Come abbiamo avuto la Bibbia (parte 1)
LA GRANDE STORIA DELLE SACRE SCRITTURE
IL CONCETTO: Dietro la trama della Scrittura c’è la storia di come Dio, nella sua provvidenza, ci ha donato le sue Parole. Quando Dio ha parlato, ha fatto in modo che essa fosse preservata attraverso un processo di scrittura, raccolta, copiatura, traduzione e stampa. Dopo migliaia di anni, la Scrittura che ha avuto luogo con il respiro di Dio, ora ci arriva nel libro che è degno della nostra suprema fiducia.
Innumerevoli vite sono state cambiate per mezzo della predicazione della Parola di Dio. Poiché gli esseri umani tendono a guardare all’esterno e non all’interno, spesso attribuiamo al predicatore il potere di questo insegnamento trasformativo. Sappiamo tutti, però, riflettendoci bene, che il vero potere non risiede nell’uomo, ma nella parola di Dio stessa.
La lettura delle Scritture è l’esposizione più immediata alla parola di Dio. In pratica, questo significa prendere un libro fisico e aprirlo a una pagina specifica, o aprire un’applicazione sul nostro telefono e scorrere fino a un luogo specifico. In entrambi i casi, confidiamo che la parola non sia stata corrotta e che il messaggio della Bibbia che abbiamo tra le mani non sia stato cambiato o perduto. Crediamo che stiamo leggendo le vere parole che Dio ha pronunciato.
Di seguito, penseremo a ciò che è accaduto prima di quel momento in cui apriamo la Scrittura e la leggiamo. Cosa accadde alla Bibbia tra i primi tempi e il ventunesimo secolo? In che modo Dio ci ha dato la sua parola? Una domanda simile, come ha fatto Dio a portarci alla sua parola, fa parte della nostra testimonianza individuale. Il modo in cui Dio ci ha dato la Bibbia è la storia della sua provvidenza nella storia, che si è svolta nel corso di migliaia di anni. Comprendendo ciò che Dio ha fatto nel corso dei secoli, vedremo che è ragionevole e giustificato credere che la Bibbia che abbiamo tra le nostre mani sia una traduzione delle parole affidabili della parola di Dio. Potremmo parlare di dieci ragioni per fidarci della Bibbia. Ma potrebbe essere più efficace se comprendessimo la narrazione più ampia della storia della Bibbia.
Dal respiro di Dio ai libri di Israele
Poiché la Bibbia è la parola di Dio, essa inizia naturalmente con Dio che parla, sia nella pratica, come in Genesi 1:3 (Dio disse: «Sia Luce!»), sia logicamente, come in Giovanni 1:1 (“Nel principio era la Parola”). E poiché stiamo parlando di un Dio infinito, non deve sorprenderci che egli usi una serie di modi per comunicare con le sue creature.
Dio parlò direttamente a Mosè da un pruno ardente (Esodo 3:2) e subito dopo l’esodo parlò a tutto il popolo da un monte in fiamme (Esodo 19:18). Dio parla attraverso l’annotazione ispirata della storia del suo popolo e attraverso i suoi profeti che hanno ascoltato la sua parola, a volte direttamente e a volte attraverso visioni e sogni. Troviamo riflessioni personali sull’inutilità della vita sotto il sole (Ecclesiaste), che è anche parte di Dio che parla al suo popolo. Questo in aggiunta al libro dei Proverbi, una raccolta di sapienza divinamente elaborata. Nel Nuovo Testamento, abbiamo le annotazioni di come gli apostoli hanno insegnato su Gesù e su ciò che egli stesso ha insegnato (i quattro Vangeli). Inoltre, troviamo le risposte degli apostoli di fronte a varie situazioni all’interno delle chiese, così come l’insegnamento positivo sulla salvezza che Gesù ha portato.
Ci sono molti modi in cui Dio ha pronunciato la sua parola e ci sono molti modi in cui è stata scritta. Dio mostra il suo carattere anche nei diversi modi che ha usato per formare le Scritture, ed esse stesse testimoniano la propria formazione.
“Scrivilo in un libro”
Tra tutti gli autori nominati nella Bibbia, Mosè è il primo. Subito dopo l’esodo e ancora prima del conferimento della legge sul Monte Sinai, Dio dice a Mosè di iniziare a scrivere le sue parole (Esodo 17:14). Amalec era uscito per combattere Israele e Mosè ordinò a Giosuè di guidare l’esercito mentre lui avrebbe sollevato il bastone di Dio. È dopo questa battaglia che Dio parla a Mosè (il testo non ci dice come) e gli ordina di scrivere quale sarà il suo giudizio finale su Amalec come memoriale. Il primo comando di trascrivere le parole di Dio in un libro avviene per far sì che questo libro diventi un memoriale, una testimonianza degli atti di Dio e dell’adempimento delle sue promesse. Un dettaglio interessante è che già questa prima Scrittura deve essere recitata a Giosuè. Il futuro leader sarà formato dalla parola di Dio fin dall’inizio del suo compito.
Poco dopo la battaglia con Amalec, Israele arriva sul Monte Sinai. Qui Dio parlò direttamente dal monte, ma il popolo non poté sopportarlo (Esodo 20:19-21). Perciò Mosè salì sul monte da solo e ricevette le due tavole (Esodo 31:18; 32:15-16). La prima serie fu fatta e scritta da Dio stesso, ma Mosè le ruppe con rabbia a causa dell’idolatria del popolo (Esodo 32:19). Mosè portò in seguito una seconda serie in modo che queste potesse essere scritta con le stesse parole dell’alleanza (Esodo 34:1, 28; Deuteronomio 10:4). È anche in questa occasione che a Mosè venne comandato di scrivere tutte le parole, “perché sul fondamento di queste parole io ho fatto un patto con te e con Israele” (Esodo 34:27).
Numeri 33:2 insegna che Mosè non solo scrisse le leggi che Dio ha dato al popolo, ma anche il resoconto storico del viaggio di Israele.
Nel libro del Deuteronomio, alla fine del tempo di Israele nel deserto e poco prima dell’ingresso nella Terra Promessa, Mosè si rivolse al popolo e gli ricordò ciò che era accaduto, ciò che Dio aveva detto loro e ciò che significava essere il popolo del patto di Dio. Come ci si aspettava, la base scritta del patto viene di nuovo menzionata. Da Deuteronomio 10:5 apprendiamo che le due tavole furono conservate nell’arca. Deuteronomio 31:9 aggiunge che tutta la legge venne data ai leviti che trasportavano l’arca, ma che fu data anche agli anziani del popolo. Il libro vero e proprio che Mosè scrisse dovette essere conservato vicino all’arca “come testimonianza contro di te” (Deuteronomio 31:26). Questo fu l’inizio della funzione del tabernacolo, poi sostituito dal tempio, luogo dove la parola di Dio doveva essere conservata e custodita.
Deuteronomio ci dà una visione inaspettata dell’effettiva pratica di copiare la legge. Leggiamo le disposizioni per i futuri re in Deuteronomio 17. Una volta che il re si sedeva sul suo trono, doveva scrivere per sé una copia della legge “secondo l’esemplare dei sacerdoti levitici” per potervi leggere tutti i giorni della sua vita (Deuteronomio 17:18-19). L’espressione “secondo l’esemplare” è stata interpretata come “approvata da”, il che è certamente possibile. Tuttavia, c’è un’interpretazione più diretta. Mi sembra probabile che al re fosse permesso di fare la sua copia personale trascrivendola dal rotolo maestro che Mosè aveva depositato presso i leviti. Questo era un vero privilegio per il re, ma anche una seria responsabilità. Il re doveva essere infatti uno scriba fedele e, come per Giosuè, il capo del popolo doveva essere formato dalla parola scritta di Dio.
Autori e compilatori
Molti dei libri dell’Antico Testamento rimangono senza un autore nominato, il che è di per sé significativo. Apparentemente, le circostanze della loro produzione non sono necessarie per la loro interpretazione. Si legge anche di libri che esistevano ma che non furono conservati, per esempio, la legge del regno, scritta da Samuele e “che depose davanti al Signore” (1 Samuele 10:25), cioè depositata nel tabernacolo insieme alle Scritture.
Conosciamo Davide soprattutto come re ma egli è stato anche l’autore di molti salmi. Venne chiamato “profeta” (Atti 2:30) e definito “dolce cantore d’Israele” (2 Samuele 23:1). Anche altri autori di salmi sono nominati: Mosè, Salomone, Asaf, Eman ed Etan. Quando si considera il libro dei Salmi nel suo insieme, tuttavia, raggiungiamo un altro limite alla nostra conoscenza. Chi ha raccolto tutti i singoli salmi nel loro ordine canonico? È stato un processo graduale che è avvenuto nel tempo? Quando questo libro ha preso la sua forma definitiva?
Le stesse domande sorgono dal libro dei Proverbi. Salomone è presentato come la fonte della tradizione della saggezza nel libro (Proverbi 1:1), ma gli ultimi due capitoli nominano altre due persone, Agur e Lemuel (Proverbi 30:1 e 31:1). Inoltre, Proverbi 25:1 aggiunge un dettaglio affascinante poiché dice che gli uomini di Ezechia riunirono il contenuto dei seguenti capitoli diverse centinaia di anni dopo Salomone! Come il libro dei Salmi, non sappiamo chi diede la forma definitiva al libro dei Proverbi. Ma in questo caso la Scrittura ci dice che è stato secoli dopo la produzione delle parti più antiche.
Libri come i Proverbi sembrano però essere l’eccezione. La maggior parte dei libri non ci danno informazioni esplicite su come sono nati. Tuttavia, La Scrittura ci dice che gli autori successivi erano spesso molto consapevoli di ciò che era stato scritto prima. Il Salmo 119 presume la presenza della legge, il profeta Osea si riferisce alla Genesi (Osea 12:3-5), Zaccaria allude a profeti come Isaia e Geremia, e Daniele legge il profeta Geremia (Daniele 9:2). Durante la maggior parte di questo periodo, il tabernacolo o il tempio erano il luogo centrale per la conservazione delle Scritture. Infatti, quando Giosia restaurò il giusto culto del vero Dio, fu proprio nel tempio che il Libro della Legge fu ritrovato (2 Re 22:8-11). Come ci si aspetterebbe, non era solo il tempio ad essere attivo nella conservazione della Scrittura, ma anche re fedeli come Ezechia e forse le scuole dei profeti le quali non erano necessariamente collegate strettamente al santuario centrale eppure anch’esse hanno avuto un ruolo nella trasmissione della parola di Dio.
La cultura del libro in Israele
Se però il tempio era così importante, cosa successe quando fu distrutto e il popolo andò in esilio? È interessante notare che in questo periodo ci furono sempre più indizi della cultura del libro. Geremia scrisse una lettera agli esuli babilonesi (Geremia 29) e dettò nuovamente le sue profezie a Baruc lo scriba dopo che il re ne ebbe bruciato la prima copia (Geremia 36:1-4). Solo poco dopo, Daniele ebbe una copia della profezia di Geremia in esilio (Daniele 9:2). Al profeta Ezechiele venne ordinato di mangiare un rotolo (Ezechiele 3:1-3), e subito dopo l’esilio Zaccaria vide un rotolo volante (Zaccaria 5:1-2). Testi, pergamene e scribi fecero parte del mondo e dell’immaginario religioso.
Forse la chiave di volta di questo sviluppo si trova in Esdra e Neemia. Qui troviamo lo scriba Esdra che espone ripetutamente la Legge che Mosè aveva scritto. (Vedere l’espressione “come è scritto” in Esdra 3:2, 4; 6:18; Neemia 8:14; 10:34, 36; 13:1). Neemia 8, in particolare, è una descrizione gloriosa di come il popolo d’Israele sia divenuto un popolo radunato attorno alla parola scritta di Dio.
La storia biblica è in gran parte silenziosa sul periodo tra Esdra e il Nuovo Testamento. Ma quando il Nuovo Testamento ci parla della nascita di Gesù, menziona credenti fedeli che aspettavano la salvezza di Israele (Luca 1-2). L’unica storia dell’adolescenza di Gesù ci parla di lui che interroga e risponde ai maestri sulla legge nel tempio (Luca 2:41-51). Più tardi, Gesù parlerà di questi maestri che “siedono sulla cattedra di Mosè” e insegnerà al popolo di “osservare tutte le cose” che dicono ma non fare “secondo le loro opere” (Matteo 23:2-3). Durante tutto il suo ministero, Gesù non solo insegna dalle Scritture (Luca 4:16-30), che erano disponibili nelle sinagoghe, ma adempie la profezia con le sue azioni (Matteo 21:4). Anche quando gli evangelisti registrano ciò che Gesù fece, usano un linguaggio direttamente derivato dall’Antico Testamento (confronta, per esempio, Luca 2:52 con Proverbi 3:4).
Nel nostro percorso siamo arrivati alla fase finale della scrittura della parola di Dio, perché tutto il Nuovo Testamento fu scritto dopo la morte e la risurrezione di Gesù, anche se si occupa ampiamente del ministero di Gesù prima dell’avvento del nuovo patto.
Gli amministratori della storia evangelica
I quattro Vangeli ci insegnano di Gesù: cosa ha detto, fatto e insegnato. Ciascuno dei Vangeli ci aiuta anche a vedere il significato di Colui che è morto e risorto. Matteo lo fa apertamente spiegando come Gesù ha adempiuto l’Antico Testamento. Giovanni insegna l’eterna e divina verità sulla Parola che è scesa dal cielo ed è tornata al Padre. Marco mostra la profondità dell’obbedienza di Gesù non menzionando nemmeno il nome di Gesù mentre viene deriso, spogliato, sputato e crocifisso (Marco 15:16-33), fino ai suoi ultimi momenti e alle sue ultime parole (Marco 15:34). I Vangeli ci insegnano di Gesù, ma lo fanno dopo i fatti della risurrezione (Giovanni 2:22), dopo il momento in cui come testimoni ricevettero la potenza dello Spirito Santo. È lo Spirito che permise agli apostoli di essere suoi testimoni (Atti 1:8), e che ricordò loro tutto ciò che Gesù aveva detto (Giovanni 14:26). Gli apostoli avevano due potenti impulsi a loro disposizione: lo Spirito affinò la memoria di ciò che Gesù aveva insegnato e lo Spirito gli insegnò la giusta comprensione delle Scritture già esistenti (Luca 24:44-45).
Nel tempo immediatamente successivo alla Pentecoste, gli apostoli iniziarono il loro ministero di insegnamento (vedere Atti 4:2; 5:21, 42; 11:26; 15:35; 18:11; 28:31). Ci sono alcune differenze, ma anche alcune somiglianze con il modo in cui iniziò il vecchio patto. Durante la Pentecoste, ci fu un “suono impetuoso” (Atti 2:2), come in Esodo 19, ma questa volta non seminò paura nei cuori degli ascoltatori. Ci furono anche fiamme, non sulla cima del monte, ma sui credenti riuniti. Le parole della legge, il primo patto, erano scritte su tavolette di pietra. Ma, come aveva predetto Geremia 31:33, il nuovo patto fu scritto direttamente sul cuore della gente. Il luogo primario della parola di Dio era ora interno, scritto sui cuori dallo Spirito.
Cosa stava succedendo dunque agli insegnamenti e agli eventi registrati nei Vangeli nel periodo tra la Pentecoste e la loro scrittura? Quando sono stati scritti i Vangeli? La Scrittura non tace su questo tempo, ma dobbiamo leggere attentamente. In breve, gli apostoli insegnarono il contenuto dei Vangeli, la vita e il ministero di Gesù e, questo insegnamento fu ricordato e condiviso tra le chiese. Quindi, inizialmente la principale fonte di conoscenza di Gesù si trovava nell’insegnamento orale degli apostoli piuttosto che in una documentazione scritta di questo insegnamento.
Ne troviamo un buon esempio in 1 Corinzi 11. All’inizio di questo capitolo, Paolo loda la chiesa di Corinto per aver mantenuto “le mie istruzioni come ve le ho trasmesse” (1 Corinzi 11:2). Le parole ‘istruzione’ e ‘trasmettere’ hanno la stessa radice in greco, avendo ambedue a che fare con il tramandare. Paolo riprende questo linguaggio un po’ più tardi: “Ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso (1 Corinzi 11:23). Le parole dell’istituzione della Cena del Signore sono una “tradizione” che Paolo ha ricevuto e che ha insegnato ai Corinzi. Più tardi, queste parole sarebbero state scritte quasi parola per parola nel Vangelo di Luca.
Infatti, Luca all’inizio del suo Vangelo dice a Teofilo che il suo libro è “come ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola” (Luca 1:2). Colpisce la somiglianza con le parole di Paolo in 1 Corinzi 11:2.
Ci sono altri riferimenti all’insegnamento di Gesù in 1 Corinzi. Il fatto che i greci cerchino la saggezza e gli ebrei i segni risale almeno in parte alle parole di Gesù scritte più tardi in Marco 8:12. L’insegnamento di Gesù sul divorzio è menzionato in 1 Corinzi 7:10-11, distinto dall’insegnamento apostolico nel versetto successivo. Cioè, non c’era un insegnamento esplicito di Gesù sulla situazione descritta in 1 Corinzi 7:12, quindi Paolo cercò di evitare che i Corinzi giustificassero il loro comportamento. Altrove nel Nuovo Testamento vale la pena leggere la lettera di Giacomo accanto al sermone sul monte. Le somiglianze sono chiare e non è difficile vedere come l’insegnamento di Giacomo sia partito dalle parole di Gesù stesso.
(Continua nella parte 2)
Traduzione a cura di Davide Ibrahim
Tematiche: Bibbia
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