Coltivare l’umiltà
Orgoglio. Esiste una parola più pregnante nella lingua italiana? E’ il peccato che ha dato origine a tutti gli altri. E’ possibile peccare in molti modi diversi, ma è impossibile peccare senza essere orgogliosi. Come pastori, siamo nel ministero per combattere contro l’orgoglio e per crescere nell’umiltà. Desideriamo che le persone conoscano, seguano e manifestino Gesù— la persona più umile mai vissuta. Ma portiamo avanti la nostra chiamata con l’irritante ancorché continuo ricordo che siamo orgogliosi. Non possiamo eliminare dalla nostra vita gli effetti dell’orgoglio più di quanto non possiamo liberarci da un prurito alla gola nel mezzo di un sermone.
Se vogliamo aiutare la nostra gente, noi pastori dobbiamo coltivare l’umiltà. Dobbiamo crescere nella nostra somiglianza a Cristo per poter aiutare gli altri a fare la stessa cosa. Come possiamo farlo allora? Questi sono alcuni modi per coltivare l’umiltà nel ministero.
1. Impiega i mezzi ordinari.
Se un membro della nostra chiesa dovesse chiederci come crescere nell’umiltà, sappiamo cosa dirgli. Inizieremo giustamente parlandogli del suo bisogno di passare del tempo con Dio nella preghiera e nella Parola.
La preghiera è l’espressione della nostra debolezza e del nostro bisogno ma anche una dichiarazione della forza di Dio e della sua grazia abbondante. Nella preghiera ci aggrappiamo al Dio fedele riconoscendo la nostra totale dipendenza dalla sua grazia. Non pregare equivale dichiarare la propria onnipotenza, onniscienza e auto-sufficienza. E’ possibile essere più orgogliosi di così? Allo stesso modo, quando leggiamo la Bibbia ci troviamo faccia a faccia con il valore di Dio e con le sue opere. Nel mezzo della nostra amnesia spirituale essa ci ricorda chi è Dio e che cosa egli ha detto.
Trascurare questi mezzi ordinari della grazia ci danneggerà. Come un medico che trascura la sua salute, possiamo agevolmente scrivere la ricetta adatta per i nostri amici mentre noi stessi godiamo di cattiva salute. Pastori, non dobbiamo fare come Naaman, il quale disprezzò le istruzioni ordinarie che gli erano state date per guarire (2 Re 5:10–12). Queste prescrizioni uscite dalla bocca di Dio sono i mezzi che egli ha scelto per guarirci—e parte di questo significa essere umiliati. Usa i mezzi ordinari della grazia, e non trascurarli.
2. Guarda nello specchio giusto.
Ricordo che qualcuno ha paragonato il ministero al guardare la propria immagine riflessa in uno di quegli specchi deformanti che si trovano al luna park. A seconda di come ti metti, puoi apparire alto o basso, grasso o magro. La tua visione cambia mentre ti muovi. E’ la stessa cosa quando riceviamo commenti sui nostri sermoni, sulla salute della chiesa o su qualsiasi cosa legata al nostro ministero.
Una persona potrebbe dire che il sermone era ottimo, un’altra lascia intendere che è stato un fiasco. Una persona ti dice che la chiesa è molto accogliente, qualcun altro ti dice che è piena di gruppi esclusivi. Dopo un pò, non sai quello che stai vedendo.
Pastore, come vedi il tuo ministero? Ho scoperto che la risposta a questa domanda dipende dalle seguenti prospettive: come mi vedo, come mi vedono gli altri e come penso che gli altri mi vedano. Spero che tu capisca quanto questo sia folle.
La visione che ho di me stesso raramente è accurata. Spesso è esagerata a mio favore. Anche la mia considerazione di come gli altri mi vedono è uno specchio distorto. Può essere esagerata o rimpicciolita a seconda delle circostanze. La stessa cosa è vera per come io penso che gli altri mi vedano. Se ci facciamo dominare da questa domanda, allora saremo schiavi del timore dell’uomo. Desideriamo l’approvazione altrui più di ogni altra cosa. Desideriamo mantenere una percezione favorevole.
Questo atteggiamento è letale nel pulpito, ma anche nella consulenza pastorale e a tavola con la famiglia. E’ una trappola sinistra che gioca con il nostro orgoglio.
Che cosa possiamo fare a riguardo? Dobbiamo guardare in un altro specchio. Dobbiamo chiederci: Come mi vede Dio?
Sono felice che me tu me l’abbia chiesto. La Bibbia dice che Dio ci ha amato prima della creazione del mondo (Efesini 1:4–5). Siamo considerati giusti in Cristo (Romani 4:5). Siamo accettati nell’amato (Colossesi 1:13–14).
Caro pastore, pensa a questo: Dio ti conosce intimamente e ti ama fino in fondo. Sei unito a Gesù e sei accettato in lui. Questo è lo specchio che sradica l’orgoglio e coltiva l’umiltà.
3. Sorridi a una provvidenza accigliata.
Le prove del ministero sono molteplici. L’orgoglio si insinua nella chiesa. Come un tornado, lascia solo distruzione al suo passaggio. Vediamo matrimoni falliti, mancanza di unità tra membri e anziani, apostasia e una miriade di cose rivoltanti.
Pure noi affrontiamo le nostre prove spirituali, fisiche, relazionali ed economiche. Spesso siamo prostrati e portati alla disperazione. Siamo amareggiati per il passato, ansiosi per il futuro e sprofondiamo nell’autocommiserazione nel presente. In tutto questo, dimentichiamo un elemento essenziale della nostra fede: la provvidenza di Dio. Il Catechismo di Heidelberg definisce la provvidenza in questo modo:
La provvidenza di Dio è l’onnipotente e onnipresente potenza di Dio, mediante la quale sostiene, con la sua mano, cielo e terra e tutte le creature, governandole così che piante e ortaggi, pioggia e siccità, annate produttive e sterili, cibi e bevande, salute e malattia, ricchezza e povertà ed ogni cosa, non vengono per caso, ma dalla sua mano paterna.
Tutto ci proviene, anche le difficoltà, dalla mano paterna di Dio. Dimenticare questo significa vivere nell’orgoglio. Significa accusare Dio di essersi sbagliato sul passato, sul presente e sul futuro. Non dobbiamo mai interpretare il carattere di Dio alla luce delle nostre circostanze. Dobbiamo invece interpretare le nostre circostanze alla luce del carattere di Dio. Dio ama il suo popolo (1 Giovanni 3:1), fa cooperare tutte le cose al nostro bene (Romani 8:28) e usa persino le difficoltà della vita per rafforzare la nostra fede (Giacomo 1:2–4; 2 Corinzi 12:9–12; Ebrei 12:3–8). Il vecchio inno dice il vero:
Non giudicare il Signore con i tuoi deboli sensi,
Ma confida in Lui per la Sua grazia;
Dietro a una provvidenza accigliata
Egli nasconde un viso sorridente.
Possiamo sorridere a una provvidenza accigliata perché conosciamo l’amore di Dio per noi. Questo ci fa coltivare l’umiltà nel mezzo delle difficoltà.
4. Dacci un taglio.
“Perché pensi di dover fare tutte queste cose?”
Questa domanda aleggiava nell’aria come fumo dalla pipa di Gandalf. Un amico saggio e amorevole mi fece questa domanda mentre demoliva il mio programma e le mie motivazioni per il ministero. Egli notò alcuni abitudini di lavoro e riposo poco sane. Così mi chiese: “Non credi che Dio è sovrano?”
Questa conversazione mi mostrò l’orgoglio personale nel ministero. Stavo dormendo molto poco perché aggiungevo ore di lavoro ogni settimana e assumevo più responsabilità. Continuavano ad arrivarmi sms ed email fino a sera inoltrata e di primo mattino. I giorni di riposo erano diventati indistinguibili da quelli di lavoro. Il riposo era diventato comune quanto i sermoni tematici. Tutto questo stava iniziando a consumare la mia salute e la mia felicità.
E vuoi sapere la parte subdola? Tutto era fatto con la scusa di un’opera nobile: il ministero. Non poteva essere orgoglio se era per il ministero, giusto? Ma era orgoglio. Dormire è un’espressione di sottomissione a Dio. Dichiara la nostra umanità, il nostro essere creature, la nostra dipendenza da Dio e la nostra accettazione della sua saggezza per le nostre vite.
Quindi, pastore, prenditi un pò di tempo libero. Dacci un taglio. Prenditi almeno un giorno libero a settimana. Consuma i tuoi giorni di vacanza. Approfitta delle festività. Anche se a quel tempo mi sembrava contro-intuitivo, era vero: i miei sforzi estenuanti per Dio avevano il profumo dell’orgoglio perché non mi fidavo abbastanza di Dio da riposare. Indipendentemente dalle nostre convinzioni teologiche sul sabato, possiamo tutti convenire che il riposo è un dono buono di Dio che dovremmo amministrare correttamente per la sua gloria e per il nostro bene (Salmo 127:2; Giacomo 1:17).
5. Guarda al Signore Gesù.
Ci sono certamente altri modi per coltivare l’umiltà nel ministero. Mentre li pratichiamo, possiamo sempre ricordare la postura di umiltà che troviamo nel vangelo. Ricordiamo sempre il Signore Gesù, la personificazione dell’umiltà; colui che si è abbassato per salvarci e redimerci dal nostro peccato.
E mentre consideriamo Gesù, capiamo che la via verso l’alto è la via verso il basso. La strada stretta è lastricata di umiltà. Che noi pastori possiamo guidare la nostra gente camminando su quella strada, seguendo il nostro Maestro passo dopo passo (Filippesi 2:5–11).
Tematiche: Orgoglio, Pastorato, Umiltà, Vita Cristiana
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