Davvero i cristiani non hanno nulla da dire su ambiente e clima?

 

“Poi Dio disse: «Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra».
E così fu. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie.
Dio vide che questo era buono” (Genesi 1:11,12).

 

Alla luce di questo brano, il titolo di questo articolo suona abbastanza bizzarro. Se consideriamo poi che questi versetti sono conosciuti da quasi tutto il mondo, non credenti compresi, la domanda contenuta nel titolo potrebbe addirittura suonare provocatoria.

E un po’ vuole esserlo.

In un mondo in bilico fra gli opposti, diviso tra negazionisti del cambiamento climatico ed ambientalisti estremi… dove si collocano i figli di Dio?

Apparentemente, da nessuna parte. O forse si nascondono, come i vecchi tempi (anche se trovare degli alberi oggi potrebbe rivelarsi più difficile).

Con uno sguardo più attento, forse, scorgeremo alcuni credenti inspiegabilmente disinteressati alla questione ambientale, e ne vedremo altri timidamente coinvolti; altri, forse pochi… avranno qualcosa da dire, ma probabilmente sceglieranno di non parlare.

 

Creatura e Creatore

Non vorrei che si fraintendesse.

Né l’ambientalismo, né qualunque altro obiettivo o ideale può essere degno di prendere il posto che spetta soltanto al nostro Dio. La natura non è un dio, bensì una delle meravigliose creazioni dell’unico vero Dio.

Il testo di Romani ci mette in guardia dal confondere il culto dovuto al Creatore con l’idolatria rivolta agli elementi naturali.

 

“Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Dio in un’immagine simile a quella di un uomo corruttibile, di uccelli, di bestie quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità nelle concupiscenze dei loro cuori, sì da vituperare i loro corpi tra loro stessi. Essi che hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura, al posto del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen” (Romani 1:18-25).

 

Nel libro degli Atti c’è un passaggio che rimette chiaramente ogni cosa nell’ordine giusto.

 

“Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani con la vostra stessa natura e vi annunziamo la buona novella, affinché da queste cose vane vi convertiate al Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi” (Atti 14:15).

 

Nondimeno, è proprio nella creazione che l’uomo può ancora oggi scorgere un barlume della potenza e della bellezza del suo Creatore.

Uomini di ogni epoca, di ogni religione e di ogni etnia si sono sentiti minuscoli sotto un cielo stellato o di fronte a un mare in tempesta. Scienziati atei si sono meravigliati davanti alla complessità di un microscopico organismo o all’irragionevole bellezza di un tramonto.

 

“Infatti, le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili” (Romani 1:20).

 

La bellezza salverà il mondo?

Ed ecco il punto. Indipendentemente dalla nostra posizione, indipendentemente che la questione climatica o ambientale susciti dentro di noi inquietudine, speranza o impazienza verso il ritorno di Cristo, siamo davvero sicuri di dover occupare le ultime fila in questo dibattito?

Come mai coloro che si dichiarano figli del Creatore di tutto l’universo, i quali ogni mattina lo lodano per le sue opere meravigliose, rimangono in disparte mentre quasi tutto il mondo sembra avere qualche dovere o diritto nei confronti della terra?

E c’è di peggio. Non soltanto l’ambiente sembra non riguardare granché i cristiani, ma molti di essi sembrano guardare con sufficienza perfino alle regole che riguardano l’ecologia, snobbando la raccolta differenziata, l’impegno per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica o la protezione delle aree verdi. Viene tutto raccolto nel grande fascio delle “mode del mondo”.

Credo che sia utile, invece, aprire gli occhi sulle potenzialità di questa “moda ambientalista”.

Alcuni “ambientalisti” probabilmente si stanno ponendo domande su Dio mentre ammirano ciò che rimane della bellezza della creazione, e forse alcuni di loro non vogliono essere come quegli uomini “che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, perché Dio lo ha loro manifestato” (Romani 1:18).

Perché non dovremmo essere disposti, e perfino desiderosi, di condividere con loro la nostra testimonianza, rassicurandoli sul fatto che coloro che chiamano Dio “Padre” si sentono anche coinvolti nella cura verso la bellezza da lui stesso ideata? Sì, il nostro Padre celeste è proprio l’Ideatore di tutto ciò che dà loro quella sensazione di benessere in mezzo al creato e quella sete di giustizia che li spinge a volerlo difendere. Dovremmo percorrere “un miglio”, anche due, di fianco a loro e spiegargli che questo desiderio di vivere in mezzo alla natura non è altro che una nostalgia dell’Eden e una speranza di un nuovo posto in cui sentirsi al sicuro.

 

Relazioni infrante

Credo che ci sia la straordinaria opportunità di annunciare la Buona Notizia del Regno a coloro che bramano, forse senza nemmeno rendersene conto, quel regno di eterna pace e armonia che solo Dio può ristabilire.

Noi conosciamo personalmente proprio quel Dio che suscita dentro di noi tenerezza, stupore, compassione verso un cucciolo, un anziano, una madre, un albero secolare. È stato Dio a dotare le piante di quei principi da cui l’uomo da sempre trae giovamento e rimedio; è stato lui a inventare animali impressionanti e altri incredibilmente buffi.

 

“Egli ha fatto ogni cosa bella nel suo tempo; ha persino messo l’eternità nei loro cuori, senza che alcun uomo possa scoprire l’opera che Dio ha fatto dal principio alla fine” (Ecclesiaste 3:11).

 

Oltre che essere capaci di sentire il profondo desiderio dell’eternità, siamo in grado di provare bisogni e desideri molto più semplici che vanno a soddisfare altre aree della nostra vita fisica e mentale: gustare un pasto semplice, prendere una boccata d’aria pulita, coltivare un piccolo giardino o accarezzare un animale, per esempio. Tutte azioni che ci ricordano un tempo perduto in cui non occorreva affannarsi per mettere qualcosa in tavola, per respirare aria libera dallo smog o passeggiare in un bosco insieme ad animali che non fossero né spaventati né inferociti.

Egli, in principio, ha stabilito che avessimo una relazione con l’ambiente (Genesi 2:8-10). Una relazione che dice tanto di noi e del nostro bisogno di Dio. Perché non partire da qui, nella nostra ipotetica passeggiata con una persona sensibile all’ecologia, per spiegare che non potremo mai avere una relazione sana e armoniosa con l’ambiente senza risanare prima la nostra relazione con Dio? Alla caduta, anche la creazione è decaduta (Romani 8.22-23), e l’uomo ha perso la capacità di relazionarsi correttamente con essa, oltre che con i suoi simili e, in ultima analisi, con se stesso.

Poiché non ci può essere amore senza libertà, Dio ci ha dato la libertà d’infrangere perfino quelle relazioni che ci tenevano in vita, prima fra tutte quella con Lui. Scegliendo la menzogna e la trasgressione, l’uomo non ha tradito solo Dio, ma ha tradito anche la natura di cui doveva essere custode e benefattore.

Noi ereditiamo da Adamo ed Eva una relazione già infranta, purtroppo. Siamo già in una relazione fratturata con Dio per cui abbiamo bisogno di Cristo, l’unico ad aver condotto su questa terra una vita santa, in un ininterrotto accordo con il Padre e in un ininterrotto amore verso le sue creature.

 

Riscattando il tempo

Poiché ogni cosa su questa terra, dai diamanti agli armadilli, dipende in ultima analisi da un progetto divino, la cura della natura implica ovviamente il rispetto e la difesa delle creature. L’uomo è sì chiamato ad avere dominio sugli animali e sulle piante, ma la Bibbia contiene chiari principi etici da applicare a questo compito.

 

“Il giusto ha cura della vita del suo bestiame,
ma il cuore degli empi è crudele.

Chi coltiva la sua terra avrà pane da saziarsi,
ma chi va dietro ai fannulloni è privo di senno” (Proverbi 12:10,11).

 

Il Signore ci chiama a essere saggi e a riconoscere i tempi, oltre che a non sprecare occasioni per predicare il suo lieto messaggio.

“Procedete con sapienza verso quelli di fuori riscattando il tempo. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come vi conviene rispondere a ciascuno” (Colossesi 4:5,6).

 

“Predica la parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, rimprovera, esorta con ogni pazienza e dottrina” (2 Timoteo 4:2).

 

Credo di poter affermare che non ci fu mai epoca migliore per parlare al mondo dei principi di ecologia contenuti nella Scrittura.

Certamente, noi sappiamo che Dio farà nuovi cieli e nuova terra, e che “la nostra cittadinanza infatti è nei cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesù Cristo” (Filippesi 3:20), ma sappiamo altresì che “la creazione geme ed è in travaglio” e che, soprattutto, essa “è stata sottoposta alla vanità non di sua propria volontà, ma per colui che ve l’ha sottoposta” (Romani 8:20).

Se scegliamo di non opporre la minima resistenza allo sfruttamento sconsiderato delle risorse del pianeta, stiamo anche scegliendo di non prendere posizione contro le ingiustizie che allargano il divario sociale ed economico, inacerbiscono l’amore per il denaro ed espongono al rischio di calamità peggiori proprio le popolazioni più fragili. Chiediamoci non soltanto se sia “santo”, ma se sia perfino lecito scorgere del “buono” nella devastazione della natura, quasi pensando di accelerarne così la “redenzione”.

Il Signore tornerà nel giorno e nell’ora stabilita: non possiamo aggiungere né togliere nulla al suo decreto. Ciò che possiamo fare, tuttavia, è affaticarci con gioia nelle “opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo” (Efesini 2:10).

Certo, noi

“Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra dimora terrena, viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò in questa tenda gemiamo, desiderando intensamente di essere rivestiti della nostra abitazione celeste”.

Tuttavia,

“Per questo ci sforziamo di essergli graditi, sia che abitiamo nel corpo sia che ne partiamo”. (2 Corinzi 5)

 

Ci sforziamo di essergli graditi. Preferire partire dal corpo e abitare col Signore non significa maltrattare il nostro corpo o abusarne (“l’uomo misericordioso fa bene a se stesso, ma il crudele tormenta la sua stessa carne”, Proverbi 11:17). Allo stesso modo, bramare i nuovi cieli e la nuova terra non significa trascurare o, peggio, rovinare quella che al momento è la nostra dimora, la nostra casa terrena.

 

Un avvenire e una speranza

Ci sarebbero molte altre considerazioni da fare. Personalmente, spero che i figli di Dio si alzino e suscitino qualche movimento che possa attirare nuovamente coloro che non interrogano più i cristiani su queste tematiche, pensando che l’impegno della chiesa per l’ambiente sia iniziato e finito nel più che rispettabile Cantico delle Creature.

La creazione della terra, del mare, degli animali così come i primi “mestieri” affidati da Dio all’uomo (governo, amministrazione, coltivazione, ecc) non sono per noi la favoletta da raccontare ai bambini prima della buonanotte. È la nostra storia, la storia dell’umanità. È una storia scritta nel cuore di ogni uomo, perfino di colui che osa negare Dio. È quella stessa storia che alcuni uomini e alcune donne, magari dichiarandosi agnostici o miscredenti, sentono ancora vibrare nel proprio intimo quando passeggiano in un bosco o quando si adirano contro chi il bosco lo sta distruggendo.

C’è un versetto che anni fa mi ha avvicinato alla Scrittura molto più di tante altre parole. Forse non lo avevo interpretato in modo esegetico, ma nella frase conclusiva esso mi faceva pensare che la Bibbia, essendo ambientalista fin dal principio e in tempi “non sospetti” (ben lontani dalle presunte “mode” di adesso), forse era davvero un libro diverso da tutti gli altri. Il Libro dei libri.

 

“Le nazioni si erano adirate, ma è giunta la tua ira ed è arrivato il tempo di giudicare i morti e di dare il premio ai tuoi servi, ai profeti, ai santi e a coloro che temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di distruggere quelli che distruggono la terra” (Apocalisse 11:18).

 

Ben inteso, questo brano contiene molto più che un monito contro la deforestazione. Qui si parla della distruzione operata dal peccato e dal principe di questo mondo, Satana. Il mondo riflette l’immagine del peccato non soltanto nelle chiazze di petrolio in mezzo all’oceano, ma anche e soprattutto nell’inquinamento dell’anima degli uomini.

È qui, tuttavia, che possiamo parlare di speranza.

 

“Se dunque siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Abbiate in mente le cose di lassù, non quelle che sono sulla terra” (Colossesi 3:1-4).

 

Questa realtà celeste, lungi dal fare di noi degli eremiti, ci renderà capaci di prenderci cura della nostra anima, del nostro prossimo e della creazione. È Gesù stesso che ci invita a rendere visibili le realtà invisibili:

 

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5:14-16).

 

Un passo avanti

Caro lettore, se sei un figlio di Dio, mostra al mondo, con piccoli o grandi gesti, che la vera ecologia passa attraverso la teologia.

Alza la voce e fai il possibile per conquistare, se possibile, coloro che si stanno ponendo domande.

“Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi. Difatti in lui viviamo, ci moviamo e siamo” (Atti 17).

 

Sia sul piano fisico sia spirituale, abbiamo più da guadagnare abbracciando un pizzico di sano ambientalismo biblico, piuttosto che disinteressandocene o, peggio, dando cattiva testimonianza riguardo al nostro amore per ciò che di buono (anzi, di stupendo) Dio ha creato.

Sicuramente l’amore verso il nostro Redentore e l’impegno verso le anime degli uomini deve sempre rimanere prioritario. Tuttavia, è anche per questo che vale la pena recuperare, se possibile, un dialogo tra i figli di Dio e coloro i quali, pur non conoscendolo ancora, testimoniano che quanto contenuto nella Genesi (e in tutte le Scritture) è davvero scritto nei nostri cuori.

 

 

Foto di Louis Maniquet su Unsplash

 

Tematiche: Creazionismo biblico, Cultura e Società, Teologia

Eugenia Andrighetti

Eugenia Andrighetti

È nata a Catania e ha conosciuto il Signore leggendo la Bibbia durante gli anni della sua adolescenza. Oggi abita nel basso lodigiano con il marito Daniele e i loro quattro figli. Collabora da anni con Coram Deo occupandosi di traduzioni, revisioni e articoli

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