fine dei loro messaggi. Piuttosto, le persone ascoltavano e credevano, il più delle volte durante la loro predicazione del Vangelo. D’accordo, alcuni potrebbero aver pregato come modo per esprimere la loro fede (sebbene non abbiamo testimonianze di tale preghiera al di fuori di Luca 18:13, una preghiera diversa dalla tipica “preghiera del peccatore”), ma non si può dire che una preghiera del genere sia richiesta dagli apostoli o da Dio.

 

Alcuni che dubitano della loro salvezza hanno affermato che sicuramente non devono essere veri cristiani perché: «Non ho chiesto a Gesù di entrare nel mio cuore». Farebbero molto meglio a esaminare la fede che dicono di avere. Farebbero meglio di così esaminando l’evidenza della vita nell’anima; e forse meglio ancora distogliendo prima lo sguardo da se stessi per volgerlo a Cristo, poi scoprendo quando hanno creduto per la prima volta.

 

Ecco cosa dovremmo fare:

  1. Dovremmo seppellire per sempre l’idea di “invitare Cristo a entrare nella vita”. Anche se due versetti potrebbero essere interpretati per dire che questa è una possibilità, la semplice quantità di altri versetti che affermano chiaramente che la fede in Cristo è l’invito del Vangelo, dovrebbe portarci ad abbandonare il concetto in quasi tutti i casi. So che Cristo è nel credente, ma anche il credente è in Cristo. Il secondo concetto può essere menzionato nel Nuovo Testamento più del primo, ma non abbiamo persone che pregano per entrare in Cristo? No, dobbiamo dirgli di credere. Intendiamo un credere che implichi il ravvedimento (voltarsi dall’altra parte e rivolgersi a) e un credere che influenzi la nostra vita da quel momento in poi.

 

  1. Dovremmo abbandonare il metodo del “recitare la preghiera” per il nostro appello. Potete pregare per le persone, e anche con le persone, ma non lasciate nemmeno intendere che recitare una certa preghiera salvi. Non è così. Nessuna preghiera obbliga automaticamente Dio a ricevere un peccatore. Dio è personale e si cerca, a Lui si parla, sono d’accordo. Ma quando ci viene chiesto cosa Egli si aspetti, va detto che Dio esige che noi crediamo. «Fa’ questo e vivrai!» Di nuovo, per “credere” stiamo intendendo più del semplice riconoscimento di Cristo; intendiamo l’aderenza a Cristo e alle sue parole, alle sue promesse, alla sua speranza futura e fiducia in ciò che ha fatto per i peccatori con la Sua vita, morte, risurrezione, ascensione e intercessione che non potrebbe essere fatta da nessun essere umano, un trasferimento di fiducia che influenza per sempre la nostra vita e il nostro comportamento.

 

  1. Dovremmo usare la terminologia biblica “credere” in Cristo. Nel Nuovo Testamento ci sono altri modi per esprimere ciò, ma “credere” è costantemente mostrato come l’essenza della nostra risposta. Non elencherò i versetti qui, ma niente potrebbe essere più facile da trovare nel Nuovo Testamento. Leggi il Vangelo di Giovanni per vederlo ripetuto decine di volte. Oppure leggi il libro degli Atti con questo in mente. Chiediti: «Cosa si aspettavano gli apostoli che le persone facessero in risposta al loro messaggio?» 

Ricorda che gli opuscoli ti citano versetti su versetti che parlano di credere, e poi, alla fine della presentazione, li connettono con Giovanni 1:12 e Apocalisse 3:20, interpretati erroneamente. Concludono il discorso con una preghiera [pre]formulata [da recitare]. Non seguire più questo schema.
È sufficiente istruire le persone a credere in Cristo, con una sana fede che porta al ravvedimento.

 

  1. Dovremmo anche dedicare molto più tempo a parlare dell’orrore del peccato e dell’opera di Cristo per i peccatori. Il nostro lavoro principale non è tanto quello di spiegare la risposta del peccatore a Cristo (che è importante principalmente per i finti credenti), ma di lavorare sul Vangelo in sé. Quando siamo brutalmente onesti con le persone riguardo al loro peccato e lucidi sull’unica risposta in Cristo, nella Sua morte e nella Sua risurrezione, allora abbiamo predicato il vangelo. Abbiamo fatto il necessario per cooperare con lo Spirito nella loro conversione. Lavoreremo effettivamente contro lo Spirito quando saremo coinvolti in un approccio [pre]formulato al Vangelo in contrasto con una proclamazione colma di contenuti. Cogli il messaggio giusto e dipendi da Dio per convincere e convertire. Saprai che qualcuno è salvato, non quando “recita la preghiera”, ma quando si ravvede e crede in Cristo, con l’evidenza di seguirLo veramente. Chiedi: «Credi Tu?»

 

Se continuiamo

Se continuiamo con l’attuale modello di proclamazione del Vangelo, continueremo a vedere i risultati che tale modello porta automaticamente. Cioè, vedremo persone che recitano sinceramente una piccola preghiera e che, per la maggior parte, non hanno realmente creduto in Cristo. Ebbene, noi sperimenteremo sempre delle cadute a un certo livello, anche se siamo fedeli alle parole bibliche, perché anche Gesù ha avuto i suoi falsi convertiti, come pure Paolo e altri. Questo spiega perché così spesso il Nuovo Testamento dice: «Non v’ingannate». Tuttavia, quando promuoviamo l’idea che recitare una preghiera, invitare Cristo a entrare o ricevere Cristo è ciò che Dio richiede, aumentiamo il problema, producendo un numero enorme di “credenti” non credenti. Continueremo ad avere molta più zizzania che grano. Chi non vorrebbe cambiare quella triste realtà?

 

Sono imbarazzato dal mio misero modo di spiegare ciò che sto cercando di aiutarti a vedere. Ma forse sarai in grado di afferrare questi concetti più profondamente. Come minimo, sto chiamando a una proclamazione del Vangelo più pura, basata sulla Bibbia e non sulla facilità, sulla storia o sulla praticità. Non tirarti indietro nel tuo fervore, ma usa il metodo giusto. È ovvio che, anche se la quantità sarà inferiore, il maggior numero di veri convertiti verrà da una buona metodologia. So che Dio alla fine salva e che Egli può usare qualsiasi cosa voglia per farlo, ma sicuramente abbiamo ragione a purificare continuamente la nostra proclamazione del Vangelo per la Sua gloria.

 

 

Traduzione a cura di Christian Tursi

 

Tematiche: Conversione, Evangelizzazione, Vangelo

Jim Elliff

Jim Elliff 

 

E’ fondatore e presidente di Christian Communicators Worldwide. Per quasi vent’anni prima dell’inizio della CCW, ha servito come pastore insegnante o nella squadra pastorale delle chiese in Florida, Arkansas, Texas e Oklahoma.

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