Dire una buona parola: il nono comandamento
Questo articolo è parte di una serie sui Dieci Comandamenti. La Parola di Dio ci rivela le leggi che egli richiede per vivere nel mondo, così come sono state da lui stabilite. Solo vivendo secondo questa legge possiamo prosperare e godere del proposito per cui siamo stati creati: glorificare Dio e godere di una relazione con lui. Questa serie esplora come i cristiani, la cui identità è in Cristo e la cui eredità è riposta nell’eternità, dovrebbero vivere concretamente i Dieci Comandamenti.
Non attestare il falso contro il tuo prossimo. Esodo 20:16
Le parole contano. Nonostante ciò, nel mondo d’oggi non mancano i modi in cui la parola può dimostrarsi dannosa. Basta dare una rapida occhiata alla durezza dei commenti online, alle bugie irriverenti dei personaggi pubblici, alla scia di pettegolezzi e tutto questo evoca in noi un senso di ingiustizia e forse anche di disgusto. Sicuramente questi esempi dal mondo mostrano l’importanza di comprendere e mettere in pratica il nono comandamento ai giorni d’oggi.
La Chiesa non è esente da questa esigenza. Nonostante il proverbio popolare secondo cui “bastoni e pietre possono rompermi le ossa, ma le parole non mi faranno mai male”, i cristiani sanno che le nostre parole hanno un grande effetto e un grande potere sul nostro prossimo nel bene e nel male (Prov. 18:21). Per questo motivo diversi libri biblici parlano dell’importanza del nostro parlare (Sal. 141:3, Matt. 12:36, Col. 4:6). Questo è il motivo per cui dire la verità è importante (Zac. 8:16, Ef. 4:25), non solo perché è una cosa giusta da fare, ma perché Dio è un Dio di verità (Sal. 51:6, Is. 65:16).
Il 9° Comandamento e dire la verità
In tutti i Dieci Comandamenti c’è qualcosa che ci viene richiesto. Nel nono comandamento siamo chiamati a dire la verità, soprattutto quando si tratta di parlare del prossimo, con il prossimo o di testimoniare in tribunale. Il Catechismo in sintesi di Westminster afferma che dovremmo avere interesse a “mantenere e promuovere la verità tra uomo e uomo, e il buon nome nostro e del nostro prossimo, specialmente nell’atto di rendere testimonianza”. In sintesi, i cristiani dovrebbero essere attivi nel parlare e cercare la verità legata alla reputazione del nostro prossimo e alla nostra (At. 25:10, 3 Gv.12).
Inoltre, il catechismo pone l’accento sul parlare sinceramente quando si tratta di rendere testimonianza. Nei casi in cui un giudice o una giuria è tenuta a decidere se qualcuno è colpevole, un testimone sincero può aiutare a preservare la verità e il buon nome di qualcuno. D’altra parte, una falsa testimonianza può essere incredibilmente dannosa (Prov. 14:5, 25). A causa dell’enorme responsabilità che un vero testimone ha, è logico che Dio chiami i cristiani a essere persone di verità in ogni momento, specialmente quando la verità e la reputazione di una persona vengono determinate in tribunale (Prov. 31:8-9). Che privilegio è per i cristiani parlare giustamente a favore della verità (Sal. 15:2)!
Difendere il buon nome del nostro vicino
Anche se non tutti i cristiani avranno l’occasione di parlare in tribunale, ci sono ancora innumerevoli situazioni informali a scuola, sul posto di lavoro, in chiesa e negli incontri sociali in cui abbiamo l’opportunità di dire la verità e promuovere il buon nome del nostro prossimo. (Sal. 15:3, 1 Cor. 13:6-7). I Dieci Comandamenti non analizzano soltanto la nostra condotta esteriore, ma anche quella interiore. Il Catechismo esteso di Westminster lo esprime in questo modo: oltre ad essere sinceri e positivi riguardo al nome del nostro prossimo con le nostre parole, siamo chiamati ad esprimere “una stima caritatevole del nostro prossimo” nel nostro cuore e nei nostri pensieri e a essere attivi nel “difendere la loro innocenza”. Inoltre, dovremmo essere sempre pronti a “ricevere un buon resoconto” e avere “riluttanza ad accettare un cattivo resoconto”.
Sia per i bambini sia per gli adulti, queste istruzioni probabilmente rivelano che abbiamo infranto il nono comandamento più spesso di quanto ce ne rendessimo conto. In alcuni casi, soprattutto per le persone che potrebbero non piacerci, potremmo persino mascherare le nostre parole dure, il disprezzo degli altri e i pettegolezzi su di loro con il semplice pretesto di voler conversare. Tuttavia, nella saggezza e nell’insegnamento di questo comandamento, queste conversazioni non dovrebbero mai iniziare né diffondersi.
Questo comandamento, invece, ci incoraggia ad avere un atteggiamento nella parola e nel pensiero verso il prossimo che ricerca il suo buon nome, alla luce della verità. Questo è qualcosa che può rappresentare una sfida quando condividiamo richieste di preghiera in piccoli gruppi o quando parliamo durante la pausa di un collega irritante. Non basta cercare semplicemente di non essere negativi. Il nono comandamento ci porta ad avere conversazioni che cercano il bene e la verità del nostro prossimo piuttosto che fare commenti scettici e amareggiati quando sentiamo affermazioni favorevoli su di lui. Potremmo chiederci prima di parlare: “Quello che dico sta onorando questa persona?”. È davvero una bella cosa pronunciare parole piene di vita in favore del mio prossimo! (Prov. 15:4, 16:24).
La vita cristiana e il 9° comandamento
I comandamenti di Dio sono tutt’altro che gravosi (1 Gv. 5:3). In un mondo pieno di giudizi duri, insulti e critiche, i cristiani hanno l’opportunità di mostrarsi esemplari nella condotta e nel parlare essendo gentili e disponibili con gli altri nei propri discorsi piuttosto che usare parole crudeli e umilianti (Ef. 4:29). Inoltre, i credenti hanno la possibilità di onorare le persone create a immagine di Dio parlando di loro in modo sincero e gentile (Gc. 3:9).
Paradossalmente, questo comandamento ha una grande attinenza alla vita cristiana poiché i credenti vengono talvolta diffamati a causa di Cristo (Mat. 5:11). Nonostante ciò, le nostre risposte non dovrebbero essere intrise di calunnie e malignità (1 Pt. 3:9). I cristiani possono, invece, rallegrarsi quando il proprio buon nome viene calunniato perché la propria “ricompensa è grande nei cieli” (Mat. 5:12).
Anche se essere diffamati è qualcosa di doloroso, grazie alle parole di Gesù e alla consolazione che i nostri nomi sono scritti nel Libro della Vita (Ap. 13:8, Ap. 17:8-13), possiamo essere desiderosi di sostenere la verità e il buon nome degli altri, anche quando il nostro nome non lo è. Tuttavia, nei momenti in cui falliamo, possiamo fiduciosamente affidarci a Cristo, il nostro perfetto Salvatore, il quale “…non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno. Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente” (1 Pt. 2:22-23).
Tematiche: Antico Testamento, Verità, Vita Cristiana
© CoreChristianity, © Coram Deo
Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.