Come la teologia biblica demolisce il “vangelo della prosperità”
Il Salmo 23 è il brano più amato della Bibbia e perciò forse lo scritto più prezioso di tutti i tempi. Le sue promesse e i suoi incoraggiamenti sono così chiari che difficilmente ha bisogno d’interpretazione. Al massimo, gli insegnanti della Bibbia hanno dovuto ricordare ai credenti che il Signore pastore di cui si parla nel salmo è il Signore Gesù Cristo. Gesù ha dato la propria vita per il suo gregge rendendo possibile il compimento delle promesse del salmo.
Tuttavia, nelle mani di coloro che insegnano la Bibbia per un guadagno egoista, il verso iniziale promette che nessun credente non dovrebbe mai desiderare niente: “Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca”.
Secondo la loro interpretazione, i credenti hanno accesso ai tesori di Dio, e sono autorizzati ad avere qualunque cosa desiderino: perciò “dì cosa vuoi e sarà tuo!”
Avere, dare… soprattutto all’insegnante.
Questi insegnanti vanno oltre e, interpretando nuovamente male le Scritture, spiegano che questa abbondanza promessa richiede certe condizioni affinché si realizzi: la copiosa profusione da parte di Dio si baserebbe sulla generosità di ciascuna persona nel dare, solitamente all’insegnante! A questo punto vengono chiamate in causa le Scritture:
- “Dàgli generosamente, e il tuo cuore non si rattristi quando gli dai, perché proprio per questo, l’Eterno, il tuo DIO, ti benedirà in ogni tuo lavoro e in ogni cosa a cui porrai mano” (Deut. 15:10).
- “Onora l’Eterno con i tuoi beni e con le primizie di ogni tua rendita; i tuoi granai saranno strapieni e i tuoi tini traboccheranno di mosto” (Prov. 3:9-10).
- “C’è chi spande generosamente e diventa più ricco, e c’è chi risparmia più del necessario e diventa sempre più povero. La persona generosa si arricchirà e chi annaffia sarà egli pure annaffiato” (Prov. 11:24-25).
- “L’uomo dallo sguardo benevolo sarà benedetto, perché dà del suo pane al povero” (Prov. 22:9).
- “Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia casa, e poi mettetemi alla prova in questo», dice l’Eterno degli eserciti, «se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione, che non avrete spazio sufficiente ove riporla” (Mal. 3:10).
- “Or questo dico: Chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina generosamente mieterà altresì abbondantemente. Ciascuno faccia come ha deliberato nel suo cuore, non di malavoglia né per forza, perché Dio ama un donatore allegro. Ora Dio è potente di fare abbondare in voi ogni grazia affinché, avendo sempre il sufficiente in ogni cosa, voi abbondiate per ogni buona opera, come sta scritto: «Egli ha sparso, egli ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno». Or colui che fornisce la semente al seminatore e il pane da mangiare, ve ne provveda e moltiplichi pure la vostra semente, ed accresca i frutti della vostra giustizia” (2 Cor. 9:6-10).
È chiaro perché il “vangelo della prosperità” abbia avuto un tale appiglio nella chiesa: non solo viene alimentato dalla peccaminosa avidità di insegnanti e ascoltatori, ma vuole affermare che sia il chiaro insegnamento di Dio che il dare abbia come risultato il ricevere.
Allora come iniziamo a combattere questo falso insegnamento che sta devastando la chiesa?
Non credenti malvagi o credenti non informati?
Nel contesto sud africano, in cui vivo, come senza dubbio in qualunque altro luogo, una persona deve prima considerare se il falso insegnante insegna in questo modo perché è un non credente malvagio o perché è un credente non informato.
Molti di coloro che insegnano la prosperità predicano in questo modo come nemici di Dio: non hanno punti di vista ortodossi sulla divinità e non insegnano che la via per la salvezza si trova solo attraverso Cristo. Coloro che si trovano in questa categoria hanno bisogno delle nostre preghiere e della testimonianza evangelica. Stanno conducendo se stessi e i loro seguaci all’inferno, predicando qualcosa che non è affatto il Vangelo.
C’è un altro gruppo molto comune (almeno in Sud Africa): i credenti “uniformati”.
Questi predicatori “uniformati” credono e insegnano il “vangelo della prosperità” più per ignoranza che per cattiveria. Il loro sincero desiderio è di sostenere la Parola di Dio, ma la loro severa e rigida lettura delle Scritture, uniformata dalle regole di un genere o di un testo di una pagina della più vasta trama biblica, ha come risultato in loro una deviazione dalla verità.
Di cosa c’è bisogno: teologia biblica.
Di che cosa ha bisogno questo secondo gruppo? Ha bisogno che gli sia insegnata la teologia biblica.
L’espressione “teologia biblica” può semplicemente riferirsi alla teologia che è biblica, ma io la sto usando qui in un senso più tecnico per indicare il modo di leggere la Bibbia come una storia, scritta da un autore, che parla di un Signore e Salvatore, Gesù Cristo. La teologia biblica ci insegna a leggere ogni passaggio delle Scritture in considerazione della persona e dell’opera di Cristo (vedi, per esempio, Lc. 24:27, 44-47; Giov. 5:39).
Il modo apparentemente letterale di interpretare qualsivoglia parte delle Scritture come per “Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca” viene visto da molti come il marchio del vero discepolato, ma se queste letture non rispettano le regole del genere o della posizione di questi testi all’interno della più vasta trama biblica, allora distorcono la Parola di Dio. Si rende necessario sottolineare, in modo amorevole, che questo tipo di interpretazioni rappresentano un modo inadeguato di capire il messaggio della Bibbia.
Una teologia biblica di ricchezza e prosperità.
Per esempio, cosa insegna la Bibbia riguardo alla ricchezza e alla prosperità?
I capitoli iniziali della Bibbia insegnano chiaramente che, come Creatore, Dio è il padrone di tutte le cose (Sl. 89:11). Tutta la ricchezza perciò appartiene a lui (Sl. 50:10) e deve essere usata per governare la terra e portare gloria a lui attraverso l’adorazione di suo Figlio e il servizio al suo popolo.
Come padrone di ogni cosa, Dio desidera che noi, sue creature e sovrani sulla terra, cerchiamo la relazione con lui, piuttosto che essere ossessionati dalle cose che lui ha creato al nostro servizio (Mat. 6:31-33). Tuttavia, l’uomo ha continuamente adorato le cose create piuttosto che il Creatore, e usato le cose materiali per scopi egoistici.
Questa è stata la norma durante tutta la storia, perciò fu una grande sorpresa quando Dio agí in modo benevolo nei confronti di Adamo, promettendo a lui e alle generazioni future uno splendido regno che avrebbe benedetto in modo materiale, affinché potessero fare quello che Dio intendeva per Adamo: governare sulla creazione allo scopo di adorare Dio e servire gli altri, cosí come essere una luce per le nazioni (Gen. 12:1-3, 15:1-18). Le nazioni dovevano guardare a Israele e vedere un popolo saggio e benedetto, e poi rivolgersi al loro Dio per essere inclusi tra la sua gente (Deut. 4:1-8).
Per prepararli a essere questa luce, e per prepararli per la vita nella Terra Promessa, Dio diede al suo popolo la Legge (Es. 19-20), dopo la quale promise che coloro che si sottomettevano alla sua legge avrebbero ricevuto benedizioni materiali, mentre coloro che la rifiutavano avrebbero subito la sua maledizione, spesso descritta in termini di povertà materiale (Deut. 28:1-68).
Tuttavia, nonostante quell’avvertimento, ai profeti veniva ancora richiesto di predicare parole di allerta per coloro che sceglievano di seguire la propria ricchezza piuttosto che la ricchezza in Dio (per esempio Is. 5:8-10). Persino dopo aver sofferto la punizione dell’esilio per aver rifiutato la totale alleanza con Dio, il popolo di Dio continuò a scegliere il proprio agio e piacere invece della gloria di Dio (Ag. 1:4).
Per tutto il periodo dell’Antico Testamento gli autori dei libri biblici insegnarono sapientemente al popolo di Dio che non c’era alcuna saggezza nello scegliere qualunque altra cosa oltre al Creatore. La saggezza, basata sul carattere di Dio, dettava che la generosità avrebbe avuto risultati positivi nella vita del donatore, mentre l’egocentricità avrebbe come risultato la futilità.
Soltanto un uomo ascoltò l’avvertimento ed ebbe la saggezza di ubbidire alla chiamata di Dio a una fedele sottomissione: Gesù, nonostante le tentazioni di Satana, visse in perfetto rispetto della legge di Dio (Mat. 4:1-11). Come risultato, esercitò un dominio assoluto su tutta la creazione come si vede nel placare le tempeste (Mat. 8:23-27), nel guarire i malati (Mat. 8:14-17) e persino nell’avere il dominio sulla morte (Mat. 28:1-20).
La chiamata di Gesù alle persone era, ed è, che noi agiamo in modo saggio e ubbidiente al piano di Dio per le nostre vite: pentendoci del peccato ed esercitando la fede in Gesù, il Re rivelato da Dio. La sua morte sulla croce offre il perdono di cui l’umanità egocentrica ha cosí tanto bisogno e la sua resurrezione assicura la vita eterna con lui.
Gli scrittori del Nuovo Testamento riecheggiano l’insegnamento di Gesù, che attraverso la sua perfetta ubbidienza era diventato il saggio e il profeta di Israele. Li avvertí riguardo all’amore per il denaro e incoraggiò il popolo di Dio a perseguire l’appagamento e la generosità per il bene della crescita del regno di Dio (1 Tim. 6:6-10, 17-19). Attraverso i loro insegnamenti, sappiamo che coloro che si riuniscono intorno a Gesù (la chiesa) hanno la promessa dell’amore e della soddisfazione delle necessità quotidiane da parte di Dio (Fil. 4:19). La promessa di provviste materiali e persino di benedizioni non viene assicurata nello stesso modo in cui accadeva per Israele, la cui storia rivela che i possedimenti materiali non erano una prova della fede o dell’ubbidienza del popolo. Infatti, Gesù insegnò che poteva chiamare la chiesa a soffrire devotamente per la sua gloria come testimone nei confronti di un mondo narcisistico, manifestando così il desiderio di amare lui sopra ogni altra cosa (Mat. 5:3-12). Per qualunque credente, questa sofferenza sarebbe una gioia, perché sa che Cristo è il suo tesoro, e che niente può mai separarlo da Cristo (Rom. 8:35-39).
Per il credente, l’eternità è l’appagamento di Cristo suo tesoro, che sorpassa persino la promessa di Dio di grande abbondanza e benedizione versate per sempre sul suo popolo.
Qualsiasi insegnamento che va oltre questa semplice panoramica della Bibbia, promettendo più prosperità di quello che dicono le Scritture, va corretto. Cristo soltanto è il nostro tesoro: Lui è la nostra benedizione! Coloro che insegnano e coloro che ascoltano devono capire che nessuna parte delle Scritture può essere presa come valida se contraddice il messaggio globale delle Scritture stesse, o se offre una benedizione che non sia Cristo, o viene da una fonte che non sia Cristo.
Come materia, la teologia biblica obbliga il lettore a porsi domande riguardo al testo ed è fondamentale che ogni credente le faccia proprie: “Per chi fu scritto questo testo? Quando fu scritto? Perché fu scritto?” Soltanto dopo aver risposto a queste domande l’insegnante può passare da “loro, li’, allora” a “noi, qui, adesso”.
La teologia biblica la più grande correzione.
Lo studio della teologia biblica – o semplicemente leggere ogni testo della Bibbia nel suo contesto – è la più grande correzione per un insegnamento uniformato della prosperità e
richiede di non leggere la Bibbia in modo selettivo;
richiede di sottomettere ogni nostro pensiero o idea alla Parola di Dio;
richiede di riconoscere, come punto focale della Bibbia, la legge e la gloria di Gesù, piuttosto che la nostra comodità e prosperità;
richiede di considerare chi erano i lettori originali e in quale situazione si trovavano, prima di arrivare troppo velocemente alle applicazioni a noi stessi nel ventunesimo secolo;
richiede di considerare il presente alla luce della promessa dell’eternità, non permettendo ai nostri problemi leggeri e momentanei di annebbiare l’eterno peso della gloria.
Traduzione a cura di Francesca Farolfi
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Tematiche: Predicazione, Teologia, Vangelo della prosperità, Verità
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