Agire da uomini

 

 

L’uomo cristiano che protegge le donne, i bambini e la chiesa è l’uomo che mette a disagio i demoni e il nemico; un pastore con il suo bastone e la sua verga è a loro di conforto. “Gentile”, “mite” e “compassionevole” significano qualcosa di più profondo; come l’eroe-guerriero antico, l’uomo cristiano “condivide molte caratteristiche con i mostri che conquista, cosa che deve fare se vuole sconfiggerli” (Leon Podles, La Chiesa impotente, 95). In altre parole, l’uomo cristiano deve essere forte.

 

Lo spirito del femminismo strilla alla sola citazione: “Vegliate, restate saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti” (1 Corinzi 16:13) perché a lei non piace (e vi minaccerebbe di non amare) il comportamento degli uomini ” come uomini”; se non riesce a rendere gli uomini brutali, vorrebbe che le loro anime fossero evirate dalla pornografia, disinteressate al dominio e che sprecassero la loro vita temporanea fissando la televisione. Mosso dallo Spirito di Dio, Paolo desidera dirci che viviate per qualcosa e che restiate saldi per qualcosa, che moriate per qualcosa e che risorgiate dalla tomba per regnare di nuovo – “smettetela di essere semplicemente uomini”, come disse il vecchio re Giacomo: siate forti.

 

Questo comandamento non è una novità dato che Paolo, immerso nelle Scritture dell’Antico Testamento, è cresciuto con le storie di Abramo e Noè, Mosè e Giosuè, Davide e Gionata, Elia e Neemia, Shadrach, Meshach e Abednego. Quando Paolo dice che tutta la Chiesa deve “comportarsi come gli uomini” utilizza una parola: ἀνδρίζομαι (andrizomai), già familiare ai lettori delle traduzioni greche dell’Antico Testamento. Gli israeliti sono cresciuti con divisioni chiare su cosa significasse agire da uomini, rimanere saldi nella fede ed essere forti.

 

Uomini riconosciuti dai demoni

“Comportarsi da uomo” era un incarico comune dato alla generazione che stava per entrare nella terra promessa e non saprei dire quante volte il mio spirito in fase di rinuncia abbia avuto bisogno di bere dal calice di Giosuè; Il Signore lo aveva ordinato,

Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non aver paura e non sgomentarti, perché l’Eterno, il tuo DIO, è con te dovunque tu vada».  (Giosuè 1:1-9)

 

Giosuè come tutto Israele, avrebbe dovuto “comportarsi da uomo” per vincere le proprie paure ed entrare in quella che era una terra gremita di nemici agguerriti e forti (Deuteronomio 31:6); Il Signore con una marcia lunga quarant’anni attraverso il deserto aveva già annientato lo spirito vile della zizzania, sopravvissero solo i due spiriti guerrieri che si fidarono del loro Dio: Caleb e Giosuè. Infatti Giosuè viene ripetutamente esortato sia da Mosè davanti a tutto il popolo, sia dal Signore sia dal popolo stesso: Comportati da uomo e sii forte. (Deuteronomio 31:6–8, 23; Giosuè 1:1–9, 16–18).

 

Andrizomai indica la forza d’animo, quella forza che spinge gli uomini a comportarsi e agire con spirito guerriero verso coloro che proteggono, perché in Dio è riposta la loro fiducia; tutto ciò che fanno deve essere mosso dall’amore (1 Corinzi 16:14), e questo spirito amorevole non esclude un’anima forte e resistente ma la concentra su scopi giusti. “Un vero soldato combatte non perché odia ciò che gli sta davanti, ma perché ama ciò che gli sta dietro” (G.K. Chesterton, Illustrated London News, 1911); durante la battaglia un tale soldato rivolgendosi a un fratello, pur essendo attaccato da entrambi i fronti e con il proprio popolo nel cuore afferma,

Se i Siri sono più forti di me, tu mi verrai in soccorso, e se i figli di Ammon sono più forti di te, verrò io a soccorrerti. Abbi coraggio e comportiamoci da uomini [Andrizomai] per il nostro popolo e per le città del nostro Dio; e il Signore faccia ciò che gli sembra buono”. (2 Samuele 10:11-12, tradotto dalla King James Version)

I demoni lo riconoscono, sua moglie lo rispetta e i suoi figli lo ammirano. Sua figlia è al sicuro con lui, il suo popolo si fida di lui; è un soldato del suo Re, figlio di suo Padre: un uomo cristiano.

 

Peccato della timidezza

Allora com’è possibile che visitando numerosi ambienti cristiani oggi, si possa credere che Paolo abbia insegnato: “Rimanete saldi nei vostri sentimenti, prendetevela comoda, comportatevi come esseri androgeni e abbracciate la vostra invariata e immutabile fragilità”?

 

In questi casi, l’invito alla “dolcezza” non è stato di esaltazione alla forza dell’uomo cristiano, ma diversamente l’ha messa a dura prova; l’amore non sta incoraggiando la forza d’animo, ma ne sta annunciato la ritirata; il re Davide poteva calmare con l’arpa e ferire con la fionda mentre Gesù stesso ha invitato i bambini a venire a Lui, pur consumandosi di zelo per la casa di suo Padre cacciando i mercanti. Siamo forse della loro stirpe? “Essere più dolce” non può essere l’unico messaggio per una generazione sempre meno disciplinata ad essere assertiva, persuasiva o coraggiosa.

Charles Spurgeon lamentava lo spirito debole e poco virile dei suoi tempi e così nell’edizione del maggio 1866 di The Sword and the Trowel (La spada e la cava), egli fa una sorta di diagnosi della sua generazione, con una scomoda pertinenza con la nostra:

La timidezza non è forse un vizio comune tra i cristiani che si adoperano? . . . Non è forse un male educare il popolo di Dio ad abitudini che non lo rendono adatto alla battaglia cristiana? Non sono questi tempi tali da richiedere ai credenti un portamento più virile di quello che la maggiorparte di loro ancora mostra? (Il cavallo da guerra)

 

La timidezza è un vizio, ma che dire della valorizzazione da parte del cristianesimo di virtù più “morbide” come la modestia? Spurgeon continua,

Potete ricordarmi che la modestia è una grande virtù, ed io ci credo, ma credo anche che ci siano altre virtù altrettanto necessarie per un soldato. La modestia che tiene un soldato nelle retroguardie nel giorno della battaglia gli farà guadagnare pochi onori; e quell’indole ritirata che lo fa arretrare quando viene dato l’ordine di avanzare viene chiamata con un altro nome dagli uomini di valore.

 

Spurgeon spesso rivestiva i suoi sermoni con tenuta da soldato, aveva un ministero improntato alla mascolinità che resisteva all’ignoranza di cui era testimone da troppi pulpiti del suo tempo:

Una nota di questa moderazione infida insaporisce ancora il nostro ministero, e alcuni palati ne desiderano ancora di più. Siamo attesi da chi ci ascolta con dolce timidezza che rifiuta ogni dogmatismo e chiede di essere ascoltato come un mendicante chiede un’elemosina. Gli ambasciatori di Dio difatti, devono strisciare e consegnare il messaggio del loro Maestro come se lo avessero preso in prestito.

 

In altri termini, per il suo sermone, ha preso in prestito dal personaggio Shakespiriano: il militare Coriolano queste parole: “Perché mi hai voluto più lieve? Volete che io sia falso alla mia natura? Dico piuttosto che sono l’uomo che sono” (Coriolano, 3.2.15). “Un uomo di Dio è un uomo virile”, ha dichiarato Spurgeon. “Un vero uomo fa ciò che ritiene giusto, sia che i maiali grugniscano e i cani ululino” (“A Man of God Is a Manly Man”, Masculinity and Spirituality in Victorian Culture, 211).

La cortesia che distrugge l’anima

Che cosa intende in particolare Spurgeon e come possiamo applicarlo oggi? La falsa religione della modernità (viva anche ai suoi tempi) vorrebbe che noi rendessimo omaggio al pantheon degli dei. Un uomo non deve ” combattere per la fede che è stata una volta per tutte consegnata ai santi” (Giuda 3); un uomo può avere la sua idea personale di Gesù, ma non sarà il Dio che possiede tutta l’autorità su ogni nazione e al quale ogni peccatore deve inchinarsi; questo signore il pluralismo lo odia – anche se presto cadrà, come Dagon davanti all’arca senza testa.

 

Perciò la nostra guerra, oggi come allora e come nel primo secolo, consiste nel parlare apertamente del vero Cristo per il bene delle anime. Noi impugniamo armi spirituali e distruggiamo le fortezze in gran parte attraverso la Parola, in quanto “distruggiamo le argomentazioni e ogni opinione arrogante che si leva contro la conoscenza di Dio facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo” (2 Corinzi 10:4-5).

 

Se fossimo nella tradizione religiosa dell’Antico Testamento e la geografia definisse i confini del regno di Dio, se la dimora del Signore fosse dietro le mura di Gerusalemme e l’arca di Dio abitasse nel tempio, se fossimo la nazione di Gesù Cristo, allora potremmo immaginare che l’accusa rivolta agli uomini di Dio oggi sia: “Prendi la tua spada, uomo, e combatti per la Chiesa contro i suoi nemici!”.

Mentre un uomo qualunque dovrebbe essere in grado di prendere in mano una spada o fare flessioni, sappiamo che in Cristo la nostra guerra è stata portata ad un livello molto più alto; o forse si tratta di una battaglia più celata, quella di combattere ogni giorno contro nemici instancabili e invisibili, stare in guardia contro traditori vicini alla nostra stessa carne, lottare con spiriti che scagliano dardi infuocati per pungere il cuore, istigare il tenebroso e potente sciacallo che tiene le anime eterne nelle sue fauci senza pietà? Gli uomini forti, forti nella fede, forti nel Signore, stanno saldi e osano sfidare il mondo, la carne e il diavolo.

C.S. Lewis scrisse a suo tempo: “Coloro che sanno hanno paura di parlare. Ecco perché i dolori che un tempo purificavano ora non fanno altro che peggiorare” (Il grande divorzio, 106). Riusciremo a trovare la forza d’animo per dire al non credente che vive in questa fiera della vanità che la sua strada porta all’inferno, il suo dio è un idolo, le sue speranze sono solo vaneggi?

 

Spurgeon grida: “Gli uomini periscono, e se è poco gentile dir loro questo lo è solamente quando il diavolo è il maestro delle cerimonie. Smettetela con questa vostra cortesia che distrugge le anime; che il Signore ci dia un po’ di onesto amore per loro, e questa superficiale gentilezza svanirà presto” (The War Horse). I dolori che un tempo purificavano ora si aggraveranno a causa degli uomini cristiani che hanno paura di parlare – o di parlarne, sminuendo la portata di ciò che diciamo con scuse mormorate?

 

Perfezionare i fratelli

Forse abbiamo tagliato i capelli a Sansone perché abbiamo permesso che gli uomini fossero eroici da soli, avendo perso la fratellanza incisiva o forse gli uomini cristiani non parlano più audacemente al loro prossimo perché non parlano più arditamente l’uno con l’altro; laddove sono rimasti, la responsabilità degli uomini si trasforma troppo rapidamente in sedute di terapia laica in cui chi ascolta può solo immedesimarsi e affermare che l’uomo sta affogando. Abbiamo dimenticato come ci si confronta, come si rende più tagliente il ferro e come ci si comporta da uomini tra noi.

 

Sono troppo severo nell’osservare che molti operano secondo la regola non detta che possiamo essere come fauni traballanti che muovono sempre i primi passi nel discepolato? Bisogna andare avanti in prima linea? Non sta forse diventando un passatempo raggrupparsi insieme come pecore spaventate che si lamentano di quanto siamo tutti a pezzi senza alcuna disperata supplica a Dio (e ai fratelli) di aiutarci a diventare più forti? Spero di no.

 

Ricordiamo la visione di Pietro per la vita cristiana; la sua è una visione di potenza divina per il credente che si sforza e cresce effettivamente in santità, una visione di chiamata alla gloria e all’eccellenza di Dio, una visione di progresso e di promesse preziose e molto alte, una visione di conferma della nostra chiamata e della nostra vocazione mentre ci incamminiamo con i santi verso la città celeste (2 Pietro 1:3-11). Battute d’arresto? Certamente. Il peccato? Chi può negare che ci sia? Ma la crescita? Necessaria. Il soldato cristiano è la nostra eredità; la Chiesa trionfante marcia dietro al Christus Victor, mentre la battaglia inizia nelle nostre anime e si sviluppa nella gloria.

 

Comportarsi da uomini cristiani

Questo ci porta al concetto finale: La chiamata di Dio alla potenza maschile è un distinto della vita cristiana perché l’uomo cristiano non fa affidamento su se stesso o sui carri, egli non si pavoneggia come Gaston cantando: “Come esemplare, sì, faccio paura!”. La storia di Giosuè, di cui l’autore di Ebrei ci invita ad approfittare (Ebrei 13:5-6), ci insegna che l’uomo di Dio è forte e coraggioso perché crede alla promessa di Dio: “Non ti lascerò mai e non ti abbandonerò”; gli uomini forti sanno che la loro forza è un’assoluta debolezza se non c’è Dio. “Siate forti nel Signore e nella forza della Sua potenza” (Efesini 6:10).

 

Agire come un uomo dal sangue rosso e dall’animo vigoroso significa riconoscere che non siamo altro che uomini, proprio come dice il detto: “I migliori degli uomini restano uomini nel migliore dei casi”. Se Dio non ci accompagna, la nostra forza viene meno perché con Dio siamo audaci come un leone, ma senza di lui ci sciogliamo in una pozzanghera.

 

Tuttavia il Signore ha promesso di non lasciarci. Via, dunque, l’immoralità travestita da virtù, fate parlare Cristo in modo da essere ascoltati, trovate un lavoro, una moglie, allevare i figli, servite la Chiesa e amate il vostro prossimo nel nome di Gesù; imparate a sudare, sviluppate le vostre capacità e usatele; camminate con umiltà davanti a Dio e alla Sua parola; rimanete saldi davanti agli uomini; alzate le mani sante e pregate. Studiate e miglioratevi l’un l’altro rimanendo saldi. Tutto ciò che fate sia fatto nell’amore, siate forti nel Signore e agite come uomini cristiani.

 

 

Tradotto da Yuni Akermi

 

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Greg Morse

Greg Morse 

E’ uno degli scrittori dello staff di desiringGod.org e si è laureato al Bethlehem College & Seminary. Lui e sua moglie Abigail vivono a St. Paul.

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