Cinque lezioni per i predicatori dal principe dei predicatori.
Tutti amano Charles Spurgeon. Coloro che provarono a cancellare il calvinismo dai suoi sermoni, e dai suoi scritti, hanno dimostrato di apprezzarlo grandemente in quanto predicatore della Parola di Dio. Non c’è da meravigliarsi, Spurgeon è un dono raro di Dio alla chiesa. La sua vita e le sue imprese si ergono come il Monte Bianco sul paesaggio post-apostolico della chiesa cristiana.
Alla celebrazione del suo cinquantesimo compleanno furono elencate sessantasei organizzazioni che Spurgeon diresse, tra cui un orfanotrofio e un Scuola per Pastori; insieme ai suoi scritti e ai suoi impegni personali, queste ulteriori imprese contribuirono a renderlo uno degli uomini più attivi di Londra. Tuttavia, oltre a tutto questo, Spurgeon era un predicatore, e si diede a quel compito sopra ogni altra cosa.
Come tale, ha molto da insegnare ai predicatori di oggi. Ecco cinque lezioni che ho imparato da Spurgeon.
1. Predicare Cristo
Durante un periodo di malattia, il ministro protestante olandese del Sudafrica lesse un volume di sermoni di Spurgeon e ne fu grandemente colpito. Egli concluse che il segreto della loro potenza era la loro chiara enfasi sulla persona di Cristo. “Il Signore Gesù era per lui una realtà così intensa e viva, credeva così tanto nella Sua vicinanza e presenza e nel meraviglioso amore con cui ci ama, che l’ascoltatore sentiva che parlava per esperienza viva di ciò che aveva visto e sentito…. Nel senso più completo della parola: ‘non cessa di insegnare e predicare Gesù Cristo'”.
Questo era il suo ricorrente consiglio agli studenti della sua “Scuola per Pastori” così come ai suoi compagni di lavoro nel ministero pastorale. Ai primi disse: “Predicate Cristo sempre e per sempre; Egli è tutto il Vangelo. La Sua persona, i Suoi incarichi e le Sue opere devono essere il nostro unico e grande argomento onnicomprensivo”. Ammonì i secondi: “Date alla gente Cristo, e nient’altro che Cristo; saziateli, anche se alcuni di loro dovessero dire che li nauseate con il Vangelo”.
2. Predicare in modo naturale
Spurgeon fu duramente criticato perché non praticava l’etichetta vittoriana dal pulpito. Cioè, predicava senza finzioni. Avvertiva i suoi studenti: “Siate voi stessi e non qualcun altro”. L’oratoria studiata è la campana a morto della predicazione, e un sermone non dovrebbe essere pronunciato come se fosse un’opera di letteratura. Gesù non ha detto: “Andate e leggete il Vangelo a ogni creatura”. Questo fece dire a Spurgeon: “Dateci dei sermoni, e salvateci dai saggi!”.
Un giornalista descrisse la predicazione di Spurgeon con le seguenti parole: “Non appena comincia a parlare, comincia ad agire; e questo non come se parlasse sul palco, ma come se conversasse con te per strada; sembra che stringa la mano a tutti, e che metta tutti a proprio agio”.
Un uomo dovrebbe essere se stesso sia sul pulpito, che fuori.
3. Predicare con coraggio
Spurgeon, da ragazzo, imparò il coraggio e questo caratterizzò la sua vita e la sua predicazione per tutto il suo ministero. Non aveva alcuna tolleranza per quelli che chiamava “uomini di gomma che sono influenzati da tutti, e non hanno opinioni tranne quelle dell’ultima persona che hanno incontrato” o i “fratelli banderuole, uomini le cui opinioni religiose virano con la corrente dottrinale prevalente nel loro quartiere“.
Egli dimostrò coraggio quando, in un sermone sulla Rigenerazione Battesimale nel 1864, predicò contro la dichiarazione di confessione di fede della Chiesa d’Inghilterra. Così come nei sermoni contro il declino dottrinale che vide affliggere l’Unione Battista nel periodo 1887-91. La sua presa di posizione durante quest’ultima controversia ebbe ripercussioni sulla sua salute. Sua moglie dichiarò che ciò gli tolse dieci anni di vita.
In un discorso ai colleghi pastori riguardo al “Declino” Spurgeon ribadì la sua determinazione a rimanere inflessibile di fronte ai moderni dei dell’incredulità. Disse che era disposto ad essere “mangiato [dai] cani per i prossimi cinquant’anni”, perché era sicuro che la causa era giusta e che la storia lo avrebbe rivendicato. Meglio soffrire la perdita della vita stessa per la causa di Dio, e della verità, che essere gettato su “quell’immondo letamaio che è fatto di fallimenti di codardi e di vite mal spese“. Dio salvi sia te che me da quella disgrazia!”.
4. Predicare seriamente
Spurgeon considerava un ministro privo di serietà come una creatura pietosa. In un ministro, per assicurarsi il successo nella conquista delle anime, la serietà è la più essenziale delle qualità. Una comunità perdonerà a un pastore molti difetti se egli è serio sul pulpito. Disse ad una riunione di missionari della città di Londra: “Si può fare a meno del latino e del greco, si può fare a meno della cultura, si può fare a meno di diecimila cose; ma non si possono vincere le anime senza serietà”.
La serietà nella predicazione si acquista a caro prezzo, ma può essere indebolita molto facilmente. Egli dedica un intero capitolo a questo argomento nelle sue “Lezioni ai miei studenti”. Uno dei grandi ostacoli alla serietà sul pulpito è il dedicare troppo tempo allo studio, e troppo poco tempo tra la gente. Sosteneva che : “Alcuni predicatori, dovrebbero essere costretti a stare fuori dai loro studi e a visitare la loro gente. Questo aiuterebbe a trasformare i loro sermoni da prodotti a messaggi estremamente necessari da parte del Signore..”
Egli sostiene che ogni fedele pastore deve essere disposto a pagare il prezzo per predicare seriamente.
Dobbiamo essere assolutamente seri, dobbiamo sentire gli ardori di uno zelo che ci consuma, o avremo poca forza. Dobbiamo abbassarci; dobbiamo bruciare se vogliamo essere luce splendente. Non possiamo salvare la nostra vita e salvare gli altri; dobbiamo morire a noi stessi per la salvezza degli uomini.
5. Predicare con totale dipendenza
Spurgeon ebbe un’esperienza di predicazione in Scozia nei primi anni del suo ministero che lo impressionò profondamente sulla completa dipendenza dallo Spirito Santo quando predicava. Perse ogni percezione della presenza dello Spirito e dovette ammettere alla comunità che “le ruote del carro [erano state] tolte”. Da quel momento imparò che senza la potenza dello Spirito, la sua predicazione era inutile. Sottolineò questo punto ai suoi colleghi pastori.
Fratelli miei, qui siamo alla resa dei conti. Se miriamo alla nuova nascita dei nostri ascoltatori, dobbiamo cadere prostrati davanti al Signore consapevoli della nostra impotenza, e non dobbiamo tornare ai nostri pulpiti finché non abbiamo sentito il nostro Signore dire: “La mia grazia ti basta; perché la mia forza è resa perfetta nella debolezza”.
Traduzione di Andrea Lavagna.
Tematiche: Predicazione
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