Desidero conoscere la volontà di Dio
Articolo tratto da “A Sua immagine” di Jen Wilkin
Se ti sei già chiesto: “Desidero conoscere la volontà di Dio per la mia vita?”. Allora, questo libro fa per te. Se hai già guardato al percorso della tua vita domandandoti se ti stessi dirigendo sulla strada giusta o verso un precipizio, allora prosegui con la lettura. Spero che una volta che avrai ultimato di leggere queste pagine, non dubiterai mai più su quale sia la volontà di Dio per te o perlomeno, non nel modo in cui l’hai fatto finora.
Porsi domande sulla volontà di Dio è una riflessione esclusivamente cristiana, coloro che non hanno mai invocato il nome di Gesù Cristo non sono minimamente interessati a scoprire la sua risposta. Un credente è consapevole che per essere un seguace di Cristo non ha accesso a tutte le opzioni: qualunque sia la via da seguire, essa non è larga ma stretta.
Dio ha una volontà per la mia vita, ed è bene che io faccia del mio meglio per discernere quale sia questa volontà soprattutto in virtù di tutti i miei fallimenti nel cercare di seguire la via che sembrava giusta agli occhi degli uomini.
La fase del discernimento è complicata; quando riflettiamo su come fosse la nostra vita senza Cristo, tendiamo a concentrarci sulle decisioni sbagliate che abbiamo preso e sulle loro inevitabili conseguenze. Come abbiamo trascorso il nostro tempo, speso il nostro denaro e i nostri sforzi, ci appaiono come una serie di scene con errori divertenti che invece di farci ridere, ci costringono a sussurrare “Mai più!”. Prima di diventare credenti, abbiamo fatto ciò che ci sembrava giusto o perlomeno ciò che sembrava razionale alle nostre menti offuscate; adesso, siamo consapevoli di quanto i nostri sentimenti ci possano trarre in inganno e come la nostra ragione personale ci tradisca. Ma non c’è da preoccuparsi, ora abbiamo una connessione diretta con Dio e chiederemo a Lui cosa dovremo fare.
Senza volerlo, possiamo cominciare a considerare la nostra relazione con Dio come il mezzo principale per prendere decisioni migliori. Possiamo addentrarci in una concezione di Dio come una preziosa dimora celeste, un benevolo dispensatore di consigli che risponde alle nostre domande più difficili in merito alle nostre relazioni e alle circostanze che viviamo. Poiché non ci fidiamo più del nostro giudizio, Gli chiediamo chi dovremmo sposare o quale lavoro dovremmo accettare, Gli chiediamo dove spendere i nostri soldi o in quale quartiere trasferirci. “Cosa dovrei fare dopo? Tienimi lontano dalla scogliera, Signore. Mantienimi sul sentiero stretto”.
Queste non sono delle domande impertinenti da porre a Dio, in qualche modo, dimostrano il nostro desiderio di rispondere alla questione: “Qual è la volontà di Dio per la mia vita?”. Dimostrano un lodevole desiderio di onorare Dio con le nostre azioni quotidiane, ma non arrivano al cuore del significato: Seguire la volontà di Dio. Se vogliamo che le nostre vite si conformino alla sua volontà, dovremmo porci una domanda migliore di “Cosa dovrei fare?”.
Noi cristiani, abbiamo la tendenza a concentrare le nostre preoccupazioni intorno alle decisioni che affrontiamo: Se sceglierò A quando dovrei scegliere B, allora tutto andrà male. Se sceglierò B, allora tutto andrà bene. Le Scritture ci insegnano proprio questo: Dio è molto più preoccupato per chi attua la decisione, che per la decisione in sé. Prendiamo per esempio Simon Pietro. Di fronte alla decisione A (rinnegare Cristo) o alla decisione B (riconoscerlo), Pietro fallì clamorosamente, tuttavia non fu la sua pessima capacità di prendere decisioni a definirlo. Fu la fedeltà di Dio che lo ristabilì. La storia di Pietro serve a ricordarci che, indipendentemente dalla qualità delle nostre scelte, non tutto è perduto.
Questo ha senso nel momento in cui ci fermiamo a considerare che nessuna decisione potrebbe mai separarci dall’amore di Dio in Cristo. Dio può usare il risultato di qualsiasi decisione sia per la sua gloria sia per il nostro bene e tutto ciò è rassicurante. Pietro, si trovava di fronte a due scelte, una delle quali era chiaramente poco saggia. Eppure, molte volte ci ritroviamo a dover scegliere tra due opzioni che appaiono ugualmente sagge ed ugualmente poco sagge. Spesso la risposta alla domanda “Cosa dovrei fare?” potrebbe rivelarsi corretta in entrambi i casi.
Questo ci porta alla domanda migliore: per il credente che vuole conoscere la volontà di Dio per la sua vita, la prima domanda da porsi non è “Cosa devo fare?” ma “Chi dovrei essere?”.
Forse, di fronte a una decisione difficile hai cercato di usare la Bibbia per rispondere alla domanda “Cosa dovrei fare?”, forse hai meditato per ore un salmo o una storia dei Vangeli, chiedendo a Dio di mostrarti come questo potesse parlarti del tuo attuale dubbio. Forse hai conosciuto la frustrazione di sentire il silenzio o ancor peggio, di agire sulla base di un’intuizione per scoprire solo più tardi che evidentemente non avevi sentito la volontà del Signore. Conosco quel percorso meglio di quanto vorrei ammettere e conosco anche la vergogna che ne segue, cioè quella sensazione di essere incapace d’intendere e di volere lo Spirito Santo, di essere pessima a riconoscere la volontà di Dio.
Dio, non nasconde ai suoi figli la sua volontà, proprio come un qualsiasi genitore naturale e non direbbe mai ai suoi figli: “Esiste un modo per compiacermi. Vediamo se riuscite a capire qual è”. Quanto più non lo farà il nostro Padre celeste! Nello stesso modo in cui non nascondo ai miei figli naturali la mia volontà, tanto più, la sua volontà non ha bisogno di essere svelata. È in piena luce. Per vederla dobbiamo cominciare a porci la domanda che riguarda la sua preoccupazione principale chiedendoci: “Chi dovrei essere?”.
Naturalmente, le domande “Che cosa dovrei fare?” e “Chi dovrei essere?” non sono slegate, ma è fondamentale l’ordine d’importanza in cui le poniamo. Se ci focalizziamo sulle nostre azioni senza rivolgerci ai nostri cuori, potremmo semplicemente finire per amare noi stessi, in modo disciplinato. Pensateci. A cosa mi serve scegliere il lavoro giusto, se sono ancora consumato dall’egoismo? A cosa mi serve scegliere la casa o il coniuge giusto se sono ancora divorato dalla cupidigia? A cosa mi giova fare la scelta giusta se sono ancora la persona sbagliata? Una persona del mondo può fare “buone scelte”, ma solo una persona ripiena di Spirito Santo può compiere una buona scelta allo scopo di glorificare Dio.
La speranza che il Vangelo ci offre, per la nostra santificazione non riguarda solo il fare le scelte migliori, ma quella di divenire persone migliori. Questa è la speranza che ha fatto scrivere a John Newton: “Un cieco ero io ma Cristo mi sanò, perduto ora salvo son”. È ciò che spinge l’apostolo Paolo a parlare ai credenti “trasformati nella Sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito” (2 Corinzi 3:18). Il Vangelo ci insegna che la grazia giunta a noi per mezzo di Cristo, tramite l’opera dello Spirito Santo, ci trasforma sempre più in persone migliori.
Tuttavia, dire: “Una persona migliore” è riduttivo. Il Vangelo inizia a trasformarci in quello che saremmo dovuti essere. Ci reinventa. Volete sapere come sarebbe dovuto essere, l’essere umano? Considerate l’unico uomo che non ha mai peccato.
Modellati e forgiati
Quindici anni fa, mentre vagavo all’interno di un negozio di antiquariato, mi imbattei in un piccolo vaso di ceramica verde dalla forma gradevole. Dato che il verde è il mio colore preferito, decisi di acquistarlo ad un esiguo prezzo. Girandolo, vi trovai il nome “McCoy”, scritto in rilievo alla sua base. Una piccola ricerca rivelò che avevo fatto un buon acquisto. Il mio piccolo vaso di ceramica McCoy valeva quattro volte la somma spesa. Comunque lo amavo per il piacere di vederlo pieno dei fiori provenienti dal mio giardino, appoggiato sul tavolo del mio ingresso. Forma e funzione erano in perfetta armonia.
Però quindici anni fa in casa mia vivevano anche quattro bambini piccoli, e in un fatidico giorno, il piccolo vaso finì sul pavimento andando in frantumi recuperabili. Con più tristezza di quanto volessi ammettere, riuscii a rimetterlo insieme con la super colla, ma i suoi tempi passati a contenere acqua e fiori erano ufficialmente finiti. Oggi si trova su una libreria del mio soggiorno. C’è ancora scritto McCoy sul fondo e possiede ancora una forma che attesta la sua bellezza e lo scopo per cui fu costruito, ma il fine per cui era stato creato era ormai limitato. Più lo si osserva da vicino, e più visibili sono le sue crepe. Ad oggi, nemmeno se ci provassi riuscirei a ricavarci dieci euro, ma lo amo ancora, nonostante le crepe.
Per certi aspetti importanti, siamo come quel vaso rotto. Ripensiamo alle ripetizioni nella storia della creazione in Genesi 1. Per cinque giorni, sentiamo Dio dire: “Sia…”, e qualsiasi cosa Egli dichiari avviene immediatamente, ed è buono. La luce e le tenebre, la terra, il mare, i cieli e ogni sorta di piante e animali prendono il loro posto secondo il suo volere. Nel sesto giorno della Creazione, il ritmo della narrazione s’interrompe marcatamente, “Sia” diventa “Facciamo”. Ed è così che il racconto della creazione diviene meravigliosamente personale e preciso. E meravigliosamente poetico:
Dio creò l’uomo a sua immagine;
lo creò a immagine di Dio;
li creò maschio e femmina. (Genesi 1:27)
Dio ha creato il genere umano e vi ha inciso il suo sigillo
Ci ha creati per portare la sua immagine e per essere suoi testimoni nel modo in cui agiamo, lodiamo e adoriamo. Forma e funzione sono in armonia. Anche dopo la devastante tragedia di Genesi 3, portiamo ancora la sua immagine, anche se non agiamo più, non lodiamo più o non adoriamo più come eravamo destinati a fare, continuiamo ad avere valore per Lui, ogni vita umana ne ha. Noi siamo quei vasi rotti, progettati per riflettere la sua bellezza, ma che presentano perdite in ogni crepa.
Eppure, Dio ha riscattato coloro che sono portatori della sua immagine, inviando suo Figlio per essere il Perfetto portatore d’immagine. Cristo è lo “splendore della sua gloria e impronta della sua essenza” (Ebrei 1:3), affinché per ogni vaso pieno di crepe che viene miracolosamente restaurato dalla grazia, Egli sia la risposta alla migliore domanda: “Chi dovrei essere?”.
Qual è la volontà di Dio per la tua vita? In poche parole, che tu divenga simile Cristo. “Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Romani 8:29). La volontà di Dio è che le crepe nell’immagine che portiamo siano riparate in modo da rappresentarlo come siamo stati creati, in modo da crescere per assomigliare sempre più a nostro fratello, Cristo, nel quale forma e funzione si sono mostrate in modo impeccabile. “Egli è l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura” (Colossesi 1:15). Come tale, Egli assume il ruolo sia come nostro esempio sia come nostra guida: “Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio perché seguiate le sue orme” (1 Pietro 2:21). Come sottolinea l’apostolo Giovanni: “Chi dice di rimanere in lui, deve camminare com’egli camminò” (1 Giovanni 2:6). Se vogliamo assomigliare a Lui, cammineremo come Lui ha camminato.
Un sentiero stretto e sicuro
Una volta, in Nuovo Messico, scalai un altopiano sulla cui sommità abitarono nativi americani per molti secoli. Poiché sprovvisto di fonti d’acqua, gli abitanti facevano quotidianamente viaggi a valle per portare l’acqua di cui avevano bisogno per sopravvivere fin sulla cima. Così scavarono un sentiero nella roccia, un canale ininterrotto, profondo 13 cm che si snoda intorno alla ripida parete rocciosa, largo appena quanto basta per mettere un piede davanti all’altro. Mantenere l’equilibrio su questo stretto sentiero richiede una grande concentrazione, ma non c’è dubbio che sia la via di salita più sicura.
Questo è ciò che significa seguire i passi di Cristo! Qualunque sia la via da seguire, essa non è larga, ma stretta. Porsi la domanda “Chi dovrei essere?”, significa fare il primo passo per mettere il piede sulla via stretta. Ad ogni passo in avanti, noi ci rivestiamo sempre più di Cristo, “e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3:10). Sì, la volontà di Dio per coloro che lo percorrono è proprio il sentiero stretto, ma non dobbiamo vagare senza meta, come coloro che non capiscono dove la sua volontà vuole che poniamo il nostro prossimo passo, in costante pericolo di cadere giù da una scogliera. Camminiamo semplicemente seguendo i passi del nostro salvatore, Gesù Cristo.
Pertanto, questo è un libro che intende, una volta per tutte, rispondere alla questione in merito a quale sia la volontà di Dio per le nostre vite.
Egli intende illuminare il sentiero stretto per quelli di noi che si sono dimenticati della sua esistenza o si sono chiesti se sia possibile trovarlo. Il sentiero stretto non è nascosto. Nella scalata verso la cima dell’altopiano, i piedi fedeli di molti santi lo hanno solcato, i loro occhi erano fissi su Colui che ha fondato e perfezionato la loro fede e che lo ha percorso prima di loro. Si mostra a coloro che hanno imparato a chiedere: “Chi dovrei essere?” e a guardare alla persona di Cristo per ricevere una risposta. La sua volontà si mostra a coloro il cui desiderio più profondo e la cui gioia più cara è quella di essere trasformato, un passo alla volta, a Sua immagine e somiglianza.
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Tematiche: I nostri libri, Volontà di Dio
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